BSE

Quando la bistecca impazzisce...

L’encefalopatia spongiforme bovina, meglio nota come “Morbo della mucca pazza” ha occupato per parecchio tempo le prime pagine dei giornali.

Ma che cos’è esattamente, l’Encefalopatia spongiforme Bovina? Per meglio comprendere la dinamica di quest’epidemia, le modalità di trasmissione e le probabilità di ammalarsi si rende necessario fare un passo indietro e cercare di capire come questa patologia si sia sviluppata e perché e soprattutto cosa si può fare per contrastarla.
Portata alla ribalta dalle cronache dell’ultimo decennio, la BSE non è tuttavia una malattia nuova, essendo nota agli allevatori almeno dal 1976. L’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), o morbo della mucca pazza è una malattia neurologica di tipo degenerativo ad esito fatale, che colpisce i bovini. Questa patologia, provocata da un prione, cioè una proteina con caratteristiche virali, appartiene ad un gruppo di malattie note come Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (TSE). L’effetto delle TSE è di provocare gravi problemi neurologici, a seguito della trasformazione del cervello in una massa spugnosa. Nel 1982 il neuropatologo Prusiner analizzò le caratteristiche placche cerebrali presenti negli individui deceduti in seguito ad encefalopatia spongiforme e stabilì che erano il risultato di un’aggregazione anomala di una normale proteina di membrana delle cellule cerebrali. Nei pazienti affetti da questa patologia, questa proteina ha subito delle modificazioni, per cui tende ad aggregarsi, formando delle placche. Da questo punto di vista, allora, la BSE sarebbe una malattia di origine genetica. L’ipotesi dell’origine infettiva di questa malattia venne formulata in seguito ad un esperimento: si inoculò nel cervello di alcuni topi del materiale cerebrale proveniente da topi deceduti in seguito ad encefalopatia. Poiché questi si ammalarono a loro volta, si ipotizzò l’esistenza di un agente infettante, che venne individuato in una proteina chiamata prione, in grado di indurre la modificazione genetica delle proteine di membrana sane, in modo da determinarne la tendenza all’aggregazione. L’unica certezza è che a tutt’oggi l’origine di questa malattia è sconosciuta e si ritiene che altri fattori, oltre ai prioni, siano implicati nella sua insorgenza.

Modalità di trasmissione della BSE

I maggiori imputati di veicolare il prione responsabile della BSE sono stati i mangimi contenenti farine animali ottenute da carne ed ossa di animali a loro volta infetti, anche se non si esclude che vi possano essere altre cause all’origine del morbo della mucca pazza. Secondo questa ipotesi, l’ingestione di alimenti contenenti il prione in questione determinerebbe nei bovini l’insorgenza della BSE, mentre negli uomini darebbe luogo ad una variante del Morbo di Creutzfeldt-Jakob (vCJd). La BSE si è manifestata in maniera epidemica presso gli allevamenti del Regno Unito agli inizi degli anni ’90 (il primo caso accertato risale al 1986 in un allevamento britannico), mostrando ogni anno una significativa diminuzione dei casi. Infatti, se nel 1999 i casi accertati erano 2.300, l’anno successivo si erano ridotti a 1.443, per scendere a 526 nel 2001. In Italia si sono registrati, a partire dal 1994, 119 casi su di un totale di oltre due milioni di test eseguiti. Nella fattispecie, nel 2001, anno in cui i controlli sono divenuti obbligatori, si sono accertati 48 casi di bovini infetti autoctoni (nati ed allevati in Italia) e due di bovini importati; tale dato si è ridotto a 34 nel 2002 ed a 31 casi nel 2003. L’ipotesi più accreditata è che l’infezione sia partita nel Regno Unito, dove i bovini l’avrebbero contratta assumendo dei mangimi contenenti farine o tessuti di pecore affette da scrapie (una malattia appartenente alla famiglia delle TSE e tipica degli ovini), endemica di quei luoghi e nota fin dal secolo scorso. Per contro non è stato finora accertato nessun caso di ovino infetto da BSE, ad eccezione di quelli realizzati in laboratorio, in condizioni particolari.

Trasmissione all’uomo
Malgrado, come già detto, non esista alcuna prova certa che lo dimostri, si ritiene che, sulla base di alcune prove neurologiche e citologiche (condotte cioè sui tessuti), esista un nesso tra la BSE e la variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jakob. Nel regno Unito, fino al 6 febbraio 2002, sono stati registrati 114 casi di vCJd di cui 106 confermati ed 8 sospetti, mentre in Francia il numero scende a 5 ed in Irlanda ad uno. In Italia finora si è registrato un solo caso di decesso imputabile alla vCJd, in Sicilia.
Partendo dal presupposto che la trasmissione dal bovino all’uomo avvenga attraverso il consumo di carni infette, le parti ritenute più a rischio sono quelle correlate al sistema nervoso dell’animale, per cui è bene evitare di mangiare il cervello, gli occhi e parte dell’intestino crasso: queste parti costituiscono il Materiale Specifico a Rischio (MSR). Il MSR è stato escluso dall’alimentazione sia umana che animale e, poiché non è stata riscontrata traccia del prione nei muscoli e nel latte, questi ultimi sono stati considerati alimenti sicuri da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Misure cautelative
Come detto poc’anzi, in seguito ai risultati delle ricerche, il Comitato Scientifico Europeo ha stabilito che gli organi ed i tessuti in grado di dimostrare capacità infettiva siano classificati come materiale specifico a rischio. Nella fattispecie sono considerate tali le seguenti parti:
•    Per i bovini di età superiore a 12 mesi: il cranio, compreso il cervello e gli occhi, le tonsille e il midollo spinale
•    Per i bovini di qualsiasi età, l'intestino completo. Nello specifico si chiarisce che dell'intestino non fanno parte i prestomaci ("trippa") e lo stomaco.
•    Per gli ovi-caprini di età superiore ai 12 mesi: il cranio, compreso il cervello e gli occhi, le tonsille e il midollo spinale
•    Per gli ovi-caprini di qualsiasi età, la milza.
Nessuna infettività è stata riscontrata invece nel muscolo scheletrico (carne), nel latte e nei tessuti adiposi (grasso). Il rischio di esposizione dei consumatori risulta pertanto ridotto in maniera significativa dalle attuali disposizioni normative, che prevedono l'eliminazione e la distruzione del materiale specifico a rischio.

I controlli

A garanzia del consumatore, a partire dal 12 settembre 2001 in Italia vengono eseguiti dei test rapidi di screening su ogni bovino di età superiore ai 30 mesi che sia destinato alla macellazione e su ciascun bovino di almeno 24 mesi appartenente alle categorie definite “a rischio”. In queste categorie si individuano quegli animali destinati alla macellazione d’urgenza (che può avvenire, ad esempio, in caso di animali feriti durante il trasporto al macello) o che mostrino sintomi sospetti all’esame ante-mortem (effettuato su tutti i capi subito prima della macellazione) e sugli animali morti in stalla. In seguito alla macellazione, viene asportato e distrutto il materiale specifico a rischio da tutte le carcasse al di sopra dei 12 mesi.

I rischi effettivi
Poiché si conosce poco sull’origine di questa patologia ed il suo periodo di incubazione è molto lungo (intorno ai 7 anni, con punte di 35 anni), non è possibile prevedere con esattezza l’incidenza che la vCJd avrà nel futuro. Ciononostante, il rischio di contrarre questa patologia è molto basso, grazie anche alle severe misure di sicurezza che ne hanno drasticamente diminuito la probabilità di trasmissione.

La sicurezza degli alimenti

Sulla base delle precedenti considerazioni, si possono ritenere sicuri gli alimenti di origine animale come il latte e derivati e la carne non a contatto con il MRS (per questo è stato eliminato l’osso dalla fiorentina), ma anche i dadi da brodo, ottenuti da estratti di carni sudamericane, provenienti da bovini allevati allo stato brado. Un’ulteriore garanzia ci viene inoltre offerta dalla nuova etichettatura, che ci informa sulla provenienza e sull’età dell’animale, oltre che su data e luogo della macellazione, della sezionatura, porzionamento e confezionamento: insomma, una vera e propria carta d’identità della bistecca che ci apprestiamo a consumare!

Qualche consiglio
Ma se, nonostante tutte queste rassicurazioni, avessimo ancora dei dubbi, come comportarci davanti alla scelta della carne da acquistare?
In primo luogo, bisogna sempre fare attenzione al prezzo: come per tutte le cose, un prezzo troppo basso dovrebbe destare in noi qualche sospetto. Infatti, visto che nessuno lavora in perdita, si potrebbe trattare di carne di cattiva qualità, o peggio, di carne proveniente da macelli clandestini che trattano animali a rischio. Sempre seguendo questa linea di pensiero, bisognerebbe evitare di acquistare carne da corrieri e fornitori improvvisati e comunque acquistare solo i tagli ben identificabili.
Nel caso del macinato, la faccenda si complica ulteriormente, poiché non è possibile osservare la carne di partenza. Un consiglio è quello di farselo preparare al momento e di evitare i prodotti preconfezionati a base di carne, quali hamburger, polpettoni, tortellini ecc. che siano di qualità e provenienza dubbie.
Infine, per quanto riguarda le conserve contenenti carne, sarebbe meglio consumare solo quelle confezionate dopo l’applicazione delle restrizioni previste per arginare il fenomeno BSE o comunque consumare solo quelle la cui qualità sia assodata.
Di seguito, è riportata una proposta di classificazione dei prodotti carnei, che li distingue in tre categorie: le carni sicure, quelle vietate e quelle su cui vi è incertezza.

Carne sicura
Il muscolo, che comprende tutte le parti di carne muscolare: lombata, filetto, girello, fettina, bistecca senza osso, roast beef, bresaola.

Carne vietata

Cervello, gelatine, midollo spinale (non osseo), carni rimosse meccanicamente e macinate (in cui ci sono terminazioni nervose) usate per ripieni e per gli hamburger, tonsille, intestino (utilizzato tra l'altro per insaccare i salumi), frattaglie come milza e ghiandole, inoltre fegato, rognoni, salsiccia (che può contenere frattaglie di bovino).

Carne incerta
Si è discusso molto circa la sicurezza degli ossibuchi: per ora non esiste nessuna prova certa che il midollo osseo in essi contenuto possa veicolare la Bse. Di conseguenza il loro consumo non è stato vietato.
Un discorso a parte meritano gli insaccati, poiché spesso il loro involucro è ottenuto dagli intestini degli animali e questo potrebbe renderli degli alimenti a rischio.
Per quanto riguarda le conserve e gli alimenti contenenti carni macinate o preparati con esse, vale il discorso fatto in precedenza, cioè affidarsi a fornitori di comprovata serietà.

UN PO’ DI NUMERI….
• Secondo Peter Marsh, dottore del Social Issue Research Center di Oxford, le probabilità di ammalarsi di encefalopatia spongiforme bovina sono una su 4.402.985. Le probabilità di avere un infarto sono invece una su quattro.

• Ma la casistica del morbo di Jacob è più bassa anche di quelle morti ritenute, nel pensiero comune, "casi rari", come quelle per impatto con un meteorite (una su 25mila), o facendo canoa tra le rapide (uno su 2milioni) o, ancora, durante le escursioni in montagna (uno su 250mila). Essere colpiti da un fulmine, invece, è più difficile che essere infettati dal morbo della mucca pazza: una probabilità su 15milioni.

• Le mucche da latte sono le più esposte al rischio di contagio, sia perché, producendo circa 40 litri di latte al giorno necessitano di mangimi altamente nutrienti, (come quelli a base di farine animali), sia perché vivono più a lungo di quelle da carne.

L’ETICHETTATURA
L'etichettatura consiste nell'apposizione di un'etichetta sul singolo pezzo di carne o sulle confezioni contenenti più pezzi di carne. L'etichetta riporta quegli elementi necessari per risalire all'animale o agli animali da cui deriva la carne stessa (tracciabilità). Poiché questi dati risultano essere sotto forma di codice a barre, le stesse informazioni sono comunicate al consumatore tramite cartelli posti nel punto vendita
In base al regolamento CE 1760/2000, relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, tutti gli operatori e le organizzazioni (gruppi di allevatori, macellatori, punti vendita o una forma associativa tra questi) che commercializzano carni bovine debbono provvedere all’etichettatura, secondo un regime obbligatorio ed uno facoltativo, i cui punti salienti sono riassunti di seguito.

Regime Obbligatorio
Informazioni da riportare in etichetta:
dal 01.09.00
•    numero o codice di riferimento (che evidenzi il legame tra le carni e l’animale)
•    n° di approvazione e paese del macello
•    n° di approvazione e paese del laboratorio di sezionamento
•    paese di nascita
•    paese di allevamento
Regime Facoltativo
Il produttore, oltre alle informazioni obbligatorie sopracitate, può offrire al consumatore ulteriori informazioni quali ad esempio:
•    il tipo di alimentazione,
•    la razza o categoria o tipo genetico,
•    le tecniche di allevamento

Fonti:
Eufic
Assocarni: Atti del convegno internazionale Assocarni sulla carne bovina (Dr R. Sholz, Dr. P. Thomas).
CEA (Centro di Referenza per le Encefalopatie Animali) di Torino
Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori)
Ministero delle Politiche Agricole

 

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