Parco Pirandello

Parco letterario "Luigi Pirandello"

Caos: termine suggestivo ed emblematico, che richiama il disordine universale della materia presso i filosofi greci, uno stato di confusione e disorientamento unito all’impossibilità di cogliere l’evoluzione dello spazio e del tempo. Ed è questo curiosamente il nome della località, a breve distanza da Agrigento, dove sorge la Casa Natale del grande scrittore e drammaturgo Luigi Pirandello.

Contrada del Caos, dunque, cuore e fulcro del Parco Letterario ad egli intitolato, ma anche definizione e parola tramutata in simbolo dall’illustre autore del Novecento, in quanto carica di significati potenziali e di sfumature. Un simbolismo che si prestava perfettamente ad esprimere l’illusorietà della vita, la relatività del tutto, la crisi dell’uomo moderno alle prese con maschere e inganni della coscienza, capisaldi del pensiero e dell’opera pirandelliana.
Un Parco Letterario può nascere solo in un territorio comprendente i luoghi di nascita, ispirazione o ambientazione delle opere dei grandi poeti e narratori italiani, in cui la letteratura possa dunque divenire un’inedita chiave di lettura.
Il Parco Letterario Luigi Pirandello, grazie all’iniziativa congiunta della regione Siciliana, della Provincia Regionale di Agrigento, del Comune di Agrigento del Comune di Porto Empedocle, e alla gestione dell’Associazione Culturale “Il Cerchio” di Agrigento,  si propone di promuovere e di far conoscere, con un approccio nuovo ed emotivo, una provincia come quella di Agrigento, tanto ricca di memorie e suggestioni letterarie da essere toccata da altri due importanti Parchi, l’“Horcynus” Orca, dedicato all’opera di Stefano D’Arrigo, e il “Regalpetra” intitolato a Leonardo Sciascia.
L’idea essenziale del Parco Luigi Pirandello è di partire dai romanzi, dalle novelle e dai drammi dell’Autore, per rintracciarvi richiami e riferimenti ai luoghi, ai quartieri, alle abitudini e alla cultura da lui vissuti in prima persona, per poi descriverli e riprodurli il più fedelmente possibile, al fine di coinvolgere il visitatore in un viaggio storico-sentimentale che stimoli il cuore e la mente in un susseguirsi di forti emozioni. E nel caso di un celeberrimo drammaturgo quale fu Pirandello, ideatore di opere come “Sei personaggi in cerca d’autore” e “Ciascuno a suo modo”, gli spazi da animare saranno trasformati principalmente in scenari, in luoghi teatrali in cui far echeggiare suoni, parole, grida, gesti. Con l’intento di creare una sorta di “città teatro”, in perfetta sintonia con l’immaginario dell’autore che si era spesso figurato la sua città tutta dipinta e adornata coi testi delle sue poesie.
Ripercorrere i luoghi cari al Pirandello significa seguire di pari passo la sua biografia, a partire proprio da quella Casa Natale, luogo che paradossalmente evoca la nascita e la morte, l’inizio e la fine, custodendo in un cippo le ceneri secondo le ultime volontà dello scrittore “…sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui”.
L’abitazione è oggi un museo che raccoglie manifesti, foto, ricordi, insieme al collare del premio Nobel vinto nel 1934. Da qui iniziano la serie dei viaggi sentimentali, recite e rappresentazioni, a partire proprio dal Pino ai piedi del quale l’autore disse di essere caduto “come una lucciola”.
Pirandello studiò ad Agrigento, ma i suoi interessi letterari spaziarono dalla città di Palermo, a quella di Roma e di Bonn, dove si laureò. Fissò poi la sua residenza a Roma, dove si sposò e cominciò ad esercitare la professione di insegnante, in seguito ad una crisi economica delle aziende di zolfo del padre. Ma i luoghi dell’infanzia non lo abbandonarono mai e qui egli ritornò frequentemente appena ne ebbe occasione.
Ecco dunque lo spazio del Parco dilatarsi e comprendere il Molo di Girgenti (oggi Porto Empedocle), sede dei magazzini e della casa del padre di Pirandello, un intraprendente commerciante di zolfo con il quale lo scrittore entrò spesso in conflitto. Qui, egli, seduto in un caffè della via Roma, era solito ammirare i ritmi della vita marinara, affascinato dal frenetico movimento delle banchine.
Percorrere il porto, che lo coinvolgeva particolarmente perché gli ricordava quel “Mare Africano”, che intravedeva dal burrone a strapiombo di Contrada Caos.
Oltre alla “Marina”, l’altro luogo caro all’Autore era Girgenti (oggi Agrigento), la città definita da Pindaro come “…più bella fra quante gli uomini avessero edificato”. Pirandello la descrisse in tutte le sue opere con minuzia di particolari e grande senso della realtà, nelle sue vie, le piazze, i quartieri periferici e quelli prestigiosi della via Atenea e della Passeggiata, ma anche con nelle tradizioni, la storia e la lingua, considerata la passione filologica dello scrittore. E poi ancora i dintorni, le colline, i fiumi, le periferie urbane, le miniere di zolfo e soprattutto quella mitica Akragas, con le spettacolari vestigia elleniche della Valle dei Templi, laddove la mitologia sembra trovare conferma nell’archeologia. Qui, in quel mitico percorso che dal tempio di Giunone arriva ai resti del Tempio di Ercole, il Pirandello era solito passeggiare con i suoi amici, tra mandorli e olivi saraceni, quel particolare olivo dal tronco contorto e attorcigliato divenuto un potente simbolo nell’ultima incompiuta opera “I Giganti della Montagna”. Non un solo luogo, dunque, ma un vastissimo comprensorio e paesaggio fatto di mare, altipiani e monumentale maestosità, apparentemente armonico e solare, ma in cui la sensibilità dello scrittore e dell’uomo di teatro colse i germi dell’ambiguità drammatica.  
Durante i vari percorsi del Parco Letterario, per consentire al visitatore di provare e di rivivere in prima persona la complessità del sentire dell’autore, indissolubilmente legata a questi luoghi, vengono proposte esperienze visive ed emozionali il più possibile affini a quelle originarie. Il risultato è un viaggio/spettacolo itinerante fatto di animazioni teatrali, cantastorie, bozzetti drammatici o musicali riguardanti passi significativi e personaggi celebri delle opere pirandelliane, in uno spazio geografico e mentale divenuto ormai unico e indissolubile. Al visitatore verranno chieste una partecipazione e un’attenzione particolare allo scopo di completare con la forza dell’immaginazione quello che le rappresentazioni possono solo suggerire ed evocare.  
Questa innovativa modalità di fruizione del territorio tenterà anche di spingersi oltre, riproducendo gli antichi odori dei vicoli di quartiere e i sapori genuini della tradizionale cucina siciliana, anche grazie alla vendita dei prodotti locali.  

La gastronomia agrigentina
La città consacrata a Giove, dio dell’ospitalità, si distingue per la sua accoglienza spontanea e cortese, coronata da un’offerta culinaria gustosa e genuina che sposa perfettamente i sapori e i profumi del mare e della terra.
Si può partire da antipasti “vegetali” molto stuzzicanti, quali verdure sott’olio, pesto di finocchietti, “pitaggio” (fave fresche, piselli e carciofi), oppure a base di pesce, tra cui cozze gratinate al peperoncino o gamberetti crudi e macerati.
Tra la grande varietà di primi, si possono assaggiare gli ottimi “cavatelli”, conditi con salsa di pomodoro e melanzane oppure “alla giurgintana” con le sarde, oltre al “maccu”, (minestra di fave e cavoli), e la pasta con fave e ricotta.
Tra i secondi piatti, spicca il pesce azzurro arrostito sui “canali” (tegole arroventate), gli “scaddatizzi”, (piccole lumache) e le salsicce insaporite con sesamo, finocchietto e peperoncino.
La ricotta è incontrastata protagonista tra i dolci, lavorata con lo zucchero fino ad ottenere una buonissima crema, arricchita in modo diversi per preparare la celeberrima “cassata” o il “cartoccio di ricotta”. Per le festività natalizie la tradizione suggerisce invece il cuscus dolce, con cacao e pistacchi, mentre per la Pasqua sono protagonisti gli “agnelli di pasta reale”, confezionati secondo un’antica ricetta dalle monache del monastero del SS. Rosario, a Palma di Montechiaro.
Infine, oltre all’infinita scelta di frutta fresca, tentano il palato i fichi secchi farciti di noci e mandorle, e le carrube infornate.  

 

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