Messina

Messina: tra miti e leggende dello Stretto

La città affonda le sue radici  nel secolo VIII a.C., quando fu fondata da un gruppo di coloni Greci, provenienti dalla Calcide, col nome di Zancle, dalla forma a falce del suo porto. Nel ricordo degli antichi fu, invece, Orione, figlio di Poseidon e di Euriale, il mitico fondatore della città. L’eroe dopo lunghe peregrinazioni per il Mediterraneo, giunse in Sicilia, fondò Messina e per rendere più agevole l’approdo unì gli scogli naturali con opere artificiali dando così al porto la forma di falce.

Alla sua estremità, dove oggi svetta imponente la stele votiva dedicata alla patrona, sono state rinvenute le testimonianze più antiche dell’arrivo dei Greci. La stele, progettata nel 1934, fu costruita su un precedente forte seicentesco con la statua della Madonna bronzea. La colonna ha assunto un certo valore panoramico nel paesaggio dello Stretto e ne è divenuta il simbolo.
La città, figlia di miti e leggende antichissime, è stata più volte martoriata da catastrofi naturali, e non. Del suo patrimonio artistico, che la rese “una delle più belle della Sicilia”, come scriveva Goethe, ciò che rimane ai visitatori è ben poco, ma quanto basta da lasciare intuire la nobiltà delle sue architetture. Primeggia tra tutte il Duomo, la cui costruzione si ritiene risalga ai primordi del cristianesimo. Ultimato prima dell’invasione araba del 843, con il nome di S. Maria la Nova, fu elevato a rango di cattedrale cittadina al tempo di Ruggero II nel XII secolo d.C.; numerosi furono i rimaneggiamenti nel corso dei secoli, soprattutto dopo il terremoto del 1908 e i bombardamenti del 1943. La costruzione attuale, completata nel 1944, conserva in originale la parte più bassa a strisce di marmi policromi e rilievi, parte delle absidi, i portali tardo gotici della facciata e quelli sui fianchi. Particolarmente prezioso è il tesoro conservato che comprende ricami, arredi, reliquiari di varie epoche. Sempre all’epoca normanna risale il progetto del campanile, che ospita il più grande orologio astronomico del mondo. Il complesso meccanismo, realizzato da tecnici di Strasburgo, fu insediato nel 1933. I congegni che lo compongono raffigurano personaggi legati a  eventi religiosi e storici di Messina. A mezzogiorno tutti i meccanismi entrano in funzione, con un sottofondo di musica sacra.
Da non perdere la Chiesa dei Catalani, consacrata dalla confraternita dei mercanti catalani. E’ un magnifico esempio di contaminazione arabo-normanno-bizantina. Sorge su un piano pavimentale più basso rispetto all’attuale, con ogni probabilità l’originale livello stradale della città prima del disastro del 1908. Di un fascino tutto particolare i resti della chiesa di Santa Maria Alemanna, le cui pure forme gotiche sono oggi inglobate in un edificio moderno.
Una meta suggestiva è Capo Peloro, ai piedi del Pilone. Quest’ultimo fu costruito per sorreggere i giganteschi cavi d’acciaio per l’elettricità e oggi, opera di archeologia industriale, si erge a segnare il punto più vicino alla costa calabra (3,6 km).
Tante leggende, tanti miti sono nati su questo affascinante punto della costa. Nodo strategico di grande importanza fin dai tempi di Omero, il cruciale stretto tra Sicilia e Calabria era descritto come animato da mostri infernali. Tra questi i più temibili erano Scilla e Cariddi, che carpivano le navi in transito. Cariddi, figlia di Nettuno tramutata in orrido mostro da Zeus, inghiottiva la spuma salmastra risucchiando i naviganti, mentre Scilla, ninfa bellissima trasformata in mostro a sei teste dalla maga Circe, rivomitava l’onda. Esse sono immortalate in tutta la loro mostruosità nella fontana in Piazza Unità, opera rinascimentale del Montorsoli (1557), raffigurate incatenate ai piedi di Nettuno, nell’atto di calmare i vortici dello Stretto.
Tra le tante leggende legate al litorale messinese ricordiamo anche quella del giovane pescatore Cola. Costui trascorreva le sue giornate tra i porti di Sicilia e Calabria ed era capace di scendere nei reconditi spazi del mare. Nei giorni di tempesta, con la sua voce, richiamava i marinai mettendoli in salvo dai flutti. La sua fama giunse a Federico II, che ne volle sperimentare l’abilità di nuotatore. Il re gettò una tazza d’oro nel mare profondo e il giovane andò a recuperarla, ma invece di ritornare sulla terraferma decise di restare in mare a sorreggere una delle tre colonne sulle quali l’isola di Sicilia si reggeva. Egli rimase in corrispondenza di Messina, ed esattamente sotto capo Peloro, e ogni tanto si scrolla di dosso questo enorme fardello, provocando improvvisi e disastrosi terremoti. La leggenda di Colapesce trova posto nel grande affresco opera di Renato Guttuso, sul soffitto del Teatro Vittorio Emanuele.
Una delle località più ambite della provincia messinese, lungo la riviera jonica, è Taormina. La città, sospesa su una terrazza tra rocce e verde conserva l’impronta e l’atmosfera delle sue origini. Storia, archeologia, monumenti impreziosiscono i numerosi vicoletti, quasi tutti a gradoni di pietra. Dalla cavea del teatro greco-romano, tra i più belli della Sicilia, si può gustare uno dei panorami più suggestivi al mondo: fa da sfondo naturale l’Etna e in basso l’ampia spiaggia di Giardini Naxos. Deliziosi e divertenti locali, grandi viali e ampie rotonde ne animano il lungomare, il più rinomato a livello internazionale.
La riviera tirrenica della provincia di Messina si apre con i villaggi costieri di Pace, Paradiso, Contemplazione, per proseguire con i grandi vigneti di Mortelle, Tono, Spartà, Santo Saba e giungere quindi alla grande ansa di Milazzo. La città, cara a Garibaldi, è oggi totalmente occupata da una delle più grandi raffinerie italiane, ma rimane il nevralgico punto di partenza dei collegamenti per le isole Eolie.
Luogo di leggendaria memoria è il favoloso promontorio di Capo Milazzo, ai piedi del quale è possibile visitare quella che un tempo fu la grotta di Polifemo, il mostruoso gigante che si scontrò con Ulisse. Proseguendo verso Palermo una tappa fondamentale della provincia è capo Tindari. Contrafforte mitico e sacro, è meta di devoti pellegrinaggi al Santuario della Madonna Nera, accanto al quale si ergono il teatro greco, uno dei più antichi della grecità occidentale e i resti del quartiere ellenistico-romano.
La provincia di Messina offre, anche, centri termali particolarmente attrezzati. A circa 50 chilometri da Messina è Terme Vigliatore, tra Capo Milazzo e Capo Tindari, di fronte all’arcipelago eoliano. Gli stabilimenti di cura sono quelli delle Terme Fonte di Venere. Le sorgenti sono due: Ciapazzi, un’acqua minerale bicarbonato-alcalina e Fonte di Venere, un’acqua minerale sulfurea termale con cui si preparano anche i fanghi. Sulla costa orientale, tra Messina e Taormina, si trova Alì Terme. Le Terme di Alì comprendono acque minerali e fanghi specifici  per le affezioni dell’albero respiratorio. E infine, sull’isola di Lipari si trovano le Terme di San Calogero, dotate tra l’altro di una grotta sudatoria di costruzione romana.  

Gustosi piatti, tra terra e mare

Città marinara, Messina vanta una cucina elaborata, essenzialmente a base di pesce. Tipici ingredienti sono il pescespada, che si pesca nelle acque dello Stretto, e il pescestocco, cioè merluzzo essiccato e sottosale. Tra i primi piatti spiccano le ottime paste condite con le cozze marinate, con il nero di seppia o con la ghiotta, condimento a base di capperi, olive, pinoli, sugo di pomodoro e pesce spada o stoccafisso. Ma per chi non ama il pesce, esiste un’appetitosa varietà di primi conditi alla stufata con formaggi siciliani, o la pasta con il cavolfiore bianco e le prugne, o la pasta ‘ncaciata, a base di carne di maiale, prosciutto e pomodoro.
L’assortimento di pietanze a base di pesce e di carne si trova anche tra i secondi piatti. L’ingrediente principe della cucina messinese, il pesce spada, lo si può gustare al forno, arrosto, allo scoglio cioè lessato in acqua di mare con olio d’oliva e ad involtini, ripieni di pan grattato, pecorino, capperi e olive verdi. Da non perdere sono anche le sarde a beccafico e le aguglie al bracciale.
Altrettanto ricchi e saporiti gli involtini di vitello, con pan grattato, caciocavallo, uva passa, pinoli e foglie di alloro; le polpette di vitello; l’agnello cotto al forno con olive nere e pecorino grattugiato; il coniglio arrosto; lo sciuscello, a base di brodo di pollo, ricotta e polpettine di carne, tipico della tradizione pasquale.
E per finire, nel novero della pasticceria messinese, oltre ai famosissimi cannoli di ricotta, alla cassata, alla frutta di pasta reale, si trova la gustosissima pignolata. Si tratta di un dolce tipico della Sicilia occidentale a base di farina di semola e uova impastate e ridotte a piccoli tocchetti, poi fritti e ricoperti da glassa di limone e cioccolato. Questi gustosi piatti si accompagnano con la pregiata e ricercata Malvasia di Lipari, col vino Faro, prodotto nelle vigne a monte della costa, col Capo Bianco, col Cariddi, col Mamertino.

 

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