Catania

Catania

CATANIA, LA CITTÀ DELL’ELEFANTE

Si staglia al centro di piazza del Duomo il simbolo della città di Catania: un nero elefante di lava, insegna della città sin dal 1239, presente sulla piazza dall’inizio del ‘500 ed attualmente ornamento di una fontana settecentesca.
Già, la lava, vita e morte della città di Catania, sulla quale campeggia l’imponente mole dell’Etna, che dall’alto dei suoi 3.300 metri dispensa suggestivi spettacoli pirotecnici o disastrose eruzioni di fuoco, come quella del 1669, che tutto distrusse. Catania è fondata sulla lava dell’Etna, di pietra lavica sono fatte la maggior parte delle strade e delle strutture portanti degli edifici settecenteschi, così come l’architettura di moltissimi comuni pedemontani. Venti di essi fanno parte di quei 50.000 ettari di superficie che dal 1987 costituiscono il Parco dell’Etna, un territorio fertilissimo popolato di suggestivi paesini neri, contornati da un ricco paesaggio agricolo, ovunque punteggiato dal giallo della ginestra, seguiti dai boschi e infine, verso la cima, dalla tipica vegetazione spinosa.
Da quassù Catania risplende contro il blu dello Jonio, una splendida città barocca protetta da Sant’Agata, la patrona a cui è dedicato il sontuoso Duomo e gli annuali festeggiamenti che, ai primi di febbraio, con la processione esplodono in un turbine di luci e decorazioni.
La storia di Catania si può leggere lungo la spettacolare Via Crociferi, adornata di magnifici edifici religiosi barocchi, sulla Via Etnea, luogo di ville e palazzi nobiliari, di fronte allo straordinario Monastero dei Benedettini, ma anche al Teatro Romano e all’Odeon, per andare più indietro nel tempo.
Ma la storia di Catania è fatta anche di profumi e di sapori, quelli che la tradizione fa rivivere nella gastronomia tipica: nella “pasta alla Norma” che evoca l’opera di Bellini, illustre catanese, nella “cassatella” di Sant’Agata, gustosa variante della cassata siciliana o nella classica “pasta reale”, marzapane lavorato e colorato sino ad imitare perfettamente frutta, pesci, fiori.

Il castello Ursino di Catania
Questa è la storia di un castello che una volta, tanto tempo fa, specchiava le sue imponenti forme nell’acqua del bel mare di Catania. Poi un giorno il cielo si incendiò, e si oscurò, l’aria divenne quasi irrespirabile, e la gente come all’improvviso sembrò rendersi conto solo allora che quel gigante dalla cima innevata d’inverno non era una montagna come le altre, ed evidentemente al Vulcano Etna non piacque che venisse dimenticata la sua vera natura.
La lava scorreva, ricopriva, inghiottiva . Anche le mura del castello avvamparono al tocco di quella lingua di fuoco nel 1669 inghiottì il fossato, una volta colmo d’acqua, sommergendone i bastioni, allontanandolo per sempre dal suo amato mare.
Oggi il castello se ne sta innalzato orgogliosamente nella sua imponente mole intrappolato dalla lava nera ormai solida che è divenuta sua compagna.
La struttura essenziale che però è rimasta intatta richiama l’architettura prediletta da Federico II, che volle affidare la costruzione del castello a Riccardo da Lentini, che attuò la volontà del sovrano svevo tra il 1239 e il 1250. Quello che l’imperatore desiderava era che il castello fosse baluardo della difesa costiera, insieme di un gran numero di fortificazioni, oggi in molti casi ridotte a ruderi affascinanti.
Per questo volle che l’impianto ricordasse le precedenti fortificazioni realizzate per sua volontà, e volle che la struttura, a pianta quadrata con quattro torri angolari insieme massicce ed agili, ricordasse nel tempo l’architettura militare di Terra Santa, terra di Crociate.
Continuano a dipanarsi, aggrovigliandosi come in una spirale senza inizio né fine, i simboli misteriosi di Federico e della sua corte, come la stella in pietra bianca e nera che sovrasta una grande finestra del lato est, con il suo oscuro significato cabalistico.
Per non dimenticare la scultura che rappresenta, posta in una nicchia, il simbolo dell’aquila sveva che si avventa su un agnello, a ricordare icasticamente la punizione che Federico II inflisse alla città che si era ribellata, lasciando che venisse saccheggiata.
Un ampio cortile spazioso, luogo dove veniva amministrata la giustizia, è oggi occupato da reperti interessantissimi come statue ed obelischi dal fascino arcano, e numerosissime sono le sale interne a cui si accede percorrendo l’ampia scala elegante, rifacimento quattrocentesco, per lasciarsi affascinare totalmente da questa atmosfera avvolgente e antica.
Così l’aula che si estende per quasi tutto il lato ovest del castello Ursino si lascia invadere dalla luce sottile che entra dalle grandi finestre, rivelandosi in tutto il suo splendore duecentesco.
Nella città che fu di Bellini, celebre compositore, e dello scrittore Giovanni Verga, la storia dipana il suo filo ininterrotto sotto gli occhi di questa fortezza dalle fattezze gentili che ha conosciuto il fuoco della lava, l’essenza del centro della terra e ancora lo ricorda.

 

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