Ruvo di Puglia

Ruvo di Puglia










LE ORIGINI DEL NOME “Ruvo”

Il nome Ruvo, secondo quanto risulta dalla monetazione peuceta ed affermato dalla maggior parte degli studiosi, corrisponde al nome greco Puψ (Rhyps) ed al nome latino Rubi.

Nell'immaginario collettivo si pensa che per vedere monumenti storici e tracce del nostro antico e glorioso passato, si debba necessariamente visitare città celebri come Roma, Napoli, Pompei, Bari e via di seguito. In realtà l'Italia, tutta, è un museo a cielo aperto e la dimostrazione la si può avere semplicemente visitando comuni minori, all'apparenza, ma che nascondono tesori immensi.
Se avrete la fortuna di passare in terra di Puglia, non mancate di scoprire le opere d'arte, quasi nascoste per timida virtù, del Comune di Ruvo di Puglia. Cittadina armoniosa e coinvolgente, dinamica e frizzante, ma che offre l'opportunità di fare un grande tuffo nella storia, nell’arte, nella poesia e nelle tradizioni popolari e artigianali, e per i buongustai... nell’eccellenze enogastronomiche.
Ogni angolo del Paese ha qualcosa da raccontare, se ti soffermi davanti a una chiesa, a un monumento, a un semplice forno dove il pane è appena sfornato con il suo profumo che ti avvolge e ti trasporta in emozioni ormai sopite.  

DAL PALEOLITICO ALL'ETA' DEL FERRO
Sin dalle più antiche epoche preistoriche, sul territorio ruvese è documentabile una presenza umana ininterrotta. ncipali gruppi etnici che la componevano. 

Al Paleolitico Medio (60 mila anni fa) risalgono i manufatti litici (di pietra lavorata) ritrovati nella contrada ruvese e ora conservati nel Museo Etnografico "L. Pigorini" a Roma. 
Agli albori del Neolitico (seconda metà del VI millennio a.C.) sono da attribuirsi dei frammenti di ceramica impressa (così chiamata per lo stile della sua decorazione ottenuta mediante l'impressione della conchiglia del mollusco Cardium edulis o con la tipica decorazione ad unghiate). Sempre del Neolitico, i resti di alcuni villaggi cintati rinvenuti in contrada "Cortogiglio". Le recinzioni, per lo più trincee scavate nel terreno, sono tipiche dei villaggi neolitici della Puglia e costituiscono il carattere peculiare di una società sedentaria che faceva dell’attività agricola la sua maggiore risorsa economica. 
Prime tracce della presenza effettiva e certa di Ruvo si hanno nell’Età del Bronzo (2000 a.C.), quando la città era abitata dagli Ausoni. Tra i popoli ausonici, sull’altipiano della Puglia centrale si stabilirono i Morgeti (da qui il nome Murgia). I Ruvesi dovevano abitare in villaggi di capanne. Anche se è difficile definire con certezza il sito topografico di Ruvo preistorica, è possibile supporre che essa si trovasse lungo la strada che dal Pulo di Molfetta (insediamento neolitico) portava a Matera. Ulteriori ritrovamenti, altrettanto importanti, sono stati fatti in un altro insediamento preistorico: quello delle grotte che si affacciano sull’alveo torrentizio denominato localmente “u Vagne” (dal bagno cui erano sottoposte le pecore prima della tosatura) a 15 km circa da Ruvo. Qui sono stati rinvenuti molti manufatti (raschiatoi, frammenti di lama, punte di freccia) simboli della cultura materiale (caccia, allevamento, economia agricola) delle genti stanziatesi in età preistorica. L’Età del Ferro (XII-X sec. a.C.) si apre con l’avvento, in Puglia, degli Iapigi (a cui deve il suo nome la Puglia: da Iapudes - Iapudia - Apulia – Puglia) che, giungendo dall’Illiria, spinsero i Morgeti ad emigrare nell’attuale Calabria. All’Età del Ferro sono da attribuirsi i caratteristici monumenti funebri chiamati specchie diffusi nel territorio ruvese e in tutta la Murgia barese. In conclusione, è possibile supporre che il villaggio protourbano della Ruvo preistorica dovesse già esistere intorno all’XI-X sec. a.C.

RUVO PEUCETA
La Civiltà Iapigia, nell’VIII secolo a.C, tese sempre più ad articolarsi al suo interno, assumendo la forma di tre culture affini ma distinte: messapica (nell’attuale penisola salentina), peuceta (nell’attuale Terra di Bari) e daunia (nell’attuale provincia di Foggia), corrispondenti ai tre pri
Contemporaneamente, l’VIII secolo fu anche caratterizzato dall’arrivo, sulle coste dell’Italia meridionale, di folti gruppi provenienti da varie regioni della Grecia, determinando la nascita di centri coloniali. Il processo di colonizzazione, che trasformò l’Italia meridionale in quella che oggi chiamiamo Magna Grecia, interessò marginalmente la Puglia (basti pensare che l’unica colonia greca pugliese fu Taranto). I centri dauni, peuceti e messapi non entrarono mai nell’orbita della colonizzazione greca, sebbene ne furono fortemente influenzati per usi e costumi cultuali. 
Il territorio ruvese si estendeva dalla costa fino a Silvium (attuale Gravina) e dall’Ofanto sino ad Egnazia. La città, che si serviva di un porto naturale (Respa presso Molfetta), divenne centro di confluenza della cultura dauna e peuceta, grazie alla sua posizione intermedia tra Bari e Canosa. In età peuceta, Rhyps era costituita da diversi agglomerati urbani identificabili in vari punti circostanti l'attuale città, tra cui l’attuale collina di Sant’Angelo, il sito "La Zeta" e le colline di "Colaianni", "Baciamano" e "Spaccone". Ruvo, con le sue botteghe di oreficeria e fabbriche di ceramica e con i contatti commerciali diretti con la Grecia, divenne una città economicamente florida; il suo benessere economico è testimoniato non solo dalla cospicua quantità di oggetti in metallo e bronzo rinvenuti nelle tombe, ma anche dal conio di monete d’argento e oro a partire dal 300 a.C. I secoli V e IV a.C. videro uno straordinario incremento delle importazioni vascolari da Atene. I vasi importati costituirono un modello per le botteghe artigianali locali che svilupparono un’arte ceramografa di alto livello. La collezione vascolare, presente nel Museo Archeologico Nazionale Jatta,comprende sia vasi importati che prodotti della ceramica locale. A quest’epoca si può far risalire anche la famosa pittura tombale detta delle danzatrici rinvenuta a Ruvo nel 1833 e custodita presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

RUVO ROMANA
Il III sec. a.C. vide la fine della Magna Grecia (con la capitolazione dell’ultima colonia, Taranto, nel 272 a.C.) e la nascita di un’altra grande Civiltà: Roma. 
Intorno al III sec. a.C., Ruvo cominciò a subire le prime pressioni dei Romani che, ben presto, compresero l’importante posizione strategica della città, da allora denominata Rubi ed entrata così a far parte della riorganizzazione territoriale da essi operata. Rubi diviene, infatti, una statio romana lungo la via Traiana, percorsa dal poeta Orazio durante il suo viaggio da Roma a Brindisi come si legge nella Satira V ("Inde Rubos fessi pervenimus, utpote longum Carpentes iter, et factum corruptius imbri"). 
Rubi, come statio romana, è inserita nell’Itinerario Antonino e nella Tabula Peutingeriana.
L’insediamento romano si andò sviluppando lungo l’asse della via Traiana, costituendo punto di stazionamento dei grandi spostamenti militari e, allo stesso tempo, di difesa e coordinamento territoriale. 
L’insediamento romano gravitava intorno al foro che, orientativamente, doveva trovarsi presso l’attuale Largo Annunziata. 
Rubi, dapprima città socia di Roma, nel I sec. a.C. divenne Municipium Romanum; successivamente, in Rubi furono istituite tutte quelle strutture politiche proprie dell’apparato amministrativo romano.
Le poche informazioni sulla Ruvo romana si possono evincere dalle epigrafi tombali, rinvenute nella città e conservate presso il Museo Jatta, e da una lapide posta alla base della Torre del pubblico Orologio in Piazza Menotti - Garibaldi (lapide a Gordiano III). 
L’insediamento romano doveva, quindi, coincidere con l’attuale centro storico ruvese come dimostrano i resti di una Domus romana rinvenuti al di sotto dell’attuale Cattedrale e la presenza di una cisterna romana (denominata dalla devozione popolare Grotta di San Cleto) rinvenuta al di sotto dell’attuale Chiesa del Purgatorio.

RUVO MEDIOEVALE

Dal 463 d.C., con il declino dell’impero romano ed il conseguente inizio delle invasioni barbariche, Ruvo seguì la stessa sorte delle città pugliesi. 
Sotto dominazione bizantina prima, distrutta dai Goti poi, quindi riedificata ed ancora conquistata dai Longobardi, Ruvo fu occupata dai Saraceni che, nell’857, vi stabilirono una guarnigione e diedero vita al quartiere urbano posto a Nord-Est dell’antico centro abitato, tra la Cattedrale e la Chiesa del Purgatorio, ancora oggi denominatoFondo Marasco (alterazione del nome Fondo Moresco).
In riferimento a quel periodo, dalle cronache dell’Anonimo cavense, si legge che i Saraceni nell’858 furono attaccati dal duca di Spoleto, unitosi ai Salernitani e ai Beneventani venuti in soccorso dei Longobardi e che quelli furono inseguiti fino alle porte di Ruvo dove si rifugiarono. Questo episodio, riportato dallo storico locale F. Jurilli, dimostra la presenza in epoca saracena di un valido sistema difensivo contro eventuali attacchi dall’esterno. 
Fino agli inizi dell’XI sec., la città subì le vicissitudini di quel difficile periodo che vide il territorio pugliese conteso tra Bizantini e Longobardi. 
Secondo la storiografia locale, a partire dall’anno mille, in Ruvo si ebbe la presenza stabile del vescovato, protrattasi, senza interruzioni, fino ai nostri giorni. Molto probabilmente la scelta della sede vescovile ricadde su di Ruvo in quanto il suo territorio, ricco ed esteso, costituiva una certa garanzia per le necessità a cui il vescovato doveva far fronte.Intorno al 1040, con l’avvento dei Normanni, la città venne conquistata da Ruggero. Gli storici locali, come il Da Telese, riferiscono che i Baroni Pugliesi accettarono di sottomettersi a re Ruggero solo in seguito alla resa di Ruvo, avvenuta dopo un lungo combattimento. Considerato ciò, supponiamo che la città fosse già munita di un valido sistema di fortificazione, comprendente la cinta muraria, il primo impianto del Castello e la Torre Campanaria della Cattedrale sorta nel X sec. come torre di difesa. Dal 1129 Ruvo entrò a far parte della contea di Conversano, nella cui casata rimase sino alla scomparsa della dinastia normanna avvenuta nel 1198 con la morte di Costanza d’Altavilla. Risale alla seconda metà del XII sec. l’inizio della costruzione della Cattedrale, quando il feudatario di Ruvo era Roberto di Bassaville, conte di Conversano e Loretello. Con la fine del dominio Normanno e l’avvento degli Svevi (1198), Ruvo costituì feudo autonomo. Con il regno di Federico II, la città conobbe un lungo periodo di splendore economico e culturale, caratterizzato dal completamento della Cattedrale (primo trentennio del XIII sec.). L’autonomia del feudo di Ruvo terminò nel 1269, (inizio del regno angioino) con Carlo I d’Angiò, quando esso fu inserito nel giustizierato di Terra di Bari e concesso a Rodolfo de Colant. 

L’infeudazione di Ruvo alla famiglia De Colant costituì uno dei periodi più tristi della città, ridotta in povertà a causa delle continue vessazioni del feudatario e del re. In seguito, nel 1291, Ruvo passò nelle mani di Roberto de Juriaco e, quindi, al figlio Galeriano; poi, per abbandono da parte di quest’ultimo della circoscrizione feudale, il feudo di Ruvo fu incorporato nel regio demanio per ventisette anni. 
Seguirono, le alterne vicende legate al regno della Regina Giovanna I (succeduta, nel 1343, al nonno Roberto d’Angiò) ed al re Luigi d’Ungheria, sbarcato in Puglia per vendicare la morte del fratello, consorte di Giovanna I, il quale sembra sia stato ucciso da Gazzone de Denysiaco (conte di Terlizzi e feudatario di Ruvo) su istigazione della stessa regina che, per sfuggire al re, fu costretta a rifugiarsi in Provenza. Mentre Gazzone veniva giustiziato, il feudo di Ruvo passava nelle mani di sua moglie Margherita Pipina. Il ritorno di Giovanna a Napoli nel 1348, dopo la partenza di Luigi d’Ungheria, determinò la riconquista delle città pugliesi fedeli all’ungherese, tra cui Ruvo. 
In tale circostanza, le fortificazioni del borgo antico ed il Castello non riuscirono a fermare Roberto Sanseverino, alleato della regina Giovanna, che espugnò la città e cacciò da questa gli ungheresi. Probabilmente proprio in questo periodo si provvide alla risistemazione del castello ed alla costruzione della Torre di Pilato (crollata nel 1881). 
Altri feudatari amministrarono il feudo di Ruvo fino al 1382, quando da Carlo III fu affidato al consigliere Villanuccio de Vrunfort ed a questa famiglia rimase fino al 1430 circa, passando quindi alla famiglia del Balzo - Orsini che, a sua volta, nel 1499 lo alienava allo spagnolo Galzarano de Requenses. Il XVI sec. vide l’avvento nel sud Italia di Alfonso I d’Aragona che diede inizio alla dinastia aragonese. 
In questo periodo, sia i Vrunfort che i loro successori apprezzarono tantissimo l’efficienza del sistema difensivo, basti pensare alla menzione che ne fece il Cantalicio, il quale definiva Ruvo fortissima castra nella sua cronaca sulla Disfida di Barletta (1503), dove si parla della partenza da Ruvo dei tredici cavalieri francesi guidati da La Motte. 
Agli inizi del XVI secolo, nel corso della guerra tra francesi e spagnoli, Ruvo fu inizialmente piazzaforte dei primi e, successivamente, espugnata dai secondi sotto comando di Consalvo di Cordova, consentendo in tal guisa il rientro nel feudo ai Requesens. 
La presa di Ruvo, da parte di Consalvo di Cordova, danneggiò le mura ruvesi che, poi, sarebbero state ricostruite sin dalle fondamenta sul lato sud est, tra i due torrioni già esistenti e prospicienti l’attuale Via Rosario.

DALL'ETA' MODERNA ALL'ETA' CONTEMPORANEA
L’età moderna ebbe inizio nel 1509, quando il feudo ruvese fu venduto dai Requenses al cardinale Oliviero Carafa. La famiglia Carafa lo detenne fino al 1806, anno in cui fu abolito il feudalesimo nell’Italia meridionale. 
Sotto il dominio dei Carafa, la città fu oppressa dalla prepotenza baronale e dagli abusi tipici del regime feudale che danneggiarono soprattutto l’agricoltura, dal momento che i contadini erano costretti a lavorare i terreni non più come proprietari, ma come fittuari delle confraternite, delle Chiese e dei Luoghi Pii, nelle cui mani essi erano caduti. 
La presenza di un governo stabile nel meridione (Regno di Napoli), per mano degli aragonesi prima e degli Asburgo a partire dal 1516, influì positivamente sulla sua popolazione, favorendo un certo splendore socio-economico che si protrasse per alcuni anni e che coinvolse anche la città di Ruvo. 
Infatti tra il 1500 e il 1600, grazie al livello socio-culturale raggiunto dalla classe dominante nobiliare e latifondista, Ruvo conobbe una fiorente attività edilizia sia di carattere religioso che civile con edifici chiamati case palaziate, realizzate nei punti più strategici della città, lungo Via Castello (attuale Via De Gasperi) e nei dintorni della Cattedrale. 
Per quanto riguarda l’edilizia civile è necessario menzionare Palazzo Griffi, Avitaia, Caputi, Rocca (attuale Palazzo Spada). Agli inizi del 1600, lungo l’attuale Via Cattedrale, furono costruite alcune case palaziate, come Palazzo Rubini ed edifici religiosi come la Chiesa del Purgatorioe quella del Carmine, mentre nell’ambito del nucleo urbano sorsero chiese come San Rocco (1503). 

Tra la metà del 1500 e gli inizi del 1600, anche fuori le mura nacquero complessi ecclesiastici, come il Convento di San Domenico (1560) e il Convento dei Cappuccini (1607) che si unirono a quelli già esistenti costituiti dal Convento dei Minori Osservanti in Sant’Angelo e da quello della Madonna delle Grazie. 
Il 1600 si aprì con terremoti (1627 - 1628), e con una nefasta pestilenza (1656) che ridusse la popolazione da 5.816 a 700 abitanti. 
Nei primi decenni del 1700, sebbene l’economia versasse in condizioni precarie e fosse concentrata nelle mani delle classi dominanti, la città di Ruvo avvertì l’esigenza di un rinnovamento sociale e culturale i cui riflessi si protrassero anche nel XIX secolo. 
In questo nuovo clima culturale emersero alcune figure di spicco che, per il loro impegno e la loro professionalità, hanno lasciato un vivo ricordo nella memoria collettiva della città. Si tratta di personaggi come Domenico Cotugno (1736 - 1822), celebre medico in Napoli e Giovanni Jatta (1767 - 1844), illustre giureconsulto e cofondatore dell’omonimo museo. 
Nel 1806, abolito il feudalesimo, i molti possedimenti terrieri di casa Carafa furono venduti a privati cittadini che li migliorarono a vantaggio proprio e dell’agricoltura.

Terminato il dominio dei Carafa, Ruvo rimaneva comunque nel Regno di Napoli, divenuto Regno delle Due Sicilie dopo il Congresso di Vienna e governato dagli Asburgo nella persona del re Ferdinando I. 
Noti personaggi ruvesi come Michele Boccumini e il Notaio Biagio Caracciolo presero parte ai moti liberali del 1799, del 1820 - ’21, del ’48 e del ’60. Anche a Ruvo sorgeva, fin dal 1817, una società carbonara chiamata la Perfetta fedeltà, con 162 iscritti che continuarono a riunirsi segretamente anche dopo il 10 aprile 1821, data in cui Ferdinando I sciolse le società segrete. 
Dopo la proclamazione del regno d’Italia, il 17 marzo 1861, cittadini ruvesi parteciparono alla terza guerra d’indipendenza nel 1866, alla presa di Roma nel 1870 e alla prima guerra mondiale (1915-’18), combattuta dal popolo italiano per strappare agli austriaci il Trentino e il Friuli. 
Il Monumento ai Caduti, eretto nell’attuale Piazza Bovio con il triste elenco dei 367 morti in guerra, attesta il contributo di sangue dato da Ruvo alla causa nazionale. 
Il monumento era composto da una colonna spezzata e una statua bronzea dedicata alla Vittoria. Quest’ultima venne fusa in occasione della seconda guerra mondiale per ricavarne il metallo necessario alla fabbricazione delle armi.
La statua della Vittoria è stata ricostruita grazie al contributo dei ruvesi nel 2009.

MUSEI DI RUVO

Museo Nazionale Archeologico Jatta 
Sicuramente tra le più importanti istituzioni museali italiane dedicate all’archeologia, conserva nelle proprie sale eccezionali manufatti in ceramica, di produzione risalenti ad artigiani delle officine apule e talora lucane e attiche.

La prima stanza è dedicata a quelle che G. Jatta nel suo Catalogo definisce Terrecotte. All'interno degli scaffali, oltre alle terrecotte figurate, sono esposti dei vasi a decorazione geometrica, provenienti dalle diverse aree della Puglia e alcuni crateri arcaici (alcuni decorati secondo prototipi corinzi); si possono ammirare numerosi esempi della ceramica geometrica peuceta e della ceramica canosina listata. Nel vano della finestra c'è un sarcofago in tufo contenente oggetti facenti parte di un corredo risalente all'età ellenistica. Al centro della stanza è collocato un enorme dolio, circondato da tre grandi vasi di età ellenistica. 

Con la stanza II inizia l'esposizione della celebre ceramica decorata a figure rosse di officine apule e talora lucane e attiche. Tali vasi presentano non solo scene mitologiche, ma anche scene di vita quotidiana (il commiato del guerriero, scene di toeletta femminile, atleti che si detergono dopo aver partecipato a gare podistiche).

Al centro della stanza primeggia un cratere di enormi dimensioni attribuito al Pittore di Baltimora e risalente al IV sec. a.C. Tale cratere presenta la raffigurazione di una scena mitologica che ha come protagonisti il dio Apollo e sua sorella Artemide, colti nell'atto di uccidere i numerosi figli di Niobe, dal momento che quest'ultima aveva osato vantarsi della sua progenie così numerosa rispetto agli unici due figli di Latona (madre di Apollo e Artemide).
Tra i vasi più rappresentativi della seconda stanza è bene ricordare anche le due anfore che fiancheggiano il cratere del Pittore di Baltimora. Tali anfore risalgono al IV sec. a.C. La prima anfora (è quella che si vede appena si entra nella stanza) raffigura Antigone, condotta prigioniera da Creonte, mentre Eracle, che aveva inutilmente interceduto per lei, è raffigurato all'interno di un tempietto; nella parte inferiore della stessa anfora vediamo nuovamente Eracle in lotta contro la regina delle Amazzoni Ippolita.
L'altra anfora raffigura, nella parte superiore, una scena di offerta funeraria, mentre in basso troviamo un fregio continuo con le Nereidi (le ninfe del mare) che recano le armi ad Achille. Nei vari scaffali trovano posto non solo alcuni crateri a campana di produzione lucana, ma anche unguentari (lékythos), balsamari, piccole anfore, piatti con raffigurazioni di pesci e molluschi e altri oggetti utilizzati dagli antichi nella vita quotidiana.

Nella stanza III, numerosi sono i capolavori della ceramica, sia attica che italiota (fabbriche lucane e apule), posti sulle colonne della Stanza III. Tra i vasi di straordinaria suggestione presenti in questa stanza, ricordiamo il grande cratere a volute, attribuito al Pittore di Licurgo e datato alla metà del IV secolo a.C.: in esso la scena principale raffigura il giardino di Era, con al centro il melo dai frutti d'oro che la dea aveva affidato in custodia alle Esperidi, figlie di Atlante e al drago Ladone, che qui si avvolge intorno all'albero. 
Un altro cratere di elevata fattura è quello che si trova sulla prima colonna a sinistra, appena entrati nella stanza. Si tratta del cratere a volute apulo, attribuito al Pittore della Nascita di Dioniso (inizi del IV secolo a.C.), sul quale è rievocato lo scontro fra Eracle e Cicno assistito dal padre Ares, identificabile nel personaggio in piedi sulla quadriga.

La terza stanza è particolarmente importante perché qui sono esposti numerosi rhytà (bicchieri con protomi zoomorfe, usati nelle grandi cerimonie), kylix (coppa da vino), kàntharos (bicchieri a calice) e skyphos (tipo di bicchiere destinato alle tavole più modeste).
Nel vano a sinistra della terza stanza vi è il busto marmoreo di Giovanni Jatta junior, mentre quello di Giovanni senior, l'iniziatore della raccolta, è conservato nella quarta e ultima stanza, destinata ad accogliere i vasi ritenuti più preziosi dal nipote Giovanni.

La Stanza IV accoglie il vaso più importante della collezione Jatta. Si tratta del cratere attico a figure rosse che il Pittore di Talos (prende il nome proprio dalla scena raffigurata) dipinse intorno al V secolo a.C. Si tratta di uno dei maggiori capolavori della ceramica greca a noi pervenuta. Il cratere in questione, riporta la rappresentazione di uno degli episodi della spedizione condotta dagli Argonauti al seguito di Giasone, per la conquista del famoso vello d'oro dell'ariete di Frisso.
Gli eroi, tra cui si riconoscono i Dioscuri, Castore e Polluce, sbarcano a Creta custodita dal gigante bronzeo Talos, il quale, in seguito ai sortilegi di Medea (compagna di Giasone) viene sconfitto e ucciso.
Oltre al vaso del Pittore di Talos, importanti sono anche i vasi attici di età classica come la lekythos del Pittore di Meidias (ultimi decenni del V secolo a.C.) e la kylix con all'interno la figura di un Sileno su fondo bianco, entrambe conservati nel primo scaffale. Vasi attici a figure nere e vasi corinzi sono conservati invece nel secondo scaffale.
La quarta stanza è poi arricchita da una vetrinetta contenente oggetti metallici, la cui collocazione cronologica va dall'Età neolitica ai primi secoli dell'epoca romana.

Pinacoteca Comunale di arte contemporanea”. 
A distanza di 50 anni dalla prima donazione dell’olio su tela “Crocifisso” da parte del M° Cantatore (1965) finalmente si realizza l’auspicio che di suo pugno ha scritto sul retro della medesima opera: la costituzione di una pinacoteca comunale.
La Pinacoteca è costituite da 6 stanze, di cui una dedicata al M° Michele Chieco, 3 dedicate al M° Domenico Cantatore, una al Premio d’Arte “Città di Ruvo” tenutosi dal 1955 al 1967, ed una dedicata a documentazione fotografica originale del M° Cantatore. La Pinacoteca è anche dotata di bookshop, sala conferenze ed un suggestivo atrio all’aperto, cornice ideale per eventi culturali. I visitatori della Pinacoteca potranno fruire anche della lettura di alcuni scritti del M° Cantatore, di documenti storici originali, di fotografie che li accompagneranno lungo i corridoi nel passaggio tra le varie stanze.
Un piccolo gioiello dove ammirare opere di Cantatore, Grumo, Chieco, Di Terlizzi, Sacco, Brandonisio, van Westerhout, Dodaro, Tomaio, Marino, Manzi, La
Fortezza, Alto… La struttura è organizzata anche per ospitare mostre temporanee d’arte e fotografiche, al fine di consentire vivacità e rinnovo costante dei contenuti offerti, diventando un vero e proprio laboratorio permanente e non una struttura statica e immutabile.

Museo del libro- Casa della cultura ” a Palazzo Caputi
Testi: Proloco Ruvo di Puglia - www.prolocoruvodipuglia.it

GASTRONOMIA
Anche l'enogastronomia ruvese ha un qualcosa di speciale; non a caso Ruvo vuol diventare la città della gastronomia.
Dalle specialità a base di funghi cardoncelli ai piatti tipici della tradizione a base di salsicce, carni, legumi, pasta fresca, pasticceria fresca e secca e cioccolato. Da non perdere le rinomate orecchiette con le cime di rapa, oltre a quelle condite con il tipico ragout preparato con carne di agnello o cavallo “le famose spancelle”; il tutto accompagnato dal buon vino DOC Castel del Monte.
Tipico è il dolce pasquale "la scarcella”, una pasta a forma di ruota, ricoperta di glassa bianca su cui poi vengono adagiati dei piccoli ovetti in cioccolata a scopo decorativo o anche semplicemente delle perline color argento o multicolore. 
Famoso e premiato è anche il modernissimo "Mandorlaccio", dolce specialità a base di mandorle, ricetta segreta, creato dal maestro pasticcere Berardi, la cui bottega e pasticceria propone una varietà di dolci che accontenta i palati più esigenti.

Pasticceria Barardi, entrando si comprende che l'insieme delle attività e della passione di Giuseppe Berardi sono in armonia con il personaggio. Il suo grande amore per la cioccolateria e per la pasticceria sono evidenti nelle svariate proposte di dolci, in particolare il "MANDORLACCIO" realizzato secondo una antica ricetta che da tempi remotissimi si tramandava nelle campagne pugliesi.
L'origine del dolce, realizzato con mandorle del territorio tritate e miele, che ne esaltano il profumo e la fragranza, risale a epoca preromana, probabilmente appula, ed è presumibilmente legato ad antichi riti di rinascita e fecondità. Il Mandorlaccio è richiesto da tutte le parti del mondo!! 
I due figli, Paolo e Giandomenico, continuano l’attività aziendale, dopo la frequentazione di scuole e corsi di formazione in tutta Europa, specializzandosi nella pasticceria e cioccolateria.

Ristorante Berardi
Presso la Pasticceria Berardi trovate anche il ristorante; una cucina raffinata che si fonde con gli antichi sapori, dove si sperimenta abbinamenti armoniosi che seguono la tradizione pugliese con i suoi profumi e colori. Il locale grazioso e ben arredato, propone primi piatti e pietanze di prodotti locali e a base di pesce. Si può iniziare con un antipasto di pesce spada contornato di riso venere con salmone. Si prosegue con trofie al ragù di pescatrice e/o cavatelli con trito di salsiccia e pomodorini secchi con grattugiata di ricotta dura "tosta". Per secondo è ottimo il branzino in crosta di patate con flan di verdure. Chiaramente, non si può non finire con caffè e Mandorlaccio. Per i vini no problem, la carta propone vini locali di ottima qualità, oltre ai vini nazionali.
Ristorante Berardi
Via N. Sauro 8 - 70037 Ruvo di Puglia - tel. 080/3612498 - info@berardi.it - www.berardi.it


U.P.E.P.I.D.D.E. -  RistorArte dal 1990
Se oltre al buon cibo, cercate una location di particolare effetto, questo è il vostro posto; una vera orpresa! Appena entrate vi accorgete di essere in una realtà particolare, completamente diversa dall'esterno.
Un insieme di spazi e arredi che vi trasportano nella storia antica di Ruvo.

Le proposte culinarie non sono da meno. Curate dalla signora Maria (moglie del titolare), le portate tendono al recupero di piatti tipici della tradizione e seguono l’andamento stagionale per offrire la qualità e la freschezza dei prodotti tipici locali.

Per i vini chiedete di visitare la straordinaria e magica cantina con oltre 650 etichette nazionali ed internazionali.

C'è per i commensali la possibilità di addentrarsi nel variegato mondo del vino, seguendo un “percorso” che attraversa la migliore produzione di tutte le regioni italiane. 

U.P.E.P.I.D.D.E. -  RistorArte dal 1990
Vico S. Agnese 2 - ang. C.so Cavour 17/19 - 70037 Ruvo di Puglia
tel. 080/3613879 - e-mail: info@upepidde.it - sito: www.upepidde.it

Ristorante IL VIECCHIE FURNE
Cucina tipica locale - il sapore della buona tavola
Via Dottor N. Boccuzzi, 10 - 70037 RUVO DI PUGLIA (BA)
tel. 080/3612505 - 347/6322539 - email: ilvecchiofornoruvo@libero.it
 
Ristorante ACQUA PAZZA
Via Aldo Moro 13 - 70037 Ruvo di Puglia (BA)
tel. 348/1391823 - chiuso il martedì
e-mail: info@ristoranteacquapazza.it - www.ristoranteacquapazza.it
 
Dove dormire:
 
HOTEL PINETA -Wellness & SPA  4****
Via Carlo Marx5 - 70037 Ruvo di Puglia (BA)
tel. 080/3611578 - Fax 080/3600035
e-mail: info@hotelpinetaruvo.it - www.hotelpinetaruvo.com 


EVENTI
Processione della “Deposizione” o degli “Otto Santi”. Chiesa di San Rocco
La processione inizia alle 2 di notte e termina al mattino alle 9!
Il gruppo statuario in cartapesta rappresenta il trasporto di Cristo al sepolcro. Il corpo senza vita del Cristo è avvolto nel candido lenzuolo sorretto da Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e da S. Giovanni e seguito dalla Madonna Addolorata, che porta la corona di spine simbolo del sacrificio del figlio, dalla Maddalena con la spalla scoperta e il corpo nascosto dai capelli, da Maria di Cleofa e Maria Salome.
Negli anni Quaranta e Cinquanta, il gruppo statuario fu modificato con l’aggiunta di una parrucca di capelli veri sul capo della Maddalena e di un vero lenzuolo sul quale era deposto il corpo senza vita di Gesù.
Nel 1925 al 1937 la Confraternita di San Rocco si trasferì nella vicina chiesa del Redentore e fu trasferito nella stessa chiesa anche il gruppo statuario della Deposizione. La statua fu posta nell’attuale cappella della Madonna del Rosario.
Nei primi anni la processione si svolgeva nella serata del Giovedì Santo ma, per non interferire con la visita agli altari della reposizione, fu deciso di anticiparla alla notte precedente.
Nel corso del restauro effettuato nel 2001 sono stati rinvenuti i colori e le fattezze originali delle statue: molti cartapestai locali con i loro interventi di restauro avevano trasformato i personaggi cambiandone attributi e decorazioni, attribuendogli colori impropri e privando l’opera di qualsiasi riferimento storico ed artistico.
Il restauro del 2013 ha migliorato la stabilità del gruppo statuario, minata dall’umidità delle processioni notturne e dal trasferimento a Milano per la mostra “La scultura in cartapesta (Sansovino, Bernini e i Maestri leccesi tra tecnica e artificio)” nei primi mesi del 2008. 

DOMENICA DI PASQUA
Processione di Gesù Risorto - Scoppio delle Quarantane - Chiesa di S. Domenic
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A conclusione dei Riti della Settimana Santa, la mattina di Pasqua dalla Chiesa di San Domenico muove la Processione del Cristo Risorto, curata dalla Confraternita della Purificazione Addolorata e seguita da fanciulli festanti che agitano bandierine. Durante il percorso, in segno propiziatorio, viene fatta esplodere la Quarandone, un fantoccio con le sembianze di una vecchia signora vestita di nero. Appesa ai crocicchi delle strade fin dal primo giorno di Quaresima, simboleggia le penitenze quaresimali. La sua esplosione rappresenta la vittoria della vita sulla morte, delle gioie sugli stenti e i sacrifici, della primavera sul freddo inverno. 

Alle finestre che si affacciano sulle vie percorse dalla processione, al posto delle lenzuola bianche esposte al passaggio dei simulacri durante la Settimana Santa, vi sono in questa occasione coperte variopinte dai colori più vivaci, in segno di festa.
Durante il percorso vengono fatte esplodere le “Quarantane”, compiendo il rituale che viene tradizionalmente indicato come lo scoppio della “Quarantana”, che segna la fine della quaresima.

GIOVEDI’ SANTO
E' un evento di particolare emozione che si svolge durante la notte. Una lenta processione al lume di candela, che vede Paesia di Pietro Stragapede , scritta in dialetto e tradotta in italiano. Fa parte di una raccolta  di Poesie dei riti della Settimana Santa in Vernacolo Ruvese (la lingua dei Ruvesi, abitanti di Ruvo).
Questi riti sono suggestivi, uniscono e aggregano; queste processioni così partecipate legano e accomunano; queste statue così venerate avvicinano e affratellano; queste musiche così struggenti affascinano e congiungono: Sono manifestazioni che non raccontano soltanto la fede e la religiosità popolare, ma anche i valori civili e sociali di una comunità. 

Poesia dialettale
La nuotte de l-Utte Sande
La notte degli Otto Santi


La notte degli otto Santi 
Pure le stelle sono tristi
Fanno più luce in questa notte oscura
Per accompagnare Cristo alla sepoltura:
Il paese  le persone sono tutte svegli
Per prendere parte a questa nottata 
Va la processione per strade strette
Notte santa è questa e benedetta.
Piangono in silenzio
Le pietre delle case e i tetti
E un lamento appena - appena
Dalle stradine e dalle vanelle viene.
Le lampade agli angoli delle strade
Recitano con una luce calda le orazioni e i fiori nei vasi hanno chiuso le  corolle
Per prendere parte senza colori a questo lutto.
Scende dolce la carezza della notte
E sfiora i Santi e di portatori
Salgono dalla terra le preghiere delle persone:
Cristo mio perdonami, dammi una mano:
Arrivati davanti alla cattedrale
Suona marce tristi banda
Ed il rosone scende dalla facciata
E regala ai Santi una carezza delicata:
Escono dalle pietre i leoni
E fanno il segno di croce lentamente
Si inclina dolcemente il campanile
E dà un bacio a Cristo nel lenzuolo:
Ai piedi dell’orologio in mezzo alla piazza
La Madonna il figlio se lo abbraccia
Colano dal lenzuolo due gocce di sangue
Per non farle calpestare se le assorbono le chianche:
Ecco, la processione ti arriva vicino
Fai un salto e sali tra i Santi
Ad un lembo il lenzuolo hai afferrato
E dai una mano ai Santi che si sono stancati:
Questo Cristo abbandonato alla morte
Ogni Ruvese nella memoria se lo porta
E la disperazione della faccia dei Santi
Fa luccicare gli occhi a tutti quanti:
Tra luce e scuro va facendo giorno
Il sole si ferma, tarda a salire
Per allungare questa santa nottata
Che di Cristo ci lascia dentro le impronte:
Ed ora che la statua in San Rocco si ritira
Un senso di tristezza nell’aria si respira
Ti ricorda il giorno che hai seppellito tuo padre
Non sono di cartapesta questi santi:
Mentre me ne vado a casa mi sento cambiato
Chiudo gli occhi e dentro mi sono ritrovato
Il Cristo del perdono e della salvezza
Che mi abbraccia con tanta tenerezza.

Per saperne di più:
 
PROLOCO RUVO DI PUGLIA
Via Vittorio Veneto 48 - 70037 Ruvo di Puglia (BA)
tel. 080/3628428
chiuso il martedì
e-mail: prolocoruvodipuglia@libero.it - www.prolocoruvodipuglia.it

 

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