Caserta

Caserta: la città dai due volti

Eccoci in una città che sembra avere due storie, due volti, o forse una storia sola, interrotta o modificata nel suo corso dai sogni di magnificenza e grandezza del secolo dei lumi. La data simbolica il 1734, l’evento spartiacque la trionfale salita sul trono del regno di Napoli del giovane e rampante Carlo di Borbone. Nel secolo dell’Illuminismo, nella fase di incrollabile fede nelle infinite potenzialità della ragione umana, l’ambizioso re dispose la costruzione nella piana di Caserta di un’imponente e sontuosa Reggia, che emulasse quella di Versailles e dove fosse possibile trasferire tutte le attività istituzionali della Corte napoletana.
Per la vecchia Caserta, per quella Casa Hirta citata per la prima volta nel secolo IX con riferimento alla sua posizione arroccata sul pendio del Monte Virgo, fu la fine. La città, che aveva dato asilo agli abitanti della pianura campana in fuga dai saraceni, che era stata conquistata dai Normanni passando poi di feudo in feudo, progressivamente perse importanza e si spopolò.

E ancora oggi, passeggiando per il borgo di Casertavecchia, il tempo sembra essersi fermato a quegli eventi, a quel passaggio. Nel dedalo di stradine e nei rioni della cittadina, tra le case in tufo, i portali, i cortili, le bifore, le logge, regna ancora un silenzio innaturale, un’atmosfera rarefatta e sospesa di grande suggestione.
Il borgo medievale è rimasto immobile e perfettamente integro, asserragliato attorno alla sua Cattedrale, intitolata a San Michele Arcangelo. Il tufo delle abitazioni non spezza il continuum e ritorna nella facciata della chiesa, sui cui tre portali si protendono curiose sculture zoomorfe raffiguranti tori, cavalli, leoni.
La Cattedrale di architettura siculo-musulmana si staglia sulla strada principale del borgo con il suo campanile e rappresenta un’incredibile sintesi di stili e influenze di diverse civiltà, tra i quali si distinguono motivi paleocristiani, cassinesi, lombardi, pugliesi, bizantini, arabeggianti, normanni e francesi. Cattedrale, Palazzo Vescovile, Seminario e Casa Canonica si susseguono nella piazza quadrangolare, quasi a costituire una corte chiusa. L’impronta prettamente medievale è incarnata anche dai resti del Castello, eretto nell’XI secolo e anticamente costituito da sei torri e da un mastio. Della vecchia struttura è sopravvissuto solo un imponente torrione con basamento in pietra chiara e corpo in tufo scuro, come è tipico di tutta l’architettura del borgo.
L’atmosfera della cittadina è talmente raccolta, quieta e suggestiva che non è difficile intuire la ragione che l’ha portata a divenire negli anni cornice ideale di una serie di appuntamenti di respiro internazionale legati alla musica, al teatro e all’arte uniti dalla denominazione “Settembre al borgo”.

Caserta, il capoluogo che conosciamo, chiamata anche Caserta nuova per distinguerla dal borgo medievale, nacque dunque con i Borbone, come centro abitato sviluppatosi attorno alla Reggia progettata dall’illustre architetto Luigi Vanvitelli. A Casertavecchia venne sottratto tutto, compreso il nome.
Ma non si esaurirono qui i grandiosi progetti del casato spagnolo. Ferdinando II, salito al trono dopo la partenza del padre per la Spagna, volle la fondazione di San Leucio, come esperimento iniziale di un più ambizioso progetto di città ideale e perfettamente simmetrica che doveva chiamarsi Ferdinandopoli. La città vagheggiata dal sovrano non venne mai costruita, restano solo alcuni esempi di case a schiera, a testimonianza di quella pianta urbanistica regolare che si intendeva realizzare. La Real Colonia di San Leucio invece prosperò, governata da un codice di eccezionale modernità che, oltre ad indicare una serie minuziosa di doveri, prevedeva l’istruzione obbligatoria, una retribuzione basata sul merito e l’istituzione di una sorta di Cassa della Carità per i vecchi e gli invalidi. La fonte di sostentamento era rappresentata dall’attività agricola e dalla lavorazione di sete che divennero ben presto celebri anche fuori dal Regno. Tra il 1789 e il 1798 altre fabbriche e altri macchinari si aggiunsero a quelli esistenti e la fama dei filatoi di San Leucio crebbe incredibilmente. Ancora oggi, San Leucio produce tessuti e stoffe per arredamento famosi in tutto il mondo.
La Real Colonia riuscì dunque in parte ad incarnare la grande “utopia”, così come la Reggia rispose appieno ai sogni di magnificenza dei sovrani, con i suoi trentasei metri di altezza, cinque piani, milleduecento stanze, trentaquattro scale interne e millesettecentoquarantadue finestre. Visitandolo oggi non si può non provare un senso di stupore e di smarrimento dinanzi all’immensità della struttura e del Parco Reale, un perfetto esempio di giardino all’italiana, costituito da grandi prati, aiuole squadrate, numerosissime fontane con zampillanti giochi d’acqua.  
Ma un viaggio nel casertano può ulteriormente allargare i propri confini, perché la città vanta una provincia ricchissima di storia, arte, cultura e tradizioni gastronomiche. In questo affascinante comprensorio, suggeriamo alcune località.

Santa Maria Capua Vetere
Sorge sul luogo dell’antica Capua, città etrusca passata poi al dominio romano, sotto cui assunse una straordinaria importanza tanto da divenire l’ottava città dei possedimenti romani e la più importante dell’Italia meridionale. Famosi “gli ozi di Capua”, quelli intrattenuti dai soldati cartaginesi dopo la battaglia di Canne. Il centro si distinse più volte per le sue ribellioni agli invasori: celeberrima la rivolta di Spartaco a capo di un esercito di schiavi. Con la caduta dell’impero anche Capua cadde in disgrazia. L’impianto romano è sopravvissuto ma della gloriosa Capua Vetere che Cicerone contrapponeva a Roma, restano davvero poche testimonianze. Tra tutte svetta l’Anfiteatro Campano, che solo il Colosseo superava per dimensioni. Per rendere l’idea della sua grandiosità, basti pensare che l’edificio contava quattro piani, di cui è sopravvissuto solo il primo livello e parte del secondo. Altre vestigia importanti sono quelle del Criptoportico, che rappresentava la passeggiata preferita dagli abitanti del luogo, del Teatro e del Mitreo, uno dei monumenti meglio conservati tra quelli dedicati al dio persiano.

Capua
“…Città ideale di guarnigioni e di fortezze, di collegi e di studi, di solitudine e meditazione…”, come scriveva Maiuri, Capua venne fondata dai principi longobardi, dopo che l’antica Capua venne incendiata e distrutta dai saraceni. Essa conserva un patrimonio artistico ed architettonico notevolissimo, tra cui la cinta muraria, chiese, castelli, palazzi, frutto delle diverse fasi storiche che la città attraversò, dalla longobarda alla normanna, dalla sveva all’angioina. Da non perdere il Museo Campano, articolato in trentadue sale espositive, che conserva una copiosa documentazione storica, artistica, archeologica e religiosa sulla civiltà campana.

Sant’Angelo in Formis
Legata ai due centri precedenti da un continuum edilizio, la frazione di Sant’Angelo in Formis conserva la basilica che rappresenta uno dei monumenti medievali più importanti di tutta la Campania. Essa ospita sulle sue pareti, volte e archi il più grande e completo ciclo di affreschi dell’Italia meridionale, dando la possibilità di confrontarsi con le modalità e le caratteristiche dell’iconografia bizantina.

Sessa Aurunca
E’ l’antica Suessa, città fondata dagli Aurunci nell’VIII-VII secolo. Qui ebbe i natali Lucilio, il famoso poeta satirico latino a cui è tutt’oggi intitolato il Corso che attraversa tutta la cittadina e sul quale si affacciano molti pregevoli palazzi antichi edificati servendosi di colonne e architravi dei templi romani, fino a Palazzo Ducale, situato in Piazza XX Settembre. L’aspetto curioso di questo centro è che fu quasi interamente costruito e pavimentato con la trachite, la pietra vulcanica, mentre cupole e campanili svettano nel tessuto urbano per le loro maioliche gialle e verdi. Del periodo romano si conservano i resti del Teatro, delle Terme e di un maestoso criptoportico, mentre molto interessanti sono gli edifici di architettura religiosa, quali il Duomo, le chiese dell’Annunziata, di Sant’Agostino e di San Giovanni. Un giorno molto suggestivo a Sessa è quello della Processione dei Misteri del Venerdì Santo, in cui una processione di uomini col saio nero che trasportano statue di cartapesta e lo stemma della crocifissione, percorre ogni via del paese preceduta da una banda che intona canti funebri.

Teano
Cittadina molto ospitale, Teano è sempre stata teatro di grandi transizioni e di grandi incontri. Impossibile non associare subito il suo nome all’incontro avvenuto il 26 ottobre del 1860 tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi. Nodo commerciale strategico tra l’Etruria e le colonie greche della costa campana, dette rifugio alle popolazioni della campagne circostanti durante le incursioni dei saraceni o nei conflitti tra Normanni e Longobardi, nonché ai monaci di Montecassino quando la loro Abbazia venne distrutta. Recenti scavi hanno portato alla luce alcune vestigia di epoca romana, quali un Teatro, un Anfiteatro e un Santuario, mentre il Duomo di S. Clemente eretto nel 1116, merita davvero una visita, anche per il suo splendido campanile romanico adornato con marmi romani.

Aversa
Ci sono varie ragioni per cui Aversa è una città speciale: una è sicuramente legata al suo impianto urbanistico di forma ellittica con una complessa topografia a vie concentriche o radiali. L’altra ha a che vedere con la sua storia e al suo essere stata la prima contea indipendente dei Normanni in Italia, fatto che le conferì un grande prestigio dal punto di vista culturale, artistico  e politico. Molto rinomata la Cattedrale Normanna, che della primitiva costruzione medievale ha conservato la cupola dalle forme arabo normanne che domina Piazza Duomo, e l’abside ad ambulacro. Ma il labirinto di vie, slarghi, piazze, rivela molti altri interessanti luoghi, tra cui, monasteri, monumentali palazzi e chiese seicentesche, quali quella dell’Annunciata, quella di Santa Maria a Piazza, quella di San Biagio e di San Francesco.

A TAVOLA ALLA CORTE DEI BORBONI

Quella del casertano è una cucina antica, semplice e tradizionale, tramandata di generazione in generazione. L’offerta culinaria è varia e ricca di sapori e profumi, oltre che molto attenta a presentare il meglio della stagione. La pasta fresca o secca è l’assoluta regina dei piatti tipici locali, e può essere preparata al forno oppure servita con sughi o con verdure e legumi.  Da provare i mezzani alla casertana, le “pettolelle” alla casertana (tagliatelle all’uovo condite con fagioli e cotiche di prosciutto), i “perciatellini” con le “’nteriore” di Calvi Risorta, gli zitoni ripieni alla casertana.
Tra i secondi, c’è l’imbarazzo della scelta tra quelli a base di pesce o di cacciagione. Ottime le quaglie con i piselli di Mondragone o il capretto al forno, mentre le alose del Volturno sono una specie di grosse sarde di colore verde azzurro da preparare arrostite o fritte.
Ma la Campania vanta anche un prodotto DOP di prim’ordine, la mozzarella di bufala, che è l’ingrediente base di molte ricette: essa può essere preparata dorata e fritta, oppure servita con salsicce, melanzane o carciofi.
Tra i dolci, ottimi gli auciati, speciali taralli speziati; i mustacciuoli, biscotti natalizi con marmellata di albicocche ricoperti da un sottile strato di glassa di cioccolato; il casatiello, un tipico dolce pasquale, formato da una ciambella di pasta lievitata in cui vengono inserite uova intere; il sanguinaccio insaccato di Capua, a base di sangue di maiale cotto a bagnomaria con latte, zucchero, pezzetti di cioccolato e cedro candito; gli struffoli, palline di pasta  all’uovo, passate nell’acqua di fiori d’arancio e fritte nello strutto con aggiunta di miele e guarnite con cedro candito.
Inoltre, non bisogna dimenticare le epoche lontane, quando la “Campania Felix” era considerata una terra gradita  a Bacco e generosa di ottimi vini. In queste terre si produce da sempre il mitico vino Falernum, oggi Falerno del Massico, un vino elogiato da autori latini come Catullo, Virgilio e Orazio, che, seppur molto cambiato rispetto a quello bevuto dagli antichi, resta un ottimo vino, da accompagnare a carni rosse, selvaggina o formaggi stagionati, nelle varianti Rosso e Primitivo, a pesce e frutti di mare nella rara varietà Bianco. Per pesce, crostacei, mozzarella di bufala, perfetto anche l’Asprinio di Aversa, mentre è stato recentemente insignito del marchio DOC il Galluccio, rosso, bianco e primitivo.  
                        

 

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