Caltanisetta

Caltanissetta, una terra generosa

Ideale baricentro della Sicilia, Caltanissetta si trova al centro di tutte le vie di comunicazione tra le principali mete siciliane, offrendo al visitatore un autentico patrimonio di arte, archeologia, tradizione, folklore. Il nome odierno della città è un originale esempio di commistione di lingua araba e greca. Il prefisso Qual’at, che indica il castello e il nome greco Nissa hanno dato origine all’attuale toponimo.

La città, infatti, cominciò a svilupparsi attorno al Castello saraceno di Pietrarossa, unico della zona interna della Sicilia ad essere inserito in un tessuto urbano. È di origine araba e documenta il nuovo insediamento cittadino intorno alla rocca dopo l’abbandono del territorio meridionale di Sabucina, che attesta i resti più antichi, greci e indigeni. Su una rocca isolata a picco su un burrone, il castello con tre torri domina la città sottostante. Il castello fu teatro di vicende storiche che per tutto il Medioevo ne fecero un centro di lotte politiche e militari. Il nome sarebbe legato al colore rossastro degli antichi mattoni di rivestimento, ma oggi i nisseni indicano i suoi ruderi come “la murra di l’Ancili”.
Annessa al castello è la chiesa di Santa Maria Vetere o Santa Maria degli Angeli, costruita nel XIII secolo e chiusa al culto nel 1873, conobbe un periodo di decadenza e abbandono, ma oggi è la seconda parrocchia della città. 
 
Il centro storico cittadino di Caltanissetta è caratterizzato da vie larghe e rettilinee su cui si affacciano monumentali palazzi. Le due arterie principali, corso Umberto I e corso Vittorio Emanuele, confluiscono in piazza Garibaldi dove sorgono importanti edifici, tra i quali spicca la Cattedrale, dedicata a Santa Maria la Nova. Il prospetto è neoclassico costituito da due scomparti: l’inferiore di ordine toscano, il superiore di ordine ionico e il portale, con ai lati due campanili, in stile barocco. Grandioso è l’effetto della navata centrale, coperta da una volta a botte ed impreziosita da stucchi e affreschi opera del pittore fiammingo Guglielmo Borremans (1720). Di fronte alla Cattedrale, si staglia la Chiesa di San Sebastiano sorta nel ‘500 come omaggio della popolazione al santo per la liberazione dalla peste. La più antica chiesa di Caltanissetta risale al 1200 ed è quella di San Domenico. Ristrutturata internamente nel 1600, accoglie il visitatore con un portale ricurvo in puro stile barocco. Sullo sfondo di corso Umberto, si scorge la Chiesa di Sant’Agata, voluta agli inizi del XVII secolo dai Gesuiti e per questo anche detta chiesa del Collegio. È della tipologia a croce greca e conserva al suo interno pregevoli rivestimenti marmorei.
Un esempio dell’imponenza dei palazzi nisseni è Palazzo Moncada. Attiguo al Municipio, rappresenta la  sintesi del barocco siciliano con le sue forme architettoniche esterne monumentali, le decorazioni in pietra antropomorfe e zoomorfe, ed i grandiosi spazi interni. Il palazzo fu iniziato nel 1635 per conto del Vicerè di Sardegna e Sicilia, Luigi Moncada. Il progetto fu realizzato sul disegno del frate cappuccino Pietro da Genova, usando rilievi architettonici e pietre tolte dal castello di Pietrarossa e calcare del monte Gebel-Habib. Sotto il palazzo corre una galleria sotterranea, “u trabuccu”, che sbucava vicino al Convento dei Cappuccini. In essa, si crede che sparisse chi non godeva delle simpatie del signore.

A 3 km dalla città sorge l’Abbazia di Santo Spirito. La più antica chiesa del nisseno, fu costruita dal conte Ruggero e dalla moglie Adelasia nel 1095. Chiesa romanica in stile paleo-cristiano, conserva al suo interno una vasca battesimale per il rito antico del battesimo ad immersione e dall’esterno si possono ammirare integre le tre absidi.  

Caltanissetta dopo l’Unità d’Italia, divenne un centro notissimo per l’estrazione dello zolfo. Per un ottantennio la storia delle miniere ha segnato indissolubilmente l’economia della zona. Oggi le miniere rappresentano una suggestiva meta turistica. Percorrendo i cunicoli e le gallerie delle zolfatare è possibile fare una passeggiata nella memoria, nei luoghi della fatica e del sudore. Legata all’attività estrattiva è la presenza del Museo Mineralogico. Il museo raccoglie minerali, rocce e fossili pregevoli e rari, ed è l’unico a sorgere nel meridione d’Italia.
La provincia nissena si estende dal cuore della Sicilia fino a lambire la costa meridionale e offre spunti di notevole interesse per gli appassionati di natura e archeologia. Tra incantevoli scenari che racchiudono una campagna fertilissima e cospicue vegetazioni, è possibile visitare siti archeologici (Sabucina, Monte San Giuliano, Monte Bubbonia, Gebel-Habib), riserve naturali (Monte Capodarso, S. Caterina Villarmosa, Serradifalco) chiesette rurali, ville, i ruderi dei castelli d’epoca normanna (Castello Grassuliato, Castello di Falconara). Un suggestivo itinerario, che si consiglia, è raggiungere i comuni del litorale, tra i quali spicca Gela, passando da Mazzarino. La cittadina, antico borgo feudale, conserva nella topografia moderna l’antico tracciato medievale e offre al visitatore gli autentici caratteri della tradizione nissena.

La gastronomia nissena: gusti semplici e speziati

La dominazione mussulmana ha più di tutte lasciato una impronta indelebile nelle tradizioni, negli usi, e nella cultura siciliana e non meno nell’arte culinaria. La cucina tradizionale isolana e particolarmente quella nissena utilizza ed esalta le erbe, gli aromi naturali e le spezie di chiara derivazione araba.
Le spezie, infatti, conferiscono gusto particolare ai piatti della tradizione basati essenzialmente su ingredienti semplici e se vogliamo “umili”. Le specialità contadine, i piatti “poveri” della gastronomia nissena sono i più apprezzati.
Spiccano oltre le saporitissime paste (maccheroni con le sarde e le “cavate” al sugo), le pietanze a base di legumi e verdure selvatiche (a cuccia, a base di ceci, frumento e cotenna di maiale, u maccu, a base di fave, la frascatula, con il finocchietto selvatico e la cicoria, la muffuletta, panini preparati con farina di frumento, semi di finocchio e zafferano, e serviti con ragù di manzo e maiale, ricotta e caciocavallo).
Squisito è il coniglio selvatico preparato con aggiunta di sedano, olive bianche, le polpette al sugo, le stigliola, una sorta di salsiccia farcita con interiora di capretto, cipolloti tagliati a pezzi, uova sode, formaggio pecorino. E come si può notare “l’umiltà” di queste pietanze sta solo nella semplicità degli ingredienti, facilmente reperibili e non particolarmente ricercati. Tutti i piatti sono accompagnati bene dai più noti vini della tradizione siciliana (il Cerasuolo, il Corvo di Salaparuta¸ il Rabbati)   
I dolci sono quasi tutti a base di latte e frutta secca, tra i quali consigliamo di non perdere il vucciddati, a base di mandorle, fichi secchi tagliati a pezzi, uva sultanina, noci, marmellata e pepe nero macinato, i marmurati, così detti perché spolverizzati da piccolissimi granelli di pistacchio che ne danno l’effetto del marmo, le ramette, dolcissimi biscotti di miele e cannella.

 

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