Marocco

Marocco

Marocco: un Paese lambito dal caldo Mar Mediterraneo e sferzato dalle onde e dai venti atlantici, un territorio che alterna spiagge da sogno a montagne dalle nevi eterne, le ardenti dune del Sahara a boschi di cedri secolari, dove si incontrano fiumi che serpeggiano nella vegetazione o che scavano gole spettacolari nella roccia più cruda.
Un Paese d’incanto, “corteggiato” e dominato da Fenici, Cartaginesi, Romani, Berberi, Bizantini e Vandali prima della venuta degli Arabi, nell’VIII secolo, allorché Idriss I, proclamato re nel 788, fondò ufficialmente lo stato marocchino.

Forse per il succedersi di così tante culture, o per la vicinanza all’Europa, in Marocco convivono perfettamente lingue e religioni: benché la religione ufficiale sia l’Islam, la pratica degli altri culti è garantita dalla costituzione, mentre se l’Arabo classico è la lingua madre del Paese, oltre ai vari dialetti, la gran parte della popolazione parla anche il francese e lo spagnolo. Del resto, il Marocco è separato dalla Spagna e, quindi, dal continente europeo solo dai 14 km dello stretto di Gibilterra, luogo delle mitiche colonne d’Ercole, che nei viaggi dell’antichità segnavano la leggendaria “fine del mondo”.
Sono molte le ragioni di un viaggio in Marocco, alcune delle quali poco conosciute, come ad esempio le attività sportive o escursionistiche. Pochi associano l’idea di un Paese del Maghreb a quella di un paradiso per gli amanti della montagna: con quattro catene montuose, dodici vette che superano i 4.000 metri e quattrocento che superano i 3.000, il Marocco offre un ambiente montano dalla bellezza mozzafiato, ma perfettamente organizzato con guide diplomate ed una rete di rifugi attrezzati. Si possono fare trekking sul Rif, discese con gli sci nelle foreste di cedri del Medio Atlante o combinate di tratti con gli sci e a dorso di mulo nell’Alto Atlante. Scesi dalle montagne, gli appassionati potranno apprezzare il golf, che in Marocco detiene un posto d’onore per gli splendidi paesaggi in cui sono situati i campi. Qui si riuniscono i golfisti di tutto il mondo per gare di altissimo livello, fra cui spicca la più famosa, quella per il Trofeo Hassan II, che si svolge lungo il percorso rosso del Golf Reale Dar-Es Salam di Rabat, considerato fra i più bei golf del mondo.
Cambiando completamente contesto e paesaggi, i più allenati possono cimentarsi nella famosa “Maratona del Deserto”, una delle gare di resistenza più difficili  al mondo, che prevede una corsa di una settimana lungo 250 km, fra dune di sabbia e deserto di roccia, dove i concorrenti devono portarsi in spalla tutto ciò di cui necessitano, cibo compreso.
Tuttavia, un viaggio in Marocco significa soprattutto immergersi in una cultura romantica e raffinata, fatta di “souk” (mercati) colorati e sontuosi palazzi, di oasi fiabesche e cittadelle fortificate, di grandiosi minareti in maiolica e meravigliose città imperiali.
Ed è proprio l’itinerario che si snoda lungo 1.000 km e che collega tra loro le quattro città imperiali del Marocco, quello maggiormente denso di fascino, di arte e di storia. Rabat, Fès, Meknès e Marrakech, ognuna delle quali è stata un tempo capitale del regno, sono adornate con incredibile splendore.
Rabat, che nel XII secolo era la città-simbolo del grande conquistatore almohade Yacoub el Mansour, è la capitale attuale: una “città bianca”, dominata da un minareto che svetta contro il blu del cielo e dell’oceano. E’ la Torre Hassan, il grandioso minareto di un’immensa e incompleta moschea del XII secolo. Sempre alla potenza degli Almohades rimandano importanti monumenti come la Porta degli Ambasciatori e quella della Casbah degli Oudaias, un’antica fortezza che oggi ospita un tradizionale giardino, il Museo dell’Artigianato ed un incantevole caffè moresco. Testimoni di un tempo più remoto sono invece le necropoli romane di Chellah, abbellite da meravigliosi giardini, mentre la storia più recente del popolo marocchino si è fermata a Rabat nell’imponente Palazzo Reale, sede del governo e residenza del Re dal 1912, e nell’abbagliante mausoleo Mohamed V, artefice dell’indipendenza nel 1956.
Abbandonando l’Atlantico che bagna Rabat e dirigendosi verso l’entroterra, l’incontro più stupefacente è quello con Fès, la più antica e la più imperiale fra le città imperiali, considerata la “perla del mondo arabo” per la ricercatezza dei suoi palazzi e dei suoi musei. Fondata da Idriss II nel 808 come prima capitale del regno, Fès fu nuovamente capitale nel XII secolo con i Merindi e nel XIX secolo sotto il regno di Moulay Abdallah, ma già dal X secolo divenne famosa soprattutto come centro culturale e spirituale. Fès, infatti, nella sua splendida moschea el Qaraouiyyîn, dal tetto scintillante di tegole verde smeraldo, accoglie il centro universitario più antico del mondo occidentale, nato prima della Sorbonne e di Oxford, tuttora uno dei principali poli intellettuali di tutto il Maghreb. Di grandissimo interesse la sua biblioteca, una delle più vaste al mondo, che contiene 30.000 volumi ed un preziosissimo Corano del IX secolo.
Bellissima ed annunciata dal suo minareto verde e bianco vi è poi la mèdersa el Sahrij, un’antica scuola importante per la sua architettura tradizionale, fatta di una corte lastricata di marmo, di stupende decorazioni, stucchi e mosaici, così come degna di nota è la vicina moschea degli Andalusi, dalla porta monumentale, che invita i fedeli al raccoglimento. Fuori dalle mura, Fès la Nuova si annuncia con tutta la magnificenza di Dar el-Makhzen, il palazzo reale dalle porte dorate, che si affaccia sulla spianata dove inizia la strada Bou Khessissat, con le sue case caratteristiche in legno e ferro battuto. Ma Fès è anche la capitale dell’artigianato: nel suo frenetico souk, costituito da un’infinità di passaggi, scale, cortili, che sfociano in un groviglio di vicoli costellati da botteghe, si possono ammirare le famose ceramiche dipinte col “blu di Fès”, i vassoi in rame, gli oggetti in cuoio e i gioielli in argento, il tutto avvolto nel pungente odore di mille spezie.
Nel tragitto verso Meknès, la terza delle città imperiali, non si può fare a meno di girovagare ancora nella regione di Fès, che è poi quella del Medio Atlante, con montagne imponenti, laghi cristallini e foreste di immensi cedri secolari, che ospitano gli ultimi esemplari delle pantere maculate. In mezzo ad eucalipti, palme ed oleandri ci si può placidamente immergere nella sorgente d’acqua calda magnesiaca della stazione termale di Sidi Harazem, mentre dirigendosi verso il Parco Nazionale di djebel Tazzeka ed oltrepassando foreste di sugheri, cedri e felci giganti, si incontra Taza. Fondata nel X secolo dai Berberi, offre Dar el Makhzen, la Grande Moschea, che contiene uno dei più spettacolari lampadari ad olio del Marocco, forgiato in bronzo con ben 524 ampolle.
Nel cuore della campagna ecco Meknès, la città imperiale di Moulay Ismaïl, attorniata per 45 km da una tripla muraglia rinforzata da bastioni. Si entra in città dal portale principale, Bab el-Mansour, il più bello del Marocco, e si scopre una città zeppa di palazzi, moschee, fontane, terrazzi, giardini e intricati souk, dove acquistare lavori in legno, mosaici o animali in metallo ricamati con fili d’argento. Da ammirare, in particolare, il magnifico mausoleo di Moulay Ismaïl e tra i palazzi quello di Jamai, antica dimora di un vizir che oggi ospita il Museo delle Arti del Marocco, con fastose collezioni di porcellane, pizzi, tappeti, gioielli e quant’altro ancora.
Nei dintorni di Meknès, in una campagna intercalata di piccole valli e punteggiata dagli ulivi, da oltre venti secoli sorgono la città romana di Volubilis con le sue splendide rovine e, sulle pendici del Monte Zerhoun, la città santa di Moulay Idriss, la città dai tetti verdi.

Nel sud del Paese, ai piedi dell’Atlante ma già protesa verso le dune del Sahara, Marrakech si staglia come un’oasi nel deserto. Fondata alla fine del IX secolo dagli uomini velati venuti dal Sahara, Marrakech, dalla quale proviene il nome stesso del Paese, è oggi la bellissima capitale del sud del Marocco. La sua piazza Jemaa el Fna, centro vitale della città, accoglie ininterrottamente danzatori, guaritori, scrivani pubblici, cantastorie, venditori ambulanti d’acqua o di spremute d’arancia, un mondo vorticoso che ha fatto di Marrakech il paradiso dei mercanti: berberi ed arabi, nomadi e popolazioni delle montagne vengono qui a vendere un artigianato sopraffino e a comprare i generi di necessità. Lo scintillio di questa città, totalmente rossa e color ocra, protetta da 800 anni dall’altissimo minareto della Koutoubia, è attorniato da un lato da palmeti e dall’altro da uliveti, mentre al suo interno i palazzi ed i monumenti rivaleggiano in bellezza e sfarzo. Come il Palazzo della Bahia, dal vasto patio dove gorgheggia una fontana, oppure il Museo di arte nazionale Dar Si Saïd, che nasconde inestimabili tesori fra cui, nella stanza della favorita, sontuosi tappeti che da soli valgono il viaggio. Da ammirare, ancora, le tombe della dinastia Saadiane, la médersa Ben Youssef con i suoi mosaici, le imponenti vestigia del Palazzo el Badii, costruito con materiali quali oro, onice e marmo italiano, il giardino della villa Majorelle, che pullula di uccelli di ogni specie. Se a sud di Marrakech si incontrano ospitali villaggi berberi, verso est sono gli stupefacenti paesaggi montani dell’Atlante i veri protagonisti, che ad Oukaimeden si concentrano nella più bella stazione sciistica del Paese.
Il Marocco non è certo finito qui. Sulla costa mediterranea, una tappa imperdibile è Tangeri, città romantica e cosmopolita che si affaccia sullo stretto di Gibilterra, con le sue case bianche, i terrazzi esposti al sole e le strette strade della Casbah.
Sulla costa atlantica spiccano Agadir, nota località di villeggiatura dal clima eccezionalmente dolce, e Casablanca, di cinematografica memoria, che stupisce per la sua grande moschea del XVIII secolo e per il capolavoro dell’arte marocchina moderna, la moschea Hassan II, la più grande mai costruita sul mare.
Ed infine rimane il grande sud, patria degli “uomini blu”, di cittadine raccolte come oasi e delle sterminate dune del Sahara.

SAPORI E PROFUMI DEL MAROCCO
Affrontare la cucina marocchina significa addentrarsi in un ambito cerimoniale particolarmente caratteristico. Per il pasto tradizionale, ci si accomoda su cuscini posti intorno ad un tavolo molto basso e dopo il “Bismillah” (lode a Dio) ciascuno prende la sua parte di cibo da un piatto comune.
La bevanda più tipica e presente in ogni occasione della giornata è il tè caldo alla menta, un’offerta da non rifiutare mai, poiché indica un gesto di ospitalità.
Considerata la migliore delle cucine orientali, quella marocchina è composta principalmente di legumi e frutta, di pesce e carne, il tutto arricchito da spezie rare e profumate.  Fra i piatti tipici si incontrano deliziosi spiedini di carne d’agnello o montone, cotti ed offerti all’aperto all’ingresso dei souk o nelle piazze, ma il piatto nazionale è il “couscous”. Tradizionalmente costituisce il pranzo del venerdì ed è composto da semola di grano cotta a vapore, condita con legumi, ceci, uvette, spezie, lesso di montone o di pollo, verdure... le varianti sono infinite.
Ci sono poi il “mechoui”, succulento agnello arrosto allo spiedo o al forno; il diffusissimo “tajine”, che in un piatto di terracotta decorata offre ragù di carne, di pollame, di pesce e di legumi stufati; il “tangia”, nome che indica sia il panciuto tegame di terracotta che lo squisito stufato di montone e spezie, cucinati lentamente, sotterrati nella cenere calda per tutta la notte; la “pastilla”, una sottile pasta sfoglia che racchiude un trito di piccione, zucchero, mandorle e spezie, ma può anche essere preparata con pesce, con pollo o con il latte per il dessert. Fra i dolci spiccano le torte al miele, i “cornetti” di gazzella, “feqqas” alle mandorle o all’uva sultanina e i “ghoriba” al sesamo.
Menzione a parte meritano i piatti del Ramadan, ossia del mese in cui la religione islamica impone il divieto di bere, mangiare e fumare dall’alba al tramonto. Quando il sole scompare il digiuno si rompe con la saporita “harira”, una minestra a base di carne, lenticchie, ceci; con i “beghrir”, piccole crèpes a nido d’ape servite con burro fuso e miele; con i “shebbakia”, dolci fritti nell’olio e avvolti nel miele. Si noti che questo è solo uno spuntino, che aiuta ad attendere la vera cena, servita nel corso della notte.

 

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