Vini di Valle d'Aosta

Vitigni antichi lungo la Dora Baltea

Circondata dalle più maestose vette delle Alpi, antica terra di passaggio per numerose popolazioni, immersa nell’incanto di una natura incontaminata e depositaria di numerose vestigia del passato, la Valle d’Aosta in estate è uno splendido e verdissimo giardino montano, mentre in inverno diviene un paradiso bianco e incantato, meta prediletta per quanti amano lo sci in ogni sua forma, ma anche per chi desidera calarsi nella magia di un’atmosfera rarefatta, silenziosa, a pieno contatto con la natura.

Il territorio valdostano, lungo un centinaio di chilometri, è solcato in tutta la sua lunghezza dalla Valle Centrale, che segue il corso della Dora Baltea da Courmayeur a Pont Saint-Martin e presenta versanti dalle caratteristiche climatiche e ambientali molto diverse tra loro: quello meridionale, detto “envers”, è ombreggiato, umido e coperto da fitte foreste di conifere sino a quote elevate; quello settentrionale, detto “adret”, è invece soleggiato ed asciutto.

Percorrendo la Valle Centrale, oltre alle bellezze della natura si incontrano spesso le testimonianze del passato, nei reperti preistorici e d’età romana, nelle torri e nei castelli medievali posti a difesa dell’imbocco di ogni valle laterale. Di particolare rilievo, per calarsi nella storia antica della Valle d’Aosta, la strada delle Gallie a Donnas, il forte e il borgo medievale di Bard, i Castelli di Issogne, Verrès e Fénis, Aosta con i suoi innumerevoli resti romani e la graziosa cittadina di Saint-Nicolas, che raccoglie la storia dell’etnia valdostana all’interno del Centre d’Etudes Franco-Provençales Abbé Cerlogne.

La Valle d'Aosta è la regione italiana con la più limitata produzione vinicola della penisola, ma ciò non significa che vada considerata, dal punto di vista enologico, l'ultima della classe. La viticoltura che si sviluppa lungo le sponde della Dora Baltea, tra Pont-Saint-Martin e Morgex, dai 300 metri della Bassa Valle ai 1200 dell'Alta Valle, vanta un’ottima produzione di qualità e può essere descritta sviluppando i due aggettivi che più la caratterizzano: antica ed eroica.

Quest'ultimo appellativo spesso si usa per definire quei distretti vinicoli in cui il lavoro dei contadini per coltivare la vite è particolarmente difficile. La viticoltura valdostana incarna appieno questa caratteristica. Infatti, le pratiche e le lavorazioni di preparazione, di sostegno e di mantenimento del terreno destinato a vigneto avvengono in condizioni di estrema difficoltà: anche sui pendii più impervi e disagevoli i contadini, per strappare alla roccia preziosi metri di superficie coltivabile, hanno nei secoli dovuto faticosamente costruire muri a secco, ripiani e terrazzamenti. Ma, fortunatamente, tutte le difficoltà vengono ripagate dalle caratteristiche dei prodotti che si ottengono dalle viti della regione. I vini, soprattutto quelli provenienti dall'Alta Valle, hanno una spiccata acidità e colori poco carichi ma certamente vivaci. Sono vini di alto valore perché unici: troviamo, infatti, lungo la Dora dei vitigni che non rintracciamo in nessun altro luogo al mondo.

Abbiamo anche definito "antica" la viticoltura valdostana. Nonostante dal punto di vista ufficiale le prime notizie storiche sulla vite nella regione risalgono a documenti datati anno 1032, la coltivazione dell'uva e la produzione di vino sono sicuramente antecedenti. Già in epoca romana era diffuso questo tipo di coltivazione e la fama dei vini regionali prodotti era tale che essi erano considerati prodotti ricchi e pregiati: la domanda locale era, in effetti, sempre superiore alla produzione. Dopo la caduta dell’Impero Romano, la coltivazione della vite regredì parecchio. Furono abbandonati molti ettari coltivati in seguito alle carestie causate dalle invasioni barbariche. Anche le varietà di vite messe a coltura dai pretoriani romani, non più curate dal lavoro dell'uomo, finirono con l’impoverirsi ed inselvatichirsi. Solo le varietà più resistenti riuscirono a sopravvivere e ad originare nuovi ceppi, quali Bonda, Crovassa, Mayolet, Cornalin, Vien de Nus, Prié Blanc, Premetta e Petit Rouge, che costituiscono un patrimonio varietale unico al mondo.

Queste varietà tipiche sono le uniche sopravvissute al flagello dell’oidio nel 1848, della peronospora nel 1886 e, infine, a quello dalla fillossera nel 1986 che distrusse quasi tutte le vigne d'Europa. Per questo motivo ancora oggi i vitigni tradizionali valdostani si appellano a varietà "a piede franco", ossia vitigni che non hanno bisogno di essere impiantati su piede di vite americana, resistente al terribile insetto. Ai vitigni autoctoni nel corso degli anni sono stati affiancati, fino a prenderne quasi il sopravvento, i vitigni alloctoni, ossia provenienti da altre terre: dalla Francia arrivarono Pinot Nero, Gamay, Cabernet, Chardonnay e Sauvignon mentre dal Piemonte furono importati Dolcetto, Grignolino e Bonarda. Oggi solo alcune zone dell'Alta e della Bassa Valle hanno mantenuto significative colture tradizionali, mentre nella ampia fascia centrale del distretto enologico valdostano ritroviamo in prevalenza le altre varietà.

La riorganizzazione del settore vinicolo avvenuta nel 1985 ha previsto per la regione una sola denominazione, la D.O.C. Valle d'Aosta o Vallée d'Aoste, suddivisa in sette sottodenominazioni, in riferimento ad altrettante aree di produzione: Arnad Montjovet, Blanc de Morgex, Chambave, Donnas, Enfer d’Arvier, Nus e Torrette. Dal punto di vista produttivo la superficie regionale dedicata alla viticoltura è di circa 5-600 ettari: all'inizio degli anni novanta erano circa un migliaio, mentre alla fine dell'800 gli ettari erano ben 4000. Il panorama produttivo è costituito per lo più da piccole aziende, a cui si alternano più rilevanti strutture di tipo cooperativo. In tutto la produzione si attesta, negli ultimi anni, attorno ai 30.000 ettolitri, di cui un quarto (7.000) è costituito da vini a denominazione.

Nonostante i numeri siano così esigui (in Valle viene prodotto solo lo 0,1% dei volumi dei vini D.O.C. italiani), la regione sta crescendo dal punto di vista qualitativo, grazie soprattutto alla ricerca svolta dell'Institut Agricole Régional, che persegue lo scopo di valorizzare l'agricoltura e la viticoltura di montagna. Importante per il miglioramento della qualità è l'apporto fornito dalle cantine sociali, che negli ultimi anni sono riuscite a produrre vini di alto livello, inseriti nelle più prestigiose e severe guide del settore.

Una sola denominazione ma tante specialità

Scendendo lungo il corso della Dora Baltea, subito dopo Courmayeur, incontriamo l'area di Morgex, fulcro del distretto vinicolo all'estremità occidentale della D.O.C. Valle d'Aosta, contraddistinto dalla sottodenominazione Blanc de Morgex et de la Salle. Questo vino viene prodotto con il vitigno Blanc de Morgex, nella zona della Valdigne, che vanta vigneti tra i più alti del mondo, ben 1.200 metri di altitudine. Il colore del vino è giallo paglierino, il suo profumo è delicato e ricorda le erbe di montagna, in bocca è secco, leggermente acido, lievemente frizzante e comunque molto delicato. Affinato per almeno tre mesi, ha una gradazione minima di 9° e viene prodotto nelle tipologie Spumante, Extra Brut, Brut e Demi-sec. Si abbina perfettamente ai piatti del territorio, in particolare con gli gnocchi alla Fontina, il Fromadzo fresco (formaggio semi dolce, dal gradevole profumo di latte, secondo D.O.P. regionale insieme alla Fontina) e il Lard d'Arnad D.O.P. (lardo prodotto nel comune omonimo e aromatizzato alle erbe di montagna).

La seconda tipologia che troviamo, spostandoci verso il capoluogo, è la Enfer d'Arvier, non lontana dai ghiacciai del Monte Bianco. In quest'area che fa capo al comune di Arvier si produce un rosso, di colore granato intenso, a partire da uve Petit Rouge, Vien de Nus, Neyret, Dolcetto, Pinot Nero e Gamay. Il suo aroma delicato, dal caratteristico bouquet, il suo gusto secco e leggermente amarognolo, lo rendono adatto ad accompagnare la Fontina, il Lard d'Arnad e il Vallée d’Aoste Jambon de Bosses D.O.P., prosciutto crudo locale, speziato con erbe di montagna e prodotto a 1600 metri di altitudine, nell’omonima località di Saint-Rhémy-en-Bosses, nella Valle del Gran San Bernardo.

Proprio sui pendii che circondano Aosta, si estende la coltivazione delle uve per la sottodenominazione Torrette. Prodotto prevalentemente con uve Petit Rouge, questo vino rosso si presenta con un colore rosso vivace e con riflessi violacei. Il suo profumo di rosa durante la maturazione si trasforma in un aroma mandorlato. Il Torrette deve avere una gradazione minima di 11°, mentre se raggiunge i 12° può fregiarsi della qualifica di Superiore-Supérieur. Il suo gusto secco e la sua struttura corposa lo rendono idoneo all'accostamento con piatti forti come la carbonade (il tipico spezzatino preparato con carne fresca o conservata sotto sale, messa a marinare nel vino con erbe aromatiche e verdure), il camoscio (coscia o filetto, messo a bagno nel vino rosso con aromi naturali, poi rosolato in tegame e spruzzato di grappa) oppure con la Fontina stagionata e il Jambon de Bosses.

Altro vino prodotto nel distretto vinicolo del capoluogo è il Nus, che viene vinificato in tre tipologie: il Rosso o Rouge, il Malvoisie e il Malvoisie Passito. Il primo ha un colore molto intenso, con riflessi granati e presenta il caratteristico odore vinoso persistente, mentre in bocca il suo gusto è molto vellutato. Grazie alle sue peculiarità, il Rosso è il vino idoneo da abbinare con la tradizionale fondue (crema a base di Fontina, con latte, burro e tuorli d'uovo, da servire con dadini di pane tostato, con la polenta o con il riso) o con la polenta grassa di Gressoney, arricchita di burro e formaggio. Il Malvoisie è invece un vino bianco, di colore giallo ambrato, con gradazione minima di 12°, dall'odore caratteristico e molto intenso e un sapore secco, da degustare con la tradizionale soupe paysanne (minestra di pane di segale, con cubetti di fontina, burro, cipolla e aromi). Il Passito è sempre un bianco, di colore ramato intenso, ma dal sapore amabile e molto alcolico (minimo 16,5°), adatto per accompagnare i dolci, in particolare i biscotti locali a base di mandorle chiamati Tegole di Aosta.

Anche il vino Chambave, prodotto nel comune omonimo e in quelli vicini, viene prodotto in tre tipologie. Il Rosso o Rouge è un vino secco e armonico, affinato un minimo di sei mesi, che può accompagnare felicemente la costoletta alla valdostana (fette di carré di vitello imbottite con fontina e prosciutto cotto e fritte nel burro). Il Moscato o Muscat è un bianco aromatico e secco, ottimo con i formaggi Reblec (fresco e cremoso) e Salignon (ricotta grassa salata tipica della valle di Gressoney), mentre il Passito è un bianco da dessert o da meditazione.

Nella Bassa Valle, nella zona del famoso lardo valdostano, si produce il vino Arnad-Montjovet. A partire da uve Nebbiolo, Dolcetto e Vien de Nus, si ottiene un rosso (anche in versione Superiore) dall'aspetto brillante e un profumo fine, lievemente mandorlato. Il suo sapore è secco e asciutto, tanto da renderlo idoneo ad accompagnare piatti forti come il camoscio, la carbonade e la robusta soupe cogneintze, composta da  pane di segale raffermo spezzettato, cubetti di fontina, riso e brodo di carne.

Dal ristretto territorio montuoso al confine con il Piemonte, troviamo l'ultima sottodenominazione, il Donnas. Questo vino, dalla gradazione minima di 11,5°, è un rosso brillante che tende al colore granato con l'invecchiamento. Al naso si presenta fine e mandorlato, in bocca è secco, vellutato, di medio corpo. Il Donnas, che invecchia obbligatoriamente per almeno due anni,  si abbina ai salumi e ai piatti di carne del territorio e anche alla tipica soupe valpellinentze, piatto composto da patate, cavoli lessati, fontina e brodo di carne, il tutto passato al forno.

 

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