Castelseprio

Parco archeologico e Torba

Parco archeologico di Castelseprio

Il parco archeologico dell'antica Castel Seprio (Castel Sevar in lombardo occidentale e Castel Sever o Visevar in milanese e varesotto) è costituito dai ruderi dell'omonimo insediamento fortificato e del suo borgo, nonché dalla poco distante chiesa di Santa Maria foris portas.

Dello stesso unicum archeologico è il Monastero di Torba, che è però gestito dal FAI. Dichiarato il 26 giugno 2011 Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, il parco è stato istituito successivamente alla riscoperta del sito da parte di Gian Piero Bognetti negli anni cinquanta.

Storia

Età antica

Gli scavi hanno evidenziato una frequentazione del luogo a partire dall'età pre- e protostorica, con una necropoli dell'Età del ferro di matrice insubre presso l'attuale chiesa di S. Maria foris portas. La fondazione del castrum Sibrium sembra risalire al IV-V secolo in relazione a una linea difensiva contro le grandi migrazioni di popoli germanici. Il luogo si trovava inoltre all'incrocio dei fascio di strade della direttrice Como-Novara.

Alto medioevo
Durante l'età bizantina e longobarda, Castel Seprio viene ricordato come civitas, cioè come centro di un ampio distretto territoriale. Tarde fonti ravennati come Geografo Guidone e l'Anonimo Ravennate riportano la dicitura Sibrie o Sibrium, alla latina, per rendere il fonema Séverum. In età carolingia, si costituì il Contado del Seprio.

Basso medioevo
Tra il 1285 e il 1287 l'insediamento venne completamente raso al suolo ad opera dei milanesi durante la lotta contro i Torriani. L'arcivescovo di Milano Ottone Visconti ne decretò il perpetuo abbandono, ad eccezione delle chiese, che vennero officiate fino al XVII secolo. L'interesse degli eruditi milanesi per questo luogo storico si fece vivo sin dal XIV secolo. Nel 1339 Galvano Fiamma cita che nel Monastero di Torba fu rinvenuta la tomba di un re longobardo. Nel XV secolo fu Ciriaco Pizzicolli a effettuare la trascrizione di alcune lapidi romane inserite nelle murature superstiti.

Età moderna
Nel 1541 l'erudito Bonaventura Castiglioni nella sua Gallorum Insubrium antiquae sedes è il primo a compilare una descrizione dei ruderi.

Età contemporanea
Nel 1809 il Nobile Parochetti di Gornate Olona demolì i ruderi di una casa-torre per cavarne materiale edile e scoprì lapidi e vestigia gallo-romane. Su tale spunto, la famiglia milanese degli Archinto, collezionisti di antichità, acquistarono l'area e delegarono lo studioso Corbellini di estrarne resti.

Nel 1944 Gian Piero Bognetti scoprì e rese pubbliche le pitture della chiesa di Santa Maria foris portas, che al tempo era diventata un magazzino agricolo. Fra il 1946 e il 1947 ebbero inizio le prime indagini archeologiche sistematiche sotto il controllo delle Soprintendenze alle Antichità e ai Monumenti, in collaborazione col Museo di Varese. Direttore era lo storico Mario Bertolone.

Da allora, diverse furono le campagne di scavo:
1954-1958, in cui riapparvero i complessi religiosi e le cinte turrite;
1962-1963, detta dei polacchi, poiché affidata all'Istituto di Cultura Materiale di Varsavia;
1965-1973, eseguita dalla Soprintendenza Archeologica con la Società Gallaratese di Storia Patria;
1977-1979, dell'Istituto di Archeologia della Università Cattolica di Milano per conto della Soprintendenza Archeologica della Lombardia con contributi del CNR.
Nel 2009 è stato inaugurato un'Antiquarium all'interno del Parco.

Monumenti

Il castrum

Le costruzioni presenti sul pianoro sono a carattere militare (ponte e torrione d'ingresso, mura di cinta, torri difensive e una casaforte), civile (case di abitazione, pozzi, cisterne) e religioso.

Il complesso basilicale di San Giovanni Evangelista

Particolare della basilica di S. Giovanni
La grande basilica, a pianta rettangolare, era divisa in tre navate (V secolo). In un secondo momento venne arricchita da un'abside centrale e in seguito da un'absidiola. Girando attorno al luogo di culto si trovano i resti di una grande cisterna, di un ambiente ristretto (forse una sacrestia), il basamento di una torre campanaria e una zona cimiteriale, di cui si conservano solo un paio di lastre tombali longobarde. Il battistero è un edificio a pianta ottagonale che in origine aveva una piccola abside. Al suo interno si conservano due vasche battesimali. Può essere databile al V secolo.

La chiesa di San Paolo
Piccola chiesa a pianta esagonale, dotata di abside, ambulacro e loggiato. Probabilmente di età romanica.

Cascina S. Giovanni, l'Antiquarium
Il piccolo monastero a corte, forse costruito nel XIV secolo, ospitava una comunità regolare. All'interno le pareti dell'oratorio conservano affreschi tardorinascimentali e seicenteschi. L'Antiquarium, recentemente allestito, espone materiali che illustrano i primi insediamenti preistorici, la vita del castrum dalla sua fondazione in età tardoromana, attraverso il momento di fioritura nell'altomedioevo, sino alla distruzione ed oltre. Tra i reperti spiccano i resti di decorazione ad affresco recuperati negli interventi archeologici all'interno degli edifici di culto e la ceramica rinascimentale emersa nel corso degli scavi dello stesso edificio.


Il borgo
La zona dell'abitato si sviluppa ad occidente del castrum. Di questo borgo oggi rimangono una serie di resti parzialmente affi
oranti e ricoperti dalla boscaglia. Le fonti ricordano fossati, porte, una piazza e qualche edificio, tra cui, probabilmente, una chiesa dedicata a S. Lorenzo.

La chiesa di Santa Maria foris portas
La piccola chiesa, a pianta triconca, racchiude nell'abside un prezioso ciclo pittorico che raffigura le Storie dell'Infanzia di Cristo, ispirate ai Vangeli apocrifi. Il tema è antiariano, volto a sostenere la tesi dell'unicità della natura umana e divina del cristo. La datazione degli affreschi è problematica e oscilla tra la fine del VI e il IX secolo. Si è soliti fissare il 948 come termine ante quem in quanto un'iscrizione graffita cita Arderico, che fu vescovo di Milano dal 936 al 948.


Monastero di Torba

Il monastero di Torba si trova a Gornate Olona, località Torba, alle pendici dell'altura su cui è situato il parco archeologico di Castelseprio. L'insieme fa parte del sito seriale "Longobardi in Italia: i luoghi del potere", comprendente sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell'arte longobarda, iscritto alla Lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel giugno 2011.

Il primo nucleo del complesso (detto castrum) sorse per opera dei Romani nel IV-V secolo d.C. come uno degli avamposti militari edificati a scopo difensivo contro i Barbari lungo la fascia nord-occidentale delle Alpi. La zona del fiume Olona dove sorge Torba, detta Sibrium, in età romana costituiva infatti un luogo di importanza strategica sia per l'approvvigionamento delle acque, sia per la posizione lungo un fondamentale asse di comunicazione transalpino.

Il castrum venne utilizzato nei secoli successivi anche da Goti, Bizantini e Longobardi. Fu proprio durante il lungo periodo della pax longobarda che il complesso di Torba, perdendo il suo scopo militare, acquisì una funzione civile e, in seguito, religiosa, grazie all'insediamento, nell'VIII secolo, di un gruppo di monache benedettine che fece costruire il monastero e che aggiunsero all'edificio originale i locali che ospitavano le celle, il refettorio e la sala di preghiera, oltre a un portico a tre arcate e, nell'XI secolo, la piccola chiesa intitolata alla Vergine. Durante l'epoca franca il Seprio divenne sede di un contado, acquisendo così anche una funzione agricolo-produttiva; nei secoli successivi il sito divenne terreno di scontro fra alcune delle più potenti famiglie milanesi, in particolare tra i Della Torre e i Visconti nel XIII secolo: nel 1287 Ottone Visconti, per eliminare ogni traccia dei rivali, ordinò l'abbattimento di tutto il castrum, a eccezione degli edifici religiosi (all'interno dei quali era nel frattempo stata inglobata anche la torre romana).

Dai documenti conservati (le prime testimonianze scritte risalgono al 1049) è possibile ricostruire la storia del monastero, particolarmente articolata soprattutto nel periodo rinascimentale. Ristabilito l'ordine, molte famiglie nobili si avvicendarono per incaricare come badessa una persona della propria stirpe, sino ad arrivare ai Pusterla, ai quali si deve il definitivo trasferimento delle monache a Tradate, nel 1482, lasciando la cura della terra a massari. Iniziò quindi il cosiddetto "periodo agricolo" del complesso, finché, in epoca napoleonica, nel 1799, con le soppressioni degli ordini religiosi Torba perse definitivamente lo status di monastero. L'intera costruzione venne in tal modo riadattata alle mansioni agricole: il portico venne murato, l'entrata della chiesa ampliata e trasformata in magazzino per carri e attrezzi e tutti gli affreschi vennero coperti da un nuovo intonaco.

I secoli successivi furono contrassegnati da numerosi passaggi di proprietà, fino al 1971, epoca in cui l'ultima famiglia di contadini abbandonò il sito. Dopo anni di incuria e abbandono, il complesso venne acquistato nel 1977 da Giulia Maria Mozzoni Crespi che lo donò al Fondo Ambiente Italiano, il quale ha provveduto a ristrutturarlo. Nel 1986 si conclusero i lunghi lavori di restauro che consentirono di aprire la proprietà al pubblico.

Un frammento dei resti degli affreschi

La chiesa venne costruita in diverse fasi tra l'VIII e il XIII secolo, utilizzando pietre di origine fluviale, raccolte dalla vicina Olona e legate tra loro da sabbia e calce. Al proprio interno ingloba parti di un precedente edificio ecclesiastico: all'interno della chiesa sono infatti ben visibili i resti di un campanile a pianta quadrata presente antecedentemente alla costruzione. La muratura esterna dell'abside, a ciottoloni, è scandita da quattro lesene che delimitano cinque campiture entro cui sono state ricavate monofore strombate. Il perimetro superiore è decorato con archetti pensili in cotto, che creano un interessante gioco cromatico, caro al romanico lombardo. All'interno della chiesa sono poi state rinvenute alcune tombe e una cripta ad ambulacro, riferibile all'VIII secolo, cui si accede da due scale di pietra poste sulle pareti laterali. Di originale forma rettangolare venne in seguito ampliata durante i secoli XII e XIII tramite l'inserimento della parte absidale, eretta con tufo e mattoni. Per restituire il volume originario degli interni, sopra la cripta è stato posizionato un soppalco removibile in legno.

Le raffigurazioni pittoriche a calce sono, a causa del loro stato di conservazione, alquanto frammentarie e non permettono l'esatta identificazione dei soggetti. Due sono le fasi identificabili degli affreschi: una più antica, del IX-X secolo, e una successiva, dell'XI-XIII: a quest'ultima datazione sono riferibili alcuni frammenti visibili sul corpo del campanile, tra cui si identifica il volto di Gioacchino, accompagnato dall'iscrizione (A)KIM. La varietà della tessitura muraria esterna testimonia la tormentata storia che la chiesa ha subito nei secoli.

Il monastero
I restauri del FAI hanno riportato alla luce anche i grandi archi del portico del corpo del monastero, ora sede del ristoro, impostato sulla spina romana della muratura di Castelseprio, ancora visibile all'interno del refettorio, dove possiamo anche ammirare il grande camino originario. I portici testimoniano inoltre l'ospitalità dell'ordine monastico a pellegrini e viaggiatori, che potevano così riposare al coperto e usufruire del forno attorno al quale è posizionata la scala che sale al piano superiore della torre.

La Torre di Torba
La torre, con funzione di avvistamento all'interno del sistema difensivo romano, ne diventa così la punta avanzata verso il fiume Olona, e rappresenta una delle poche testimonianze rimaste nel nord Italia di architettura romana difensiva del V-VI secolo. Costruita con materiale tratto dalla demolizione di complessi cimiteriali romani, essa è caratterizzata da una struttura possente, ma al contempo slanciata. I muri perimetrali infatti si assottigliano progressivamenti dalla base (in cui hanno una profondità di circa 2 m) fino alla copertura della torre (circa 85 cm), creando una serie di gradini (detti "riseghe") visibili sia all'interno che all'esterno della struttura architettonica, alta più di 18 m. Gli angoli dei muri a valle sono inoltre rinforzati da contrafforti. In corrispondenza degli spigoli della torre a nord-ovest e a sud-ovest si immorsa la cinta muraria che saliva lungo tutto il pendio sino a raggiungere il castrum.

Gli interni della torre rivelano in modo più evidente la complessa storia dell'edificio: al primo piano infatti, accanto alle finestre a feritoia di epoca militare, figura una finestra ogivale del XV secolo. I lacerati di affresco conservati sulle pareti e gli incavi ricavati nella muratura testimoniano come, in epoca longobarda, questa stanza fosse stata destinata a sepolcreto delle badesse della comunità. Da notare fra gli affreschi ancora leggibili la figura di una monaca che riporta nell'iscrizione il nome tipicamente longobardo di Aliberga, e una croce con l'alfa e l'omega sui bracci orizzontali. Fra i materiali reimpiegati per la costruzione del piano spicca una lapide romana in marmo con il rilievo di un elmo crestato.

Tra l'VIII e l'XI secolo il secondo piano fu adibito a oratorio dalle monache, come testimonia la presenza dell'altare (oggi perduto) e delle raffigurazioni a carattere religioso delle pareti. Sulla parete est vi è una rara testimonianza di velario, al di sopra del quale si trova la figura di un Cristo Pantokrator imberbe e in trono, affiancato da due angeli e accanto al quale in origine dovevano essere raffigurati anche la Vergine e gli apostoli (attualmente si distinguono solo san Giovanni Battista, probabilmente atto a formare una Deesis con Maria, e forse san Pietro); sulla parete ovest scorre invece una teorie di santi martiri e sante (l'unica riconoscibile è sant'Eufemia, grazie a un frammento di nome), al di sotto della quale sono raffigurate otto monache in processione, con un espressionistico atteggiamento delle mani in preghiera; sulla parete sud restano parti di affresco raffiguranti la Vergine col Bambino e una committente inginocchiata con un cero in mano; infine, sulla parete nord, appare il resto di una testa di leone, che alcuni vorrebbero identificare con quello di san Marco.

Testi tratti da: https://it.wikipedia.org/wiki/

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