Viterbo

Viterbo: il fascino della "Tuscia"

Tuscia”, un nome che evoca antiche suggestioni, culture che si perdono nei secoli, borghi e castelli dove sono le pietre a parlare. Un paesaggio dominato dalla natura, dove le cime più alte sono incorniciate dai faggi ed i colli sono rivestiti dai boschi di querce e castagni, dove il verde è squarciato dalla grande conca azzurra del Lago di Bolsena, limpide acque dalla bellezza infinita. Un territorio che dalla costa tirrenica, sabbiosa e punteggiata dalla tipica vegetazione mediterranea, si inoltra nella vasta distesa della Maremma laziale, con campi dorati, oliveti e vigneti, scala i dolci rilievi dei colli sino a giungere ai mille metri del Monte Cimino e quindi ridiscendere nella Valle del Tevere.

E’ la provincia di Viterbo, che si allarga tra Roma, la Toscana, il Mar Tirreno e l’Umbria: culla della civiltà etrusca, ricca di vestigia romane, disseminata di rocche e centri medievali, adornata di ville e palazzi rinascimentali e barocchi. Un patrimonio storico, artistico e naturale discosto dai più frequentati circuiti turistici, calato in una terra dove l’agricoltura rappresenta ancora l’aspetto più rilevante della civiltà locale e dove i più genuini prodotti dei campi, insieme a quelli del mare e dei laghi, fanno in modo che la gastronomia sia un’altra grande ricchezza da offrire al visitatore.
Al centro di questo affascinante panorama, cuore della Tuscia è Viterbo, il suo capoluogo e la sua città più grande, racchiusa come uno scrigno entro una cinta muraria ben conservata, risalente agli inizi dell’anno Mille. Le mura si aprono con la Porta Fiorentina e Viterbo si annuncia subito con la poderosa Rocca Albornoz, sede del Museo Archeologico, con la chiesa gotica di San Francesco, all’interno della quale spiccano i mausolei di Adriano V e Clemente IV, e con una delle numerose e caratteristiche fontane a tazze sovrapposte. Il cammino, da effettuare rigorosamente a piedi per non lasciarsi sfuggire la raffinata eleganza degli svariati palazzi aristocratici, prodegue verso Piazza del Plebiscito, dove campeggia il Palazzo dei Priori, la cui Sala Regia ospita una bellia serie di affreschi cinquecenteschi.
Dirigendosi verso il raccolto quartiere medievale di San Pellegrino, dove il tempo sembra essersi fermato tra gli archi e le torri di pietra, si incontra in tutta la sua maestà il Palazzo dei Papi, sede dello storico conclave del XIII secolo, quando i viterbesi racchiusero nel palazzo i cardinali affinché venisse accelerata la scelta del pontefice.
Dal punto di vista prettamente artistico, Viterbo esprime le proprie bellezze sia nelle austere chiese alto-medievali, come Santa Maria Nuova, San Sisto e San Giovanni in Zoccoli, che nel notevole Museo Civico, suddiviso nella sezione archeologia e pinacoteca, dove spicca in particolar modo la “Pietà” di Sebastiano del Piombo.

Nei dintorni di Viterbo, invece, è da ammirare innanzitutto il raffinato Santuario rinascimentale della Madonna della Quercia, mentre un altro imperdibile gioiello del Rinascimento è costituito dalla Villa Lante, a Bagnaia, circondata da uno splendido giardino con vasche e fontane zampillanti.
Scendendo poco più a sud il felice incontro è con San Martino al Cimino, alle porte della Riserva Naturale del Lago di Vico: definito un “paese-modello” per il suo impianto seicentesco, questo gioiello del barocco romano è dominato dal Palazzo Doria Pamphili e dall’imponente chiesa abbaziale risalente ai Cistercensi di Pontigny.
Ma sono ancora numerose le gemme della Tuscia, a partire dai centri storici ed archeologici, sui quali Tarquinia primeggia grazie alla vasta necropoli etrusca, famosa per gli affreschi alle pareti risalenti al VI-III sec. a.C., che raffigurano scene di vita del defunto, caccia, banchetti, danze, giochi, animali, demoni ed altro ancora.
L’antichissima aria della Tuscia si può respirare anche a Tuscania, ammirando i sarcofagi dei Curunas del IV-II sec. a.C. (la città possiede anche mirabili chiese romaniche, capolavori dell’arte paleocristiana), a Vulci con bronzi e buccheri ad impasto nero, a Ferento con i ruderi del teatro romano, a Faleri Novii con le mura ciclopiche dell’antico abitato e nei centri di Blera, Barbarano Romano, Norchia e Castel d’Asso, dove si possono scoprire le necropoli rupestri scavate nel tufo e avvolte da una fitta vegetazione.

Attraversando la provincia di Viterbo, poi, sarà facile stupirsi di fronte agli innumerevoli paesini medievali, ma nulla è più caratteristico di Civita di Bagnoregio, nota come “il paese che muore” (oggi in gran recupero), poiché le sue case, in gran parte disabitate, sono aggrappate ad un costone di tufo che poggia su una melma di argille franose. Questo antico borgo di una cinquantina di abitanti si raggiunge percorrendo, esclusivamente a piedi, uno spettacolare ponte sospeso sopra la Valle dei Calanchi, e una volta in centro saranno il silenzio ed il fruscìo del vento ad avvolgervi, poiché il flebile chiaccherio che fuoriesce dalle case si smorza dietro il primo angolo.

Infine, non si può davvero lasciare la terra di Tuscia senza essersi immersi nel paradiso del Lago di Bolsena, circondato dai Colli Vulsini, ammantati dai vigneti e uliveti e affiancato dalla vecchia strada consolare Cassia, la famosa Via Francigena che nel corso dei secoli ha portato milioni di pellegrini a Roma. Si tratta del lago vulcanico più grande d’Italia ed i suoi 114 Kmq di estensione racchiudono acque limpidissime e pescose, tra le quali emergono le due isole di Martana e Bisentina, dolci oasi di verde chiazzate da agavi giganti, lecci secolari e profumati roseti selvatici. Da non perdere anche i tre centri che si affacciano sulle sponde del lago: Bolsena, Capodimonte e Marta. Se quest’ultima è un pittoresco paese di pescatori e Capodimonte, dominata dal Palazzo Farnese, offre panorami di rara bellezza, Bolsena, “Volsinii” per i Romani, ha una lunga storia da raccontare: a partire dagli Etruschi, passando per le catacombe romane di Santa Cristina, la monumentale collegiata dove nel 1263 ci fu un famoso miracolo del Corpus Domini, sino allo svettante Castello Monaldeschi, che parla di medioevo.
Ma le storie da raccontare, qui nell’antica Tuscia, sarebbero ancora molte...

LA TUSCIA IN TAVOLA
La semplicità di una cucina basata essenzialmente su prodotti genuini, come l’olio extravergine d’oliva, gli ortaggi, i legumi e i cereali, ha dato vita ad una gastronomia dall’infinita ricchezza di profumi e sapori.
Se tra un pasto e l’altro il palato si può deliziare con una grande varietà di bruschette, crostini e frittelle, si incontrano poi dei succulenti piatti unici, come l’”acquacotta” (una sostanziosa zuppa di cicoria, patate, pomodori, cipolla, mentuccia e peperoncino, a cui si aggiungono baccalà e uovo), la “sbroscia” (zuppa di pesce di lago), la “scafata” (zuppa di fave fresche e pancetta), la “pezzata” (zuppa con carne di pecora), la “pignattaccia” (stufato con ritagli di carni e verdure).
Fra i primi piatti un posto d’onore spetta alle pastasciutte tipiche: le fettuccine ai funghi ferlenghi, i “lombrichelli” (pasta fatta con acqua e farina), le papardelle alla lepre, i rigatoni con la “pagliata” (trippa), gli gnocchi con le patate e il tradizionale “fieno” (pasta finissima) di Canepina. Sempre tra i primi si annoverano le tradizionali zuppe di verdure e legumi, particolarmente apprezzate nella gastronomia viterbese: pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta e patate, ceci e castagne, pasta e broccoli, riso e lenticchie.
I secondi piatti si fanno onore soprattutto con la carne, alla griglia con “agnello a scottadito”, spiedini di maiale e bistecche maremmane, e in ricchi piatti come il pollo al pomodoro, il coniglio e l’”abbacchio” (agnello) arrosto a “alla cacciatora”, il fritto misto di cervello, fegato, carciofi e funghi, il cinghiale “al bujone”, la porchetta di maiale e la trippa al sugo.
Da non trascurare, comunque, le specialità a base di pesce, cucinato in tutte le sue varianti lungo la costa, mentre sul Lago di Bolsena vantano nobili tradizioni le anguille, il coregone e i lattarini.
Si conclude degnamente con gli ottimi vini del territorio, fra i quali spicca senza dubbio un bianco secco dal leggendario nome, l’”Est! Est! Est!” di Montefiascone, ma si possono apprezzare, tra rossi e bianchi, il Colli Etruschi, il Colli Cimini, il Valle del Tevere, mentre fra quelli dolci abbiamo il Cannaiola di Marta e l’Aleatico di Gradoli, che ben accompagnano la tipica pasticceria casereccia, dove le nocciole e le castagne sono protagoniste.

 

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