All’VIII edizione del World Tourism Unesco (WTU), al Complesso Museale Santa Maria della Scala a Siena, il Lazio presenta due preziosi “nuclei verdi” ubicati nell’Appennino laziale, precisamente nei comuni di Soriano nel Cimino, sui Monti Cimini e Oriolo Romano sul Monte Raschio nel Parco naturale di Bracciano-Martignano, che ospitano faggete secolari. Si tratta di due delle diecifaggete italiane che si estendono dalla Toscana alla Calabria, facenti parte del “sito diffuso delle faggete secolari” di 13 Paesi del continente europeo (Germania, Croazia, Italia, Bulgaria, Spagna, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Austria, Belgio, Romania, Ucraina, Albania). L’alto riconoscimento è arrivato lo scorso 7 luglio da Cracovia, dove erano riuniti i membri dell’Unesco che hanno preso la decisione al termine di un lungo processo avviato dieci anni fa dal Ministero dell’Ambiente e dai Carabinieri forestali italiani con l’Ucraina e la Slovenia. La motivazione è stata individuata nella elevata naturalità di questi ecosistemi dominati dal faggio, rappresentativi della diversità dei processi ambientali nella Regione del Mediterraneo Centrale.
In particolare, la faggeta vetusta dei Monti Cimini, che racchiude alberi alti fino a 50 metri, è stata a lungo studiata e spiegata con meticolosità scientifica dai docenti del DAFNE – Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università della Tuscia -per l’unicità degli aspetti ecologici e strutturali. |
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Oltre agli aspetti naturali, legati all’importanza geologica e all’eccezionale bellezza, questo riconoscimento contribuirà ad assicurare alle generazioni future un capitale naturale di inestimabile valore. Alle diverse istituzioni europee coinvolte, spetterà l’onere di condividere piani di monitoraggio e prassi di buona gestione, per la loro conservazione.
Altra novità al WTU per il Lazio è la candidatura del famoso borgo di Civita di Bagnoregio nella Tuscia, presentata nel mese di maggio 2017 dal Presidente della Regione Nicola Zingaretti alla Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unesco che ha provveduto ad iscrivere Civita di Bagnoregio e il suo «Paesaggio Culturale» nella Lista Propositiva Italiana (Tentative List).
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Avviando l’iter per far entrare il piccolo borgo della Tuscia nel “ghota” dei beni materiali e immateriali del Patrimonio Unesco, si concorre a farlo uscire dal cono d’ombra che lo ha paralizzato per un lungo periodo, facendo parlare di Civita come la “città che muore”. In realtà, negli ultimi 5 anni, il Comune è divenuto la prima località europea per crescita della popolazione turistica, suscitando grande interesse per il coniugarsi dei processi geomorfologici ad elevata intensità e la capacità di adattamento dell’uomo ad un ambiente ostile.
Lazio eterna scoperta. Anche nell’edizione 2017 del World Tourism Unesco, l’Agenzia regionale del Turismo presenterà le altre perle preziose del Lazio, continuando a promuoverle per meglio conservarle e tutelarle. I siti UNESCO:
- Villa Adriana (Tivoli) – 1999
- Villa d’Este (Tivoli) – 2001
- Necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia – 2004:
– Necropoli etrusca della Banditaccia (Cerveteri)
– Necropoli etrusca dei Monterozzi (Tarquinia)
- La Convenzione per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale ha riconosciuto quale Patrimonio mondiale anche la Celebrazione delle grandi strutture processionali a spalla – 2013:
– Macchina di Santa Rosa (Viterbo)
- Centro storico di Roma – 1980
Questi luoghi contribuiscono a far conoscere un territorio splendido e policromo che offre scenari naturali spettacolari ed intatti, bellezze artistiche e siti archeologici unici tra i più importanti della cultura giudaico-cristiana e di quella occidentale moderna che proprio qui mossero i primi passi e continuano ad offrirsi, con le numerosissime testimonianze storiche, come faro di civiltà.
Villa Adriana a Tivoli (sito UNESCO dal 1999), costruita tra il 118 e il 138 d.C. nel contesto paesaggistico ricchissimo di fonti d’acqua dell’antica Tibur, a due passi da Roma. Residenza dell’Imperatore Adriano, la più grande villa mai appartenuta ad un imperatore romano (superava, con gli oltre 120 ettari di cui 40 attualmente visitabili, l’estensione della città di Pompei). E’ una esposizione a cielo aperto dell’archeologia imperiale e della grandiosità delle opere architettoniche di epoca romana. Sotto a sinistra, ne vediamo la riproduzione in un plastico.
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Sopra a destra Villa d’Este (sito UNESCO dal 2001), anch’essa situata nell’area naturalistica dell’antica Tibur, ma è una incantevole residenza estiva di epoca rinascimentale. Il Cardinale Ippolito II d’Este, per realizzare il maestoso progetto del palazzo e del parco con fontane, ninfei, grotte, giochi d’acqua, capolavoro del giardino italiano, riuscì ad ottenere il permesso di utilizzare il marmo della Tomba di Cecilia Metella sull’Appia Antica, in gran parte sfruttato per dare corpo alle cinquanta fontane e ai molteplici zampilli che ancora oggi allietano con musiche idrauliche gli spazi esterni.
Di epoca preromana sono i tesori di una cultura, per molti aspetti ancora misteriosa, quella etrusca, che influenzò la successiva civiltà romana e diede a Roma gli ultimi tre Re: Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo.
Le Necropoli etrusche della Banditaccia a Cerveteri e dei Monterozzi a Tarquinia nel Lazio settentrionale (sito UNESCO dal 2004), sono esempi dell’architettura funeraria, ma anche riproduzione dei centri abitati e delle case etrusche. Gli affreschi all’interno delle tombe, infatti, riproducono in maniera fedele la vita quotidiana, mentre i tumuli ricalcano le tipologie di edifici purtroppo scomparsi senza lasciare testimonianze in nessun altra forma se non quella funeraria.
Il sito archeologico di Cerveteri ha il fascino di un vero e proprio contesto urbanistico, simile a quello di una città, con strade, piazzette e quartieri, la cui tipologia varia in relazione al periodo storico e allo status della famiglia cui appartenevano le tombe. Dal 2012 il tutto è accompagnato da un percorso di visita multimediale che ne facilita la comprensione.
La necropoli di Tarquinia, che si estende per circa 150 ettari, è famosa per i dipinti conservati nelle sue tombe, ricavate nella roccia e accessibili da corridoi inclinati o gradini. Qui ne vediamo un esempio: il dipinto della tomba dei leopardi, una delle opere più significative e importanti dell’arte funeraria etrusca per datazione – 473 a.C. – e per stato di conservazione.
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La Macchina di Santa Rosa, consiste in una torre illuminata da fiaccole e luci, progettata ex novo ogni 4-5 anni, con la stessa perizia dei migliori architetti rinascimentali e realizzata con meticolosa sapienza artigianale. Sorretta da una infrastruttura interna in metallo e vetroresina, è alta circa trenta metri e pesante cinque tonnellate.
Le origini del trasporto della Macchina di Santa Rosa (dal 2013 patrimonio culturale immateriale UNESCO) si fanno risalire agli anni successivi al 1258, anno in cui, per volere di Papa Alessandro IV, il corpo di Santa Rosa, vissuta nel XIII secolo, venne fatto traslare dalla Chiesa di S. Maria in Poggio al Santuario a lei dedicato. Nella “Città dei papi”, capoluogo della Tuscia, il 3 settembre(vigilia della festa viterbese per antonomasia) di ogni anno, si svolge la cerimonia, considerata una tra le più importanti del Lazio, legate alla tradizione popolare.È un evento suggestivo e spettacolare che si snoda lungo un percorso gremito da migliaia di persone che, con il fiato sospeso, assistono allo sforzo dei cento “Facchini” per sollevare e portare a spalla la Macchina. Il baldacchino, ha assunto nel tempo dimensioni sempre più grandi, quello attuale, progettato da Raffaele Ascenzi e utilizzato dal 2015, è denominato “Gloria” in onore della tradizione secolare che vede i viterbesi portare in gloria la loro Santa Patrona. Sotto una foto del 2016 |
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Ed infine ROMA, Caput Mundi, la “città eterna”, il cuore pulsante del Lazio. Il suo centro storico è sito UNESCO dal 1980. Nel 1990 l’area del sito è stata estesa, comprendendo attualmente 25.000 punti di interesse ambientale e archeologico, visitati dai turisti di tutto il mondo.
Come presentarli tutti? Quest’anno focalizziamo l’attenzione su:
- I PONTI STRATEGICI PER COLLEGARE LE ZONE URBANE SULLE DUE SPONDE DEL TEVERE:
PONTE MILVIO, uno dei più antichi di Roma, viene ricordato con questo nome per la prima volta da Tito Livio in relazione alla battaglia del Metauro (207 a.C.) e successivamente (312 d.C.) per quella (famosa per “in hoc signo vinces” – “con questo segno vincerai”,) tra Massenzio e Costantino I, la cui vittoria segnò l’inizio di una nuova era per tutto l’impero. Il ponte è costituito da sei arcate, una delle arcate centrali, fu fatta saltare dai garibaldini nel 1849 e quindi restaurata da Pio IX.
PONTE FABRICIUS, il ponte romano meglio conservato, fu costruito nel 62 a.C., in sostituzione di una più antica struttura lignea già esistente, secondo quanto dice Livio, nel 192 a.C., ma sicuramente antecedente, essendo necessaria per raggiungere l’isola Tiberina, dove nel 291 a.C., era stato dedicato il tempio ad Esculapio. Il nome del costruttore è ripetuto quattro volte nelle ghiere degli archi L(ucius) Fabricius G(aii) f(ilius) cur(ator) via(rum) faciundumcoeravit (Lucio Fabrizio figlio di Gaio, curatore delle strade intraprese la costruzione).
PONTE SANT’ANGELO, l’antico ponte Elio costruito dall’imperatore Adriano nel II sec. d. C., fu decorato nel 1534, con due statue raffiguranti i santi Pietro e Paolo. Nel 1667 assunse l’attuale celeberrima configurazione per volere del pontefice Clemente IX che affidò a Gian Lorenzo Bernini un nuovo progetto decorativo. Il Maestro trasformò il ponte in una monumentale Via Crucis e, sfruttando l’effetto scenografico del cielo e dell’acqua, ideò uno spettacolare corteo di dieci angeli recanti i simboli della Passione di Gesù. Considerato la “porta del Giubileo”, in quanto fin dall’antichità via privilegiata di collegamento tra la città e la basilica di San Pietro.
PONTE SISTO, primo ponte edificato in epoca moderna, per volere del pontefice Sisto IV della Rovere (1471-1484), in occasione del Giubileo del 1475, per permettere la comunicazione diretta tra il rione Trastevere (e il Vaticano) ed il resto della città.
PONTE VITTORIO EMANUELE II, edificato immediatamente a valle di ponte S. Angelo, per consentire il collegamento tra i Borghi e il cuore della città attraverso il nuovo Corso Vittorio Emanuele. Il ponte è il più rappresentativo realizzato dopo l’Unità d’Italia. Non a caso fu intitolato al primo Re d’Italia e aperto in occasione dell’Esposizione Universale del 1911, anno del cinquantesimo anniversario dell’Unità.
www.sovraintendenzaroma.it/i_luoghi/roma_medioevale_e_moderna/beni_architettonici/
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- LE FONTANE, IL POETA SHELLEY: “ bastano a giustificare un viaggio a Roma”
FONTANA DEI LEONI, piazza del Popolo, parte dell’antico Campo Marzio, comincia ad essere urbanizzata verso la metà del ‘500 e una prima fontana al centro della piazza viene realizzata già nel 1572, su progetto di Giacomo della Porta. Tra XVI e XVII secolo la piazza, da sempre importante accesso alla città da nord, assume sempre più un carattere monumentale: nel 1589 viene innalzato al centro l’obelisco per volere di papa Sisto V; nel corso del ‘600 viene trasformata la porta del Popolo da Gian Lorenzo Bernini e realizzate le chiese gemelle di Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria di Montesanto. Alla fine del Settecento si pensa, infine, ad una nuova sistemazione e il progetto, iniziato da Giuseppe Valadier nel 1811, prosegue sotto la dominazione napoleonica e ultimati nel 1828.
FONTANA DELLE TARTARUGHE, realizzata tra il 1581 ed il 1588 su progetto di Giacomo della Porta con le sculture del fiorentino Taddeo Landini, la fontana delle Tartarughe si caratterizza per la prevalenza delle opere scultoree sulla pur complessa e articolata struttura architettonica, arricchita dalla preziosa policromia dei marmi impiegati. La raffinatezza manieristica caratterizza questa fontana romana e la distingue dalle altre dello stesso periodo. A seguito del ripristino dell’antico acquedotto dell’Acqua Vergine, si era decisa già nel 1570 l’installazione di una fontana nella vicina piazza Giudea (Portico d’Ottavia), ma il nobile Muzio Mattei riuscì a farla posizionare davanti alla su residenza privata. Sotto a sinistra
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FONTANA DELL’ACQUA PAOLA, sopra a destra, nota anche come il “Fontanone del Gianicolo”, fu voluta da papa Paolo V Borghese, a seguito del ripristino dell’Acquedotto Traiano-Paolo, da lui stesso promosso nel 1608. Realizzata tra il 1610 e il 1614 da Giovanni Fontana, coadiuvato da Flaminio Ponzio. Disegnata sul modello dell’antico arco trionfale, la fontana è costituita da cinque grandi arcate fiancheggiate da colonne e un ampio attico con l’iscrizione dedicatoria. Per la parte decorativa furono utilizzati marmi di spoglio bianchi e policromi, provenienti dal Foro Romano e dal Tempio di Minerva al Foro di Nerva, mentre le colonne, in granito rosso e grigio, appartenevano all’antica basilica costantiniana di San Pietro. Alla fine del ‘600 l’architetto Carlo Fontana (1638-1714) ne modificò il prospetto, conferendo alla fontana la sua forma attuale: un monumentale bacino marmoreo fu aggiunto in sostituzione delle cinque vasche di raccolta, originariamente inserite tra gli intercolumni degli archi.
FONTANA DEI TRITONI, l’edificazione della fontana ebbe inizio nel 1717 per volontà del pontefice Clemente XI Albani, nella piazza antistante la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, che all’epoca costituiva il margine meridionale dell’area abitata all’interno delle mura, appena raggiunta dal prolungamento delle condutture dell’acqua Felice. Ciò permise la realizzazione della fontana monumentale e di un fontanile attiguo a servizio dei cittadini e delle mandrie di bestiame transitanti nel Foro Boario. All’esterno della prospicente chiesa di S. Maria in Cosmedin è attualmente conservato il mascherone della Bocca della Verità, reso noto da una scena del film “Vacanze romane”.
FONTANA DELLE NAJADI, mostra del nuovo acquedotto dell’Acqua Pia Antica Marcia, realizzato tra 1865 e 1870 per volontà di papa Pio IX , costituisce l’ultima fontana dello Stato Pontificio e anche la prima di Roma Capitale. Venne, infatti, inaugurata in forma provvisoria dal pontefice Mastai Ferretti (ultimo sovrano dello Stato Pontificio) il 10 settembre 1870 e realizzata in forma definitiva solo dopo l’insediamento dello Stato unitario, nell’attuale piazza della Repubblica, punto cardine del nuovo assetto urbano della capitale, di fronte all’ingresso del Complesso archeologico delle Terme di Diocleziano.
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- I MUSEI DOVE NON ANNOIARSI:
MUSEO DELL’ARA PACIS, nella sua nuova “cornice” costituisce la prima opera di architettura realizzata nel centro storico di Roma dalla caduta del fascismo ai nostri giorni, progettato dallo studio statunitense Richard Meier & Partners Architects. Al suo interno, l’Ara Pacis, uno dei più importanti capolavori dell’arte romana, costruito tra il 13 e il 9 a.C. per celebrare la Pax Augustea, instaurata da Augusto sui territori dell’impero. Il monumento celebrativo è stato restituito al pubblico dopo un lungo periodo di restauri.
Grande successo continua a riscuotere il progetto L’ARA COM’ERA, visita immersiva e multisensoriale su programmazione (generalmente nei week end) dell’Ara Pacis, promosso da Roma Capitale, che unisce in un unico racconto storia e tecnologia. Si tratta del primo intervento sistematico di valorizzazione in realtà aumentata e virtuale di uno degli esempi più alti dell’arte classica e testimonianza storica di inestimabile valore.
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MUSEO DELLE MURA, ha sede nella porta San Sebastiano, una delle più grandi e meglio conservate delle Mura Aureliane, proprio all’imbocco della Via Appia Antica. Il vero nome di questa monumentale porta, infatti, era Appia dal nome dell’importante arteria stradale su cui si apriva. Nel medioevo il nome venne corrotto in Daccia o Dazza, infine prevalse quello di porta S. Sebastiano, in ricordo del martire cristiano sepolto nella basilica sull’Appia poco fuori delle mura. Il percorso museale ripercorre, attraverso un itinerario didattico, la storia delle fortificazioni della Città: quelle di età regia e repubblicana e quelle di Aureliano (III sec. d.C.).. Il monumento è stato utilizzato nel tempo per usi più o meno consoni alla sua importanza: nel 1939, nonostante il parere contrario della Ripartizione Antichità e Belle Arti, che si opponeva alla trasformazione venne adattato ad abitazione e studio privato del segretario del partito fascista Ettore Muti, che vi rimase dal 1941 al ‘43. Gli interventi, nuovi solai poiché le volte in muratura erano crollate, installazione di scale in legno e muratura, rifacimento delle pavimentazioni in travertino e mattoni, con l’inserzione di due mosaici al primo piano, ebbero comunque una valenza conservativa.
www.museodellemuraroma.it/
CENTRALE MONTEMARTINI, lo straordinario esempio di archeologia industriale riconvertito in sede museale ha avuto inizio nel 1997 con il trasferimento di centinaia di sculture in occasione della ristrutturazione di ampi settori del complesso dei Musei Capitolini nell’ex Centrale termoelettrica, intitolato a Giovanni Montemartini, teorico delle municipalizzazioni delle aziende di servizi di interesse pubblico. Si pensò allora, di allestire negli ambienti ristrutturati del primo impianto pubblico per la produzione di energia elettrica una mostra dal titolo “Le macchine e gli dei“, accostando due mondi diametralmente opposti come l’archeologia classica e l’archeologia industriale. Oggi è il secondo polo espositivo dei Musei Capitolini e nei suoi spazi continua il lavoro di sperimentazione di nuove soluzioni espositive collegato alla ricerca scientifica sui reperti e al tempo stesso di ripristino del vincolo tra il museo e il tessuto urbano antico.
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