Parco del Pollino e Sila
Al confine tra Basilicata e Calabria si estende il Parco del Pollino, cuore tormentato di gole e di dirupi improvvisi, ma anche di meravigliosi boschi fruscianti di faggi, o di rari esemplari del vero re degli alberi del parco, il Pino Loricato, albero fiero e meraviglioso, capace di resistere ai climi più rigidi, dalle forme contorte plasmate dal vento che a volte sa essere impietoso, esso mantiene la sua insolita e aggrovigliata bellezza anche dopo la morte, perché per un qualche mistero non ancora svelato dalla scienza, nemmeno in tale circostanza si schianta a terra, ma rimane invece orgogliosamente eretto.
Gli abitanti della montagna lo chiamavano in dialetto “Pioca”e botanici francesi e tedeschi proposero ognuno un proprio nome, ma quello che indubbiamente rende meglio l’idea, è quello formulato dal professor Biagio Longo nel 1905, “Loricato”, dalla lorica, la corazza dei legionari romani, a cui il tronco assomiglierebbe per le sue scaglie. Il Parco può vantare esemplari di questa specie veramente antichi.
Viene spontaneo chiedersi stupiti dinnanzi ad un esemplare di più di ottocento o addirittura 900 anni, come quello individuato recentemente, quante cose quell’antico guerriero avrà “visto”, “sentito” nel dipanarsi della sua lunga vita, che cosa stava accadendo nel mondo mentre lì, sulle vette frustate dal vento, il Pino cresceva, fletteva la sua corazza.
Il meraviglioso Parco del Pollino è stato istituito nel 1993 proprio per conservare un ambiente sorprendente e spettacolare ricco di passato e di storia, nel quale una natura emozionante si esprime a volte rigogliosa, a volte più parca ma sempre intensa, carica di colori incredibili, magica suggestione di questa terra bagnata da due mari, in cui vi sono vette come il Monte La Caccia site a pochi chilometri dal mare, eppure elevatissime, fino a 1744 metri.
Queste cime, sulle quali il picchio nero lancia il suo acuto richiamo, sono parte della catena dell’Orsomarso, cuore del parco, e sono popolate da una fauna brulicante, tra cui spicca l’agile capriolo di Orsomarso dalle zampe affusolate e dalle movenze rapide ed eleganti come quelle di un ballerino d’altri tempi, e il ghiro, che porta il nome scientifico di “Glis Glis” che si può incontrare con frequenza, senza dimenticareil lupo, che con il suo pelo lucido da sempre popola la zona, mentre la vegetazione, sovente profumatissima, è caratterizzata dalla magica presenza dell’Abete Bianco e Pino Nero, mentre il Tasso è presente con numerosi esemplari di cui alcuni addirittura secolari, tutte specie che trovano un ambiente davvero ideale per proliferare.
Non bisogna poi dimenticare quelle che sono considerate le vere regine della flora del parco, le carnose peonie, che con i loro colori accesi lambiscono i numerosi sentieri.
E dal momento che ogni versante del Parco ha le sue storie, vale la pena di ricordare che molte di queste arrivano direttamente dal passato, segnato dal passaggio degli antichi Greci, e così accade che anche le Peonie abbiano la loro storia da sussurrare, mentre dondolano sui loro steli nella loro dolce danza con il vento. Gli antichi indicavano infatti questi fiori come le ancelle di Peone, medico degli dei, e ne avrebbero impiegato le radici nella cura dell’epilessia.
In queste valli, tra queste gole, miti ed antiche leggende permeano con il loro fascino ogni stelo d’erba, ogni goccia di rugiada, tanto che il versante del Parco che tocca la Calabria era spesso soprannominato “dimora di Scilla”, un mostro metà donna e metà animale con il corpo circondato da bestie feroci che, latrando terribilmente, si narra divorassero le navi di passaggio. Il mito però ci avverte che Scilla non aveva sempre vestito tali spaventose sembianze, ma che era stata una fanciulla bellissima, condannata per aver rubato il cuore dell’uomo della maga Circe, o forse per aver rifiutato Poseidone, potente re del mare.
E davvero non sorprende che tali racconti abbiano trovato ispirazione nella zona, suggestionando le fantasie degli uomini, incantati da grotte dal fascino arcano che venivano percorse con un misto di reverenza e timore, con torce che proiettavano sulle pareti ombre allungate ed irreali, lasciando spesso traccia del loro antico passaggio attraverso esempi di pittura rupestre, come nel caso della celebre Grotta del Papasidero.
Numerose sono infatti le grotte nel territorio del Parco, tra cui spiccano l’abisso del Bifurto, una delle venti più profonde d’Italia, e la Grotta delle Ninfe, da cui sgorga acqua sulfurea bollente, le quali ispirarono la leggenda della misteriosa spelonca perduta che nel Giugno di ogni anno potrebbe essere ritrovata, perché il serpente che le fa da guardiano, in un dato giorno tramuterebbe la sua pelle fredda e liscia in pietra, ed allora, solo allora, il nascosto ingresso della Grotta Perduta si schiuderebbe al tocco di una mano, lasciando intravedere, chissà, meraviglie inimmaginabili, come uno specchio capace di riflettere la meraviglia che lo circonda.
Le stagioni e le attività
Il fiume Lao che scorre impetuoso offre non solo uno spettacolo naturale di un fascino notevole, ma rappresenta anche la possibilità per gli appassionati di praticare il “rafting”, che necessita appunto di peculiari condizioni, mentre la speleologia offre scorci di grande interesse nelle numerosissime grotte del parco, tra cui la grotta del Gufo.
Il parco è anche crogiolo di etnie e tradizioni estremamente antiche, che convivono testimoniando con la loro vivace vita fatta anche di feste caratteristiche e turbinanti di suoni e di colori, una cultura varia e multiforme, come le etnie arberesche stanziate nel territorio.
Ma anche feste che legano al passato i calabresi, come la tradizionale festa in onore della Madonna del Pollino, che si svolge sul versante lucano del Parco, durante la quale si celebra il ritorno delle greggi ai pascoli più elevati è uno spettacolo affascinante e decisamente coinvolgente.
Anche il patrimonio antico e archeologico del Parco è indubbiamente consistente, e visite mirate possono solo esaltarne e confermarne ancora una volta l’interesse e la particolarità, come ad esempio, per citare solo uno dei numerosissimi luoghi affascinanti, gli antichi massi scolpiti sulla Manfriana, nel Pollino.
Gastronomia
Il Pollino è un parco che sembra un incantesimo.
Perché affascina i sensi, non ultimo quello del gusto, che gode di una gastronomia di antica tradizione che risente degli influssi che le varie dominazioni le hanno lasciato impresse nella memoria e nei gusti, come il dominio dei Normanni, degli Svevi, I Borbone, e gli Aragonesi, per non dimenticare gli Angioini..
La tradizione culinaria fatta di elementi semplici e di in gradienti naturali cresciuti al sole di queste terre, sembra essere passata, come un’eredità non scritta, dalle nonne alle figlie e ai nipoti con la naturalezza di un’antica canzone.
I primi piatti sono principalmente costituiti da pasta fresca fatta a mano con metodi tradizionali, come se il tempo impiegato ad impastare fosse un ingrediente anch’esso, un po’ speciale, in grado di conferire alle ricette un sapore che oggi,troppo spesso, non si è più abituati a riconoscere.
Tra le paste fatte a mano spiccano i deliziosi Tagghiulini, (tagliolini), accompagnati dai fagioli o nella varianti con i ceci, insaporiti da peperone rosso, olio e cipolla, o con il latte, mentre gli gnocchi fatti con la mollica di pane rappresentano un piatto semplice ma estremamente saporito, i Cavatiedd ca’ Muddica
I nomi incantano l’udito, quasi come una magia, come la Rappasciona, la tipica minestra con i legumi, o la Licurdia, la zuppa di pane.
Anche la Frascatula, la polenta di farina di mais, insaporita con i gusti decisi della cipolla e del peperoncino e condita con sugo con carne di maiale e formaggio pecorino rappresenta una portata nutriente e di sicuro effetto, dove un sapore esalta l’altro senza nasconderlo.
I secondi piatti sono ugualmente gustosi e profumati.
Il baccalà, stufato o fritto e tagliato a piccoli pezzi si accompagna bene a svariati condimenti, mentre i peperoni sono un ingrediente fondamentale nella realizzazione di piatti colorati quali la Frittata cu’ zafarani (frittata coi peperoni secchi) e Zafarani Ckini, i peperoni ripieni esaltati da un pizzico di pepe nero.
Le pizze poi si presentano nelle infinite varianti che la fantasia e il gioco dei colori possono offrire, ma sicuramente particolare è la Pizza con le Biete, con verze, zafferano rosso e cipolla in abbondanza, in tutte le sue gustose varianti.
Per completare questo breve viaggio nella tradizione non possono mancare i dolci, i quali saranno indubbiamente una tentazione irresistibile per i golosi e per chi giura di non esserlo.
Se vi piacciono le castagne, con il loro sapore deciso, apprezzerete sicuramente Chiunulidd cu’ i Castagni, castagnaccio con castagne e cacao amaro.
Forse il nome caratteristico di Cicirata cu’ Melu potrebbe non richiamare alla vostra mente nulla di particolare, ma se li chiamassimo con il nome più noto di Struffoli? Certo il sapore del miele biondo che si distende su questa pastella dolce ancora una volta vi farà apprezzare la genuina bontà dei prodotti di questa zona, ricordare antichi sapori, per lasciarvi affascinare dall’atmosfera che qui, nel Parco, si respira davvero ad ogni passo.
I Prodotti del parco tra terra, vento e sole
Li abbiamo visti comparire un po’ dappertutto nelle ricette tradizionali, come ingredienti base di una gastronomia che si avvale delle usanze del passato.
Se per le ricette sono ingredienti indispensabili, per la loro crescita sono fondamentali il sole che riscalda questa terra e il terreno in cui affondano le radici. Olivo e vite, innanzitutto, che costituiscono le specie da frutto più diffuse nel territorio che il Parco occupa, i frutti del cedro di Diamante, verdi e lucidi, i prodotti del Noce e del castagno, le ottime mele ma soprattutto i cosiddetti “piccoli frutti”, i mirtilli, more, lamponi e ribes dai colori accesissimi, fondamentali nella preparazione di fantasiosi gelati, marmellate e persino liquori quali il Liquore cu’i fragoli, a base di fragole, o le ciliegie sciroppate, una vera golosità.
Tra tutti questi meravigliosi frutti colorati e verdure saporite prendono posto il Peperone di Senise e la particolarissima Melanzana Rossa di Rotonda. Non resta allora che provare…per credere.