Trulli di Alberobello

I Trulli di Alberobello

Le prime notizie documentate dell’esistenza del feudo di Alberobello si trovano in alcuni diplomi di donazione del 1272, quando esso fu donato dal re di Napoli ai Conti di Acquaviva, molto probabilmente per le vittorie da loro riportate durante le crociate.
I Conti richiamarono dai feudi vicini dei contadini affinché curassero quei terreni e li autorizzarono ad erigere delle abitazioni costruite a secco, così che potessero essere facilmente abbattute in caso di ispezione regia, poiché la nascita di un nuovo agglomerato urbano esigeva il pagamento di un tributo alla corte di Spagna che i conti di Acquaviva non volevano versare.
Gli abitanti del piccolo borgo furono costretti a subire a lungo i soprusi perpetrati dai vari conti fino a quando, nel 1797, il re di Spagna Ferdinando IV di Borbone giunse a Taranto ed essi si recarono da lui per chiedere la liberazione dal dominio feudale. Il re, stanco dello strapotere della nobiltà locale, provvide in tal senso emanando un editto nel corso dello stesso anno ed i cittadini festeggiarono l’avvenimento ponendo significativamente la pietra della prima casa eretta con calce e malta proprio di fronte al palazzo dei Conti di Acquaviva.

Alberobello è costruita su due rilievi collinari: sul colle orientale è disposta la città nuova con caratteristiche architettoniche moderne, mentre sulla sommità occidentale si allineano i meravigliosi trulli, in un agglomerato urbano suddiviso in due rioni, Monti ed Aia Piccola.
Il panorama circostante è di grande fascino naturalistico, un tempo dominato da una fitta foresta di querce (la “Sylva Arboris Belli” cui deve il nome l’abitato) che oggi cede posto ad una folta vegetazione di mandorli e di ulivi che prosperano su di un terreno carsico.
E’ proprio dalle rocce calcaree stratificate che, sin dalla preistoria, è stato tratto il materiale per la costruzione delle abitazioni, in seguito utilizzato anche per la copertura dei trulli. Gli alti tetti conici formati da lastre di pietra (dette “chiancarelle”) paiono un’autentica foresta di cupole in cui il grigio scuro delle coperture contrasta con il candore della parte inferiore cilindrica, offrendo uno spettacolo unico al mondo, ogni anno ammirato da numerosissimi visitatori.
L’antico borgo, dove ancor oggi si svolgono pregiate attività artigianali, ripropone la spazialità di epoche lontane e rievoca sensazioni remote, riportando i visitatori ad un tempo ed a una dimensione in cui i rapporti all’interno della comunità erano assai differenti da quelli delle nostre frenetiche metropoli.
Osservate da vicino, poi, queste caratteristiche e particolarissime abitazioni si rivelano ancor più affascinanti poiché, sebbene appaiano tutte simili fra loro, in realtà esse differiscono notevolmente l’una dall’altra, sia per la varietà della forma della pianta, che talvolta può anche essere cubica, sia per le diverse nicchie al loro interno destinate a svariate funzioni; vi sono poi a volte semplici e graziosi motivi dipinti sulle coperture, che presentano forme differenti di pinnacoli e comignoli.
Moltissime sono le curiosità e le storie che si raccontano su alcuni trulli, come quello “Siamese”, composto da due coni uniti alla sommità, abitato secondo la leggenda da due fratelli che s’innamorarono della stessa ragazza e giunsero ad odiarsi, decidendo così di dividere la casa in due metà identiche non potendo più sopportare la convivenza.
Vi sono anche una notevole “chiesa a trullo”, abbellita da un rosone e da due finestre a tutto sesto, eretta con le offerte degli abitanti e degli emigrati, e l’interessantissimo Museo del Territorio che, con il suo ricco materiale conservato, ben spiega e testimonia le motivazioni per cui i trulli sono stati dichiarati dall’UNESCO nel 1996 Patrimonio Mondiale dell’Umanità: l’eccezionale tipologia delle costruzioni e la straordinaria sopravvivenza di una cultura costruttiva di origine preistorica, che viene ancora oggi amorevolmente conservata.

 

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