Vini della "Campania"

Antica tradizione enologica

La Campania vanta una tradizione enologica di origine antica e un territorio che è stato tra i primi centri di insediamento, di coltivazione, di studio della vite e del vino nel mondo. La vite venne verosimilmente introdotta dai Greci, mentre la sua diffusione risale all'epoca pre-romana. I vini campani, grazie alle favorevoli condizioni climatiche e alla particolare natura dei suoli, divennero apprezzati e famosi nel mondo già nell'antichità. Le zone litoranee vantano un clima particolarmente favorevole, mentre man mano che si procede verso l’interno, questo si fa sempre più tendente al temperato continentale, con precipitazioni concentrate soprattutto nei mesi autunnali e invernali. Dal porto di Pozzuoli, il Falerno, il Caleno, il Faustiniano, "i vini degli imperatori", vennero esportati in tutto il mondo. Le tecniche di coltivazione e di vinificazione divennero assai raffinate, così come quelle del consumo, che assunse col tempo la dimensione di un vero e proprio culto. Dagli antichi vitigni, descritti ed elogiati da scrittori come Plinio, tra cui la Vitis Hellenica, l’Aminea Gemina, la Vitis Apiana, le Uve Alopeci, l’Aminea Lanata, discendono l'Aglianico, il Greco, il Fiano, il Coda Di Volpe, il Per'e Palummo, l'Asprino, la Biancolella, la Forastera e tutti gli altri vitigni autoctoni coltivati nella regione. La marcata diversificazione del territorio si traduce in una ripartizione meticolosa della realtà regionale e in un patrimonio ampelografico di eccellente livello. Grande è infatti la varietà di uve autoctone, che poche altre regioni possono vantare, e che hanno dato vita ad una vasta selezione di bianchi e di rossi. Diciannove i vini a denominazione di origine, tra cui tre DOCG, cui corrispondono 70 tipologie. Tra i vini IGT troviamo invece il “Colli di Salerno”, prodotto sulle colline salernitane nei tipi Rosso, Rosato e Bianco, si sposa ai sapori tipici della cucina locale; il “Paestum I.G.T.”, prodotto lungo la costa e l’entroterra di Paestum, in numerosi comuni del Parco del Cilento e Vallo di Diano nei tipi Rosso, Rosato e Bianco, ideale con la gastronomia tradizionale; il “Beneventano”, il “Dugenta”, l’“Epomeo”, l’“Irpinia”, il “Pompeiano”, il “Roccamonfina”, il “Terre del Volturno”.
Le moderne tecniche di coltura e di vinificazione hanno, inoltre, contribuito a produrre vini altamente tipicizzati sotto il profilo organolettico e di alto livello qualitativo. Dal punto di vista produttivo, si contano circa 41.000 ettari di vigneti che ogni anno producono in media 2.100.000 ettolitri di vino, con un’incidenza di D.O.C. e D.O.C.G. che è molto cresciuta negli ultimi anni. La struttura produttiva si presenta molto eterogenea: molto numerose sono le piccole aziende viticole, unitamente a realtà commerciali di media grandezza e a grandi realtà cooperative che hanno in mano la crescita e lo sviluppo futuro del settore enologico campano.

Fiano di Avellino D.O.C.G.

L’area di produzione si estende ai 26 comuni della provincia di Avellino. Il Disciplinare di Produzione prevede l’uso del monovitigno Fiano, con l’eventuale aggiunta di quelle di Greco, di Coda di Volpe bianca e Trebbiano Toscano. Il “Fiano” (11,5°), ha colore giallo paglierino un po’ carico, odore intenso e caratteristico e sapore secco e armonico, con retrogusto fruttato di pera. Dalle uve raccolte a novembre i produttori ricavano un vino dal colore più intenso e carico e dal sapore fruttato di nocciola tostata. E’ uno dei pochi vini idonei ad un prolungato invecchiamento.
Questa DOCG comprende infatti i vitigni autoctoni più antichi della regione e d’Italia dal momento che le sue origini si fanno risalire addirittura ai Fenici. L'area di produzione comprende il territorio storico del comune di Lapio (l'antica Apianum), dove i Greci piantarono il vitigno per la prima volta. L'etimologia di Apianum riporta alle api che, secondo la leggenda, erano e sono particolarmente attratte dalla dolcezza delle uve, dotate di un'alta percentuale di zuccheri.
Il Fiano di Avellino si serve in tavola alla temperatura di 12 gradi d’estate e 14 gradi d’inverno in calici per vini bianchi di corpo, di media capacità a tulipano ampio. Il suo gusto secco e armonico è perfetto per assaporare piatti abbastanza strutturati: crostacei alla griglia, scampi salsati, polpo alla napoletana, primi piatti al sugo di pesce e verdure, pesci di mare pregiati al forno, ostriche, filetti di rombo al vino con tartufo bianco, formaggi giovani. Si deve stappare entro due anni dalla vendemmia ma può essere vantaggiosamente conservato anche per 5-6 anni.

Greco di Tufo D.O.C.G.
Questo vino si produce in otto comuni a nord di Avellino con le uve dei vitigni Greco e Coda di Volpe bianca. Le particolari condizioni climatiche della zona hanno consentito di ottenere un vino dalle caratteristiche organolettiche inimitabili.
Il “Greco di Tufo”, la cui gradazione minima deve essere pari a 11,5°, ha colore giallo paglierino scarico, odore caratteristico e sapore fruttato con retrogusto di mandorla e pesca. Va gustato entro due-tre anni dalla vendemmia in calici di media capacità a tulipano ampio, alla temperatura di 10-12°C, accompagnandolo ad antipasti di crostacei bolliti, risotto ai funghi porcini, fritture e grigliate di pesce, spigola in bianco, dentice al rosmarino e olio di oliva, sformati di verdura, formaggi giovani e molli. La versione Spumante, vivace e delicata, accompagna i primi piatti più ricercati della cucina marinara: dalle aragoste alla cardinale, al baccalà alla napoletana, pesci alla griglia e calamari in umido.
Il vitigno Greco è il più antico dell’avellinese, importato dalla Tessaglia. La sua coltivazione si è diffusa inizialmente ai piedi del Vesuvio, dove ha assunto il nome di Lacryma Christi e successivamente nella provincia di Avellino, dove ha preso la denominazione di Greco di Tufo. Deriva dal vitigno “aminea gemella”, le cui lodi sono tessute persino nelle Georgiche di Virgilio. La conferma della sua origine millenaria è data dal ritrovamento a Pompei di un affresco che risale a un secolo prima di Cristo, con una breve poesia, probabilmente di un amante respinto: “Sei veramente gelida, Bice, e di ghiaccio, se ieri nemmeno il vino Greco è riuscito a scaldarti”.

Taurasi D.O.C.G.
Il “Taurasi” si produce in diciassette comuni della provincia di Avellino, situati nella valle del Calore ed aventi come epicentro l’antica cittadina di Taurasia, già nota ai tempi dell’impero romano per le sue “vigne optime”. Apprezzato fin dai tempi dei Greci, non è oggi un vino fortemente rinomato, pur rappresentando uno dei migliori vini del Mezzogiorno. Esso è ottenuto dalle uve di uno dei più prestigiosi vitigni dell’enologia nazionale: l’Aglianico, l’antica vitis hellenica, al quale è ammessa l’aggiunta di altri vitigni a bacca rossa non aromatici fino a un massimo del 15%. Ha un colore rosso rubino intenso tendente al granato, con riflessi aranciati man mano che procede con l’invecchiamento; odore etereo, caratteristico e fruttato; sapore caldo, pieno ed equilibrato, con retrogusto persistente.
La gradazione minima è di 12°, con invecchiamento obbligatorio di tre anni, di cui uno-due anni in botti di legno ed il resto in bottiglia. Si sposa perfettamente con pietanze elaborate, primi piatti con sughi molto ricchi, arrosti, pollame, cacciagione e formaggi stagionati; tradizionale è l’abbinamento con la lasagna alla napoletana. Si suggerisce di servirlo in calici per vini rossi di gran corpo tannici ad una temperatura di 18° C.

Aglianico del Taburno o Taburno D.O.C.G.
L’area di produzione comprende tredici comuni sulle pendici del Monte Taburno in provincia di Benevento. E’ prodotto in varie tipologie: “Aglianico del Taburno Rosso”, “Aglianico del Taburno Rosato e Riserva”, “Taburno Bianco”, “Taburno Rosso”, “Taburno Novello”, “Taburno Falanghina”, “Taburno Greco”, “Taburno Coda di Volpe”, “Taburno Piedirosso” e “Taburno Spumante”.
I prodotti di punta sono l’“Aglianico”, tra i rossi e la “Falanghina” tra i bianchi. Il primo, ottenuto dalle uve del vitigno omonimo più l’aggiunta di altri vitigni a bacca nera della zona, va invecchiato per non meno di due anni; se l’invecchiamento si protrae per un terzo anno, di cui almeno sei mesi in botte e sei in bottiglia, e la gradazione non è inferiore ai 12°, esso può essere commercializzato come Reserve. Si tratta di un vino dal colore rosso rubino tendente al granata; odore intenso e persistente, fruttato di frutti del sottobosco, che con l'invecchiamento assume sentori complessi; sapore secco, caldo, abbastanza morbido, poco fresco, di corpo. L’Aglianico del Taburno Rosso, di gradazione alcolica pari a 11,5°C, con un invecchiamento di tre anni e una gradazione alcolica di 12,5°C, si fregia della denominazione Reserve. Il servizio ideale è in calici ballon alla temperatura di 16-18°C, accompagnandolo a piatti abbastanza strutturati: carni bianche cotte al forno, agnello al forno con patate, formaggi di media stagionatura.

Aversa o Asprinio di Aversa D.O.C.
La zona di produzione di questo vino comprende il territorio di 22 comuni in provincia di Caserta e Napoli. In quest’area sono consentiti impianti allevati in forma verticale al fine di salvaguardare la tipica forma di allevamento ad “alberata aversana”, considerata bene ambientale e culturale, con viti, maritate al pioppo, che raggiungono 15 metri di altezza e senza portinnesto. I vini provenienti da tali forme di allevamento devono portare in etichetta la menzione aggiuntiva “Alberata” o “Vigneti ad alberata”.
Questo vino, dalla gradazione minima di 10,5%, è prodotto con almeno l’85% di uve di Asprinio, ha colore paglierino, odore fruttato, sapore fresco e caratteristico. Va servito in calici di media capacità a tulipano svasato alla temperatura di 8-10°C, in abbinamento a piatti a base di pesce, mozzarella aversana, mozzarella di bufala in carrozza, primi piatti di pesce. Si produce con le sole uve del vitigno omonimo anche nella versione Spumante (11°C), particolarmente fragrante e secco, da assaggiare in calici flûte alla temperatura di 6-8°C, sempre con portate a base di pesce, zuppe alla marinara, ostriche, crostacei e pizza.

Campi Flegrei D.O.C.
Il vino “Campi Flegrei” si produce nell’intero territorio dei comuni di Procida, Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto ed in parte di quelli di Marano e Napoli.
E’ un vino di grande tradizione, la cui tipicità deriva anche dalla ricchezza del territorio vulcanico sul quale viene coltivato, che conferisce alle uve particolari aromi e sapori.
Il Disciplinare ammette le seguenti tipologie: “Bianco”, “Rosso”, “Piedirosso o Pér e’ Palummo”, “Piedirosso o Pèr e’ Palummo Passito”, “Falanghina” e “Falanghina Spumante”.
Il Campi Flegrei è un vino di grande tradizione, essendo collegato dal punto di vista del territorio e della base varietale all'antico Falerno Gaurano, di cui parlano i classici, mentre Plinio il Vecchio gli concede una menzione d’onore nella Naturalis Historia.
Il Bianco (10,5°) è ottenuto al 50-70% da uve del vitigno Falanghina e dal Biancolella e/o Coda di Volpe (10-30%) con l’aggiunta eventuale di altri vitigni a bacca bianca (max 30%).
Ha colore giallo paglierino, odore vinoso, sapore fresco ed è ideale con cucina marinara in genere, minestroni e lasagne.
II Falanghina (11°) deriva per il 90% dall’omonimo vitigno, ha colore giallo paglierino più o meno intenso con riflessi verdognoli; odore delicato, gradevole, fruttato e caratteristico, con dominanza di odori di banana, mela renetta e pera matura, sapore secco, armonico, morbido. Si serve in calici di media capacità a tulipano svasato a 8-10°C, sposandolo a frutti di mare, crostacei alla griglia o salsati, frittura di triglie e impepata di cozze.
Il Piedirosso o Per’è Palummo (11,5°C) si ottiene dall’omonimo vitigno per almeno il 90% con l’eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca nera, ha colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento, odore intenso e caratteristico, sapore asciutto e armonico. Si sposa perfettamente con la parmigiana di melanzane, selvaggina, formaggio stagionati e si serve in calici bordolesi alla temperatura di 16-18°C.
Il Pér e' Palummo Passito ha colore rosso granato, più o meno intenso, odore gradevole, intenso, caratteristico, sapore dal secco al dolce, armonico, morbido e caratteristico, a elevata gradazione alcolica (17°C). É un vino da dessert che può essere versato in piccoli calici a circa 12-14 °C per accompagnare i dolci della gastronomia partenopea, come babà e sfogliatelle.

Capri D.O.C.

Questo vino si produce sui declivi a terrazze di una delle isole più famose del mondo, in provincia di Napoli. Due le tipologie disponibili: Bianco e Rosso, derivanti rispettivamente dalla vinificazione della Falanghina-Greco e dal Pedirosso. Fu l’imperatore romano Tiberio a scoprire il vino che porta il nome dell’isola; questo gli valse il soprannome di Biberio, con cui i Romani scherzosamente lo chiamarono fino al giorno della sua morte. Sulle rovine delle ville romane i contadini piantarono in seguito altri vitigni da cui derivano vini che hanno reso famosa ancor di più questa splendida isola del Tirreno.
Il Bianco si ottiene dalle uve provenienti dai vitigni Greco (massimo 50%), Falanghina (40-50%), con l’eventuale aggiunta di Biancolella (massimo 20%); ha colore paglierino chiaro più o meno intenso, odore caratteristico, fruttato (frutta acerba, mela), floreale (fiori di acacia), con sottili note di agrumi e sapore asciutto e fresco, con gradazione di 11°.
Il rosso utilizza invece l’uva Piedirosso per almeno l’80% con l’eventuale aggiunta di altri vitigni a frutto rosso; ha colore rubino più o meno intenso, odore gradevolmente vinoso e sapore asciutto e sapido, con gradazione di 11,50°.
Il primo, da servirsi in calici di media capacità a tulipano svasato, alla temperatura di 12-14°C. è un vino da pesce, anche se particolarmente indicato ad accompagnare la caprese (mozzarella, pomodoro e basilico); il secondo è un vino da carni rosse e pesce al sugo, specialmente il polpo.

Castel San Lorenzo D.O.C.
 
Si produce in otto comuni situati nell’affascinante Valle del Calore: un susseguirsi di colline che da scoscese divengono dolcemente digradanti verso il fiume, ricoperte da una lunga teoria di vigne basse ed ordinate, ben esposte, che dalla mitezza del clima, dalla natura del terreno, dalla bassa resa per ettaro e dall’antica cultura contadina traggono un elevato grado qualitativo. Rappresenta l'area più intensamente vitata della provincia di Salerno. Le tipologie Barbera (anche Reserve), Rosso e Rosato derivano tutte in prevalenza da uve Barbera. Particolarmente meritevoli di attenzione sono, poi, il Bianco, il Novello, sempre a base di Barbera, il Moscato spumante e il Moscato Lambiccato.
Il Barbera (11,5°) ha colore rubino e odore intenso, abbastanza persistente, fruttato (frutta matura), floreale (rosa appassita); sapore secco, caldo, abbastanza tannico, sapido con delicata sensazione finale amarognola; con un invecchiamento di due anni e una gradazione alcolica di 12,5°C, si fregia della denominazione Reserve. Si accompagna a primi piatti di pasta con ragù molto ricchi, pollame, selvaggina e formaggi stagionati. E’ poi ideale con alcuni piatti tipici locali come il capocollo campano, la trippa alla napoletana, il coniglio all’ischitana. Il Rosato (11,5°) va bevuto con caciocavallo e provola affumicata, minestroni, zuppa di cardoni, pesci alla griglia. Il Bianco (11°) ha un colore giallo paglierino più o meno intenso; odore vinoso, sapore asciutto, acidulo e fruttato, leggermente amarognolo, armonico. Versato alla temperatura di 6-8°C in calici flûte, è tanto più apprezzato se abbinato a molluschi e crostacei, insalate di mare, baccalà alla napoletana, timballi, minestroni, lasagne e sartù, caciocavallo, provola, mozzarella di bufala, carciofo di Paestum. Il Moscato nelle due tipologie si ottiene per almeno l’85% dal vitigno Moscato bianco, ha colore paglierino più o meno intenso, odore caratteristico, delicato, sapore dolce, vellutato e armonico. Ha 12°C di gradazione alcolica minima, ma se arriva ai 13,5°C ed è sottoposto a una particolare vinificazione si qualifica come Lambiccato. E’ Prodotto anche nel tipo Spumante, con spuma fine e persistente.
Il Moscato, versato alla temperatura di 10-12°C in bicchieri di media capacità a tulipano, è invece ottimo a fine pasto, in abbinamento a babà, pastiera e sfogliatelle.

Cilento D.O.C.
In provincia di Salerno, sui terreni collinari di una delle zone più ricche paesaggisticamente, con suolo dalla natura argillosa – calcarea, si produce questo vino di eccellente qualità da vitigni locali introdotti nell’area di Paestum dagli antichi colonizzatori greci. Oltre alle tipologie Rosso, Rosato e Bianco, derivante in prevalenza da uve Fiano, è prevista anche la tipologia Aglianico, ottenuta per non meno dell’85% con le uve del vitigno Aglianico e con le eventuali aggiunte di quelle di Piedirosso e/o Primitivo. Si tratta di vini ricchi di storia, approdati alla mensa del Papa Paolo II, per il quale non vi era “pari bevanda la sera a tutto pasto". Dalle viti, che producono pochi grappoli, si ottengono i tipi: Rosso (11,5°), dal colore rosso rubino, odore vinoso, sapore delicato e asciutto; servito in calici bordolesi, alla temperatura di 16-18°C, è ideale per accompagnare piatti abbastanza strutturati come peperoni imbottiti, lasagne, capocollo campano, cervellatine, carni ovine e suine arrosto, formaggi di media stagionatura, caciocavallo e provola. Il Rosato (11°), è invece ideale se consumato in calici a tulipano ampio a 12-14°C con gnocchi alla sorrentina, trippa alla napoletana, minestroni e lasagne, mentre per i piatti al ragù o conditi con salsa di castrato è preferibile l’Aglianico, versato in bicchieri a ballon alla temperatura di 16-18°C. Quest’ultimo è un rosso corposo dalla gradazione minima di 12° e invecchiamento minimo di 1 anno, dal colore rosso rubino, odore vinoso e caratteristico e sapore asciutto e corposo.
Infine, il Bianco (11°) ha colore giallo paglierino più o meno intenso, odore gradevole, sapore asciutto e fresco. Versato alla temperatura di 8-10°C in un calice a tulipano svasato per bianchi di media struttura, è tanto più apprezzato se abbinato a insalate di mare, grigliate di pesce, mozzarella di bufala o carciofi di Paestum.

Costa d’Amalfi D.O.C.
Su arditi terrazzamenti a picco sul mare, coltivati a vigna e limoni, sul territorio di 13 comuni della splendida Costiera Amalfitana, si produce questo vino il cui gusto si mescola a quello degli agrumi e della salsedine, assumendo aromi particolari e tipici. E’ prodotto nei tipi: Bianco (10°), ottenuto dal vitigno Falanghina (localmente detta Bianca Zita) per una percentuale minima del 40% e dal Biancolella; presenta colore paglierino più o meno intenso, odore delicato e sapore asciutto e armonico. Va servito in calici di media capacità a tulipano svasato alla temperatura di 8-10°C, con impepata di cozze, zuppa di vongole, pesci alla griglia, zuppa alla marinara, frittura. Rosso (10,5°), ottenuto dalle uve dei vitigni Piedirosso, Sciasinoso e/o Aglianico, ha colore rubino, più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento, odore vinoso, sapore asciutto, di medio corpo, giustamente tannico. Si beve con capocollo campano, salsiccia, cervellatine, oltre che con le carni, servito in calici bordolesi alla temperatura di 16-18°C. Il Rosato (10,5°), ottenuto con le stesse uve del Rosso, si abbina a caciocavallo e provola affumicata, minestroni, sartù, baccalà e pesci alla griglia.
Tali vini possono riportare in etichetta l’indicazione delle 3 rispettive sottozone di provenienza: Furore, Ravello e Tramonti e Maiori. Il Furore è prodotto nei comuni di Furore, Praiano, Conca dei Marini e Amalfi, il Ravello è ottenuto da uve provenienti da vigne coltivate nei comuni di Ravello, Scala, Minori e Strani, il Tramonti, deriva dai comuni di Tramonti e Maiori.
In tal caso la gradazione minima deve essere di 11° per il Bianco e di 11,5° per il Rosato e il Rosso. Quest’ultimo, con 2 anni di invecchiamento, può fregiarsi del titolo Reserve.

Falerno del Massico D.O.C.
Il “Falerno del Massico” è prodotto in un’area molto limitata: solo cinque comuni alle pendici del Monte Massico in provincia di Caserta. Si tratta di uno dei vini più noti dell'antichità, citato e lodato da Plinio, Marziale, Orazio, Cicerone. Un Falerno molto invecchiato, racconta Petronio Arbitrio, fu servito durante la famosa cena di Trimalcione.
La Falanghina in purezza rappresenta la base varietale del tipo “Bianco”. Questo ha un colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, odore vinoso e gradevole, sapore asciutto e sapido e una gradazione minima di 11°C. Si sposa bene con pesci alla griglia, crostacei, timballi, calamari in umido, caciocavallo e mozzarella di bufala. In tavola si serve in calici di media capacità a tulipano svasato a 8-10°C di temperatura.
Il Rosso si ottiene, in prevalenza, da uve Aglianico e Pedirosso, con gradazione alcolica di 12,50°e un anno di invecchiamento; se questo si protrae per tre anni, di cui uno in botte, può denominarsi Reserve, ed è ideale per accompagnare agnello laticauda. Il Rosso ha colore rosso rubino, più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento, odore caratteristico e intenso, gusto caldo, robusto e armonico. Va bevuto alla temperatura di 16-18°C, preferibilmente in calici bordolesi in abbinamento al capocollo campano, salumi assortiti, salsicce, zuppa di cardoni e carni rosse.
Rientra in questa denominazione di origine anche il tipo “Primitivo”, prodotto con le uve del vitigno omonimo con l’eventuale minima aggiunta di quelle di Aglianico, Piedirosso e Barbera. Quest’ultimo ha colore rosso rubino molto intenso, profumo caratteristico e persistente e sapore caldo robusto ed armonico. La gradazione minima è di 13° con invecchiamento obbligatorio di un anno e l’uso è da arrosto oppure, fuori pasto, da meditazione. Può denominarsi Vecchio o Reserve se l’invecchiamento in botte si protrae per un secondo anno.

Galluccio D.O.C.

La zona di produzione comprende 5 comuni, dominati dal vulcano spento di Roccamorfina che conferisce al terreno caratteristiche tali da consentire una fiorente attività agricola.
Il Disciplinare di produzione prevede le seguenti tipologie: “Bianco”, derivante da uve Falanghina, “Rosso e Rosato” ottenuti da uve Aglianico.
Il Bianco ha colore giallo paglierino più o meno intenso; odore delicato, fruttato, caratteristico e sapore secco, fresco e armonico. Presenta una gradazione minima di 11°C. Va abbinato a timballi, calamari in umido, fritture leggere e pesci alla griglia, servito in calici per vini giovani e fruttati a 6-8°C.
Il Galluccio Rosso ha colore rosso rubino, più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento; odore gradevole, delicato, con sentori di violette e fondo speziato di pepe; sapore armonico, con tannini ben equilibrati per una gradazione minima di 11,5°C. Con una gradazione di 12°C e un periodo di invecchiamento di almeno due anni di cui uno in botti di legno, l’etichetta può contenere l’indicazione Reserve. Si serve in tavola alla temperatura di 16-18°C in calici ballon per rossi di grande struttura. Il suo fondo aromatico di tabacco e pepe nero è perfetto per assaporare arrosti di piccola cacciagione e selvaggina, grigliate di carni miste, formaggi piccanti stagionati e costate di agnello
Gradazione minima di 11°C per la tipologia Rosato, dal colore rosa più o meno intenso, odore delicato, fruttato, caratteristico e sapore secco, fresco e armonico. Per il Rosato è preferibile il calice a tulipano ampio che sottolinea il colore rosa più o meno intenso del vino, da assaggiare in abbinamento a zuppa di cardoni e provola affumicata.

Guardia Saframondi o Guardiolo D.O.C.
La zona di produzione include solo quattro comuni, tutti in provincia di Benevento, che rappresentano il cuore della viticoltura provinciale.
Il Disciplinare prevede i tipi: “Bianco”, a base di Malvasia bianca di Candia e Falanghina; “Rosso”, “Rosato” e “Novello”, derivanti da uve Sangiovese, e le tipologie monovitigno “Falanghina”, “Falanghina Spumante” e “Aglianico”, che se è invecchiato per due anni e con gradazione alcolica di 12,50°, può denominarsi Reserve.
Il Bianco ha un colore giallo paglierino più o meno intenso; odore delicato e gradevole; sapore secco, fresco e armonico. Con una gradazione minima di 11°C, accompagna i primi piatti della cucina marinara, timballi e calamari in umido, mozzarella di bufala e carciofi di Paestum. Si serve in tavola alla temperatura di 8-10°C in calici di media capacità a tulipano svasato. Il Rosso ha colore rosso rubino, più o meno intenso, tendente al granato per il tipo Reserve; odore vinoso con sfumature di fruttato; sapore secco, giustamente tannico, armonico. Ha una gradazione minima di 11,5°C. È raccomandabile servirlo in calici bordolesi a 16-18°C, sposandolo a capocollo campano, salsiccia, cervellatine, carni rosse e selvaggina. Il Guardia Sanframondi o Guardiolo Spumante, infine, ha colore giallo paglierino con riflessi verdolini e bollicine abbastanza fini e numerose. Ha un odore intenso e persistente, floreale con sentori fiori bianchi e gialli freschi. Al gusto si presenta secco, poco morbido, fresco, abbastanza sapido ed equilibrato, con gradevole e delicata sensazione finale amarognola. Per poter cogliere la fragranza del frutto, va servito in flute alla temperatura di 6-8°C, abbinandolo ad antipasti di salumi tipici campani, frittate con salumi ed erbe aromatiche, pesci di mare fritti, pesci al forno ripieni (olio d’oliva, aglio e prezzemolo), crostacei salsati con maionese, pastasciutte e risotti al sugo bianco di crostacei e vegetali.

Irpinia D.O.C.
Nelle tipologie Bianco, Rosato, Rosso, Novello, aglianico min. 70 %; (monovarietali bianchi: Coda di Volpe, Falanghina (anche spumante), Fiano (anche spumante, passito), Greco (anche spumante, passito) (min. 85%, possono concorrere altri vitigni a bacca bianca inclusi tra le varietà idonee per la Regione Campania e la provincia di Avellino max. 15%); ((monovarietali rossi: Aglianico (anche passito, liquoroso), Sciascinoso (min. 85%, possono concorrere altri vitigni a bacca nera inclusi tra le varietà idonee per la Regione Campania e la provincia di Avellino max. 15%); (sottozona Campi Taurasini: Aglianico (min. 85%, possono concorrere altri vitigni a bacca nera inclusi tra le varietà idonee per la Regione Campania e la provincia di Avellino max. 15%)

Ischia D.O.C.

Nell'isola di Ischia la vite fu introdotta dagli antichi greci e si diffuse talmente che i romani, successivamente, la denominarono Enaria, terra del vino. Nel '500, epoca in cui primeggiava il "Greco", ai vini dell'isola venivano attribuite virtù igieniche e terapeutiche. La storia della tradizione viticola si intrecciò inesorabilmente a quella dell’isola. Nel 1453 il “Re Assassino”, Alfonso d’Aragona, arrestò senza motivo gli uomini dell’isola e li imbarcò durante la notte su 24 navi che salparono verso una destinazione ignota. Le donne dell’isola furono tutte maritate a spagnoli che per l’occasione vennero insediati sull’isola e ottennero in dono dal loro re anche orti e vigne, da cui oggi derivano questi ottimi vini. La produzione vinicola dell’isola di Ischia conserva tuttora il suo pregio storico ed i vini sono i seguenti: Bianco, Bianco Spumante, Rosso, Biancolella, Forastera, Per 'e Palummo e il Pér 'e Palummo Passito. Sono tutti vitigni rigorosamente autoctoni, alcuni dei quali presenti solo nell'isola, a dimostrazione della tipicità e dell'originalità delle produzioni.
Il Bianco è ottenuto al 45-70% da uve del vitigno Forastera e da quello Biancolella (30-35%) con l’aggiunta eventuale di altri vitigni a bacca bianca per un massimo del 15%. Ha colore paglierino, odore vinoso e delicato, sapore asciutto e di giusto corpo. È disponibile anche nella versione Spumante, con una spuma fine e persistente e una gradazione minima di 11,5°. Il Biancolella e il Forastera sono ottenuti con almeno l’85% delle uve del vitigno omonimo. Il Biancolella ha un colore paglierino con riflessi verdognoli, odore vinoso, caratteristico, gradevole, sapore asciutto, armonico e una gradazione minima di 10,5°C. Il Forastera ha colore paglierino, odore vinoso, sapore asciutto e armonico e una gradazione minima di 10,5°. Tutti e tre questi deliziosi bianchi
vanno serviti in calici di media capacità a tulipano svasato alla temperatura di 8-10°C venendo valorizzati con timballi alla marinara, calamari in umido, frutti di mare.
Il Rosso proviene al 40-50% dal vitigno Guarnaccia e al 40-50% dal Piedirosso, con l’aggiunta eventuale di altri vitigni nella misura massima del 15%.; ha colore rubino, odore vinoso, sapore asciutto e una gradazione minima di 11°. Il Piedirosso o Per’è Palummo si ottiene dall’omonimo vitigno (almeno per l’85%) con l’eventuale aggiunta di altri vitigni a bacca nera. É un rosso dal colore rubino, secco, abbastanza morbido e poco tannico, da servirsi in calici bordolesi a 16-18°C, entro due-tre anni dalla vendemmia. Entrambi questi rossi si sposano bene con peperoni imbottiti, caciocavallo, provola, capocollo campano, salsicce, cervellatine. Il Per’è Palummo trova un tradizionale abbinamento con il coniglio all’ischitana.
Il Piedirosso o Per’ è Palummo Passito è un vino da dessert che può essere versato in calici di media capacità a tulipano alla temperatura di 10-12°C per accompagnare i dolci della gastronomia partenopea, come babà e sfogliatelle. Ha colore rosso rubino tendente al rosso mattone, profumo delicato, etereo e caratteristico, sapore giustamente tannico e gradazione minima di 14,5°C

Penisola Sorrentina D.O.C.
La zona di produzione coincide con un’area di grande bellezza naturalistica, in provincia di Napoli. Il Disciplinare individua tre sottozone: il Gragnano, il Lettere e il Sorrento.
Il “Gragnano” e il “Lettere” sono vini rossi frizzanti e naturali e rappresentano i vini della tradizione napoletana, ricordati da Eduardo De Filippo nelle sue opere e bevuti da Pulcinella: hanno un colore rosso rubino carico, profumo vinoso e campestre, frizzantino, e, quando giovani, addirittura spumoso. Il gradevole retrogusto di affumicato somiglia alla specie di quello dello whisky. Devono essere serviti freddi di cantina. Sono perfetti per accompagnare la pizza margherita o napoletana e le tradizionali salsicce e broccoli. Il “Sorrento” è invece prodotto nelle tipologie bianco e rosso, da vitigni autoctoni. Le produzioni non possono superare i 100 q.li/Ha. Si tratta di un vino già apprezzato dal Papa Paolo III Farnese, che lo definiva "un vino da signori".
La Doc Penisola Sorrentina si produce nelle tipologie Bianco, Rosso e Rosso Frizzante Naturale. Il Bianco Doc (anche nella sottodenominazione Sorrento) è ottenuto da uve del vitigno Falanghina e/o Biancolella e/o Greco Bianco per un valore minimo del 60%, completato eventualmente dall’aggiunta di massimo il 40% di altre uve. Ha un colore giallo paglierino, un odore delicato e vinoso e un sapore asciutto, di giusto corpo, armonico, con una gradazione minima di 10°C. Se è designato con il nome della sottozona Sorrento deve avere una gradazione minima di 11°C. Va bevuto in calici di media capacità a tulipano svasato a una temperatura di 8-10 °C, in abbinamento con i piatti della cucina marinara sorrentina, come l’impepata di cozze, i pesci alla griglia, la zuppa alla marinara, oppure con fritture, pasta e gnocchi alla sorrentina, caciocavallo, provola e la tradizionale mozzarella di bufala campana. Il Rosso (anche nella sottodenominazione Sorrento) e il Rosso Frizzante (anche nelle sottodenominazioni Gragnano o Lettere) sono ottenuti da uve Piedirosso (detto localmente “Per’ è Palummo”) e/o Sciascinoso (Olivella) e/o Aglianico per il 60% con una presenza di Piedirosso non inferiore al 40%, con l’aggiunta eventuale del 40% di altre uve a bacca nera, non aromatiche, raccomandate o autorizzate per la provincia di Napoli. Il Rosso, dal colore rubino più o meno intenso e dall’odore vinoso, ha sapore asciutto, di medio corpo, giustamente tannico e ha una gradazione alcolica di 10,5°C che arriva agli 11,5°C per la sottodenominazione Sorrento. Il Rosso Frizzante Naturale, dalla spuma vivace, evanescente ha colore rubino più o meno intenso; odore vinoso, intenso e fruttato; sapore frizzante, sapido, di medio corpo, nettamente vinoso, morbido, a volte con vena amabile. La gradazione minima è di 10°C e di 11 nella sottodenominazione Gragnano o Lettere. Il Penisola Sorrentina Doc Rosso e Frizzante Naturale si gustano in calici bordolesi alla temperatura di 16-18°C entro due anni dalla vendemmia. Si sposano bene a sapori piccanti e sono un buon viatico alcolico per gustare salumi e primi piatti di pasta al ragù di carni suine, risotti conditi con carne o pesce, salsicce con friarielli (tradizionali broccoli cucinati in padella) carni suine arrosto e pizza margherita (in particolare il Frizzante Naturale Lettere).

Sannio D.O.C.
La zona di produzione comprende le aree dell’intero territorio amministrativo della provincia di Benevento, parte dell’antico territorio italico del Sannio.
E’ prodotto nei tipi “Bianco”, a base di Trebbiano Toscano, “Rosso e Rosato”, a base di Sangiovese, e nelle seguenti specificazioni di vitigno: “Aglianico”, “Barbera”, “Coda di Volpe”, “Falanghina”, “Fiano”, “Greco”, “Moscato”, “Piedirosso” e “Sciascinoso”, ottenute dalla vinificazione delle uve delle rispettive varietà, presenti in misura non superiore all’85%.
Partendo dai vini bianchi, troviamo la prima tipologia, il “Bianco”, di colore giallo paglierino più o meno intenso, odore vinoso, gradevole, sapore asciutto, armonico, a volte vivace e/o amabile e una gradazione minima di 10,5°C. È prodotto anche nel tipo Frizzante. Si raccomanda di degustarlo in calici di media capacità a tulipano svasato alla temperatura di 10-12°C dal sesto al diciottesimo mese dalla vendemmia
Si passa poi alle varietà monovitigno, come il Coda di Volpe, il Falanghina e il Greco, tutti disponibili nelle versioni Passito e Spumante, e il Fiano, presente anche nella versione Spumante. Tutti questi bianchi si sposano bene con pesci alla griglia, zuppe e fritture di pesce, timballi e calamari in umido. I tipi Passito e Spumante si sposano invece alla pasticceria locale, alla pastiera, ai babà, alle sfogliatelle.
Per quanto riguarda i rossi, si può partire dalla tipologia classica “Rosso” (anche nei tipi Frizzante e Novello), di colore rubino, più o meno intenso, odore vinoso, gradevole, sapore secco, giustamente tannico, a volte vivace, morbido e/o amabile, con una gradazione minima di 11°C. Si beve in calici bordolesi a 16-18°C per valorizzare i piatti della cucina tradizionale: capocollo campano, sartù di riso, zuppa di cardoni e coniglio all’ischitana. Il Rosato è prodotto con le stesse uve del Rosso anche nella versione Frizzante e ha una gradazione minima di 11°. È ottimo con i formaggi della tradizione campana, come caciocavallo e provola. Le tipologie derivate da un singolo vitigno come l’Aglianico (11,5°), il Barbera (11,5°), e lo Sciascinoso (11°) si producono anche nei tipi Passito e Spumante, solo Spumante per il Piedirosso.
L’Aglianico predilige l’abbinamento con le pietanze strutturate della cucina locale, mentre gli altri rossi vengono valorizzati se accompagnati a formaggi, salumi, primi piatti saporiti come lasagne e pasta.
Le ultime due tipologie della D.O.C. sono lo “Spumante Classico Sannio” e il Moscato. Il primo è ottenuto con rifermentazione in bottiglia dai vitigni Greco e Falanghina, presenta una spuma fine e persistente, colore paglierino o rosa più o meno intenso, odore gradevole, caratteristico e sapore secco, armonico, fresco e gradazione minima di 11,5°C. Viene tradizionalmente servito in calici flute alla temperatura di 6-8°C in compagnia di ostriche, crostacei e zuppe di vongole.
Infine il Moscato (14,5°), che con la sua fragranza fruttata e intensa e il suo sapore aromatico a volte amabile a volte vivace, è delizioso con la pastiera napoletana, i babà e le sfogliatelle.
 
Sant’Agata de’ Goti o Sant’Agata dei Goti D.O.C.
L’area di produzione include solo il comune di Sant’Agata de’ Goti, in provincia di Benevento, in una zona particolarmente vocata alla viticoltura già dai tempi degli antichi romani e dove, nel corso dei secoli, sono stati coltivati i vitigni che hanno fatto la storia enologica della Campania: Greco, Falanghina, Aglianico, Piedirosso. L’omonimo vino è ottenuto dalla pigiatura di vitigni autoctoni, vinificati in purezza.
Il Disciplinare contempla le seguenti tipologie: “Rosso”, “Rosato” e “Novello” (da Aglianico e Pedirosso) e le varietà monovitigno “Aglianico”, “Greco”, “Falanghina”, “Falanghina Passito” e “Piedirosso”. Va segnalato in particolare il Bianco, ottenuto mediante pigiatura soffice, dalle rossissime uve di Aglianico e Piedirosso, che confermano una spiccata plasticità ed una perfetta sintonia con il territorio. Questo vino ha un colore che va dal bianco al giallo paglierino, un odore intenso, fine, persistente e un sapore pieno e delicato, con una gradazione minima di 11°C. Come gli altri bianchi della Doc, Greco e Falanghina, va servito in calici di media capacità a tulipano svasato a 8-10°C di temperatura, entro uno-due anni dalla vendemmia. Questi tre vini possono essere gustati con antipasti di pesce, pizza Margherita, mozzarella impanata e fritta, pastasciutta al sugo di pesce, pesciolini fritti, carciofi di Paestum, minestroni e lasagne, zuppa alla marinara, timballi, calamari e caciocavallo.
Il Rosso, dal colore rubino piuttosto intenso, ha odore vinoso e sapore secco e fresco; la gradazione minima è di 11,5°C. Stessa gradazione per l’Aglianico, dal colore rosso più o meno intenso, talvolta tendente al granato, dall’odore armonico, persistente e dal sapore equilibrato e giustamente tannico, e il Piedirosso, dal colore rosso rubino, odore gradevole e sapore di corpo.
Questi vini rossi, così come la tipologia Rosato, condividono gli stessi gustosi abbinamenti con provola affumicata, caciocavallo, capocollo campano, salsicce, salame, peperoni imbottiti, capretto. Un po’ differenti sono invece le temperature di servizio e i tipi di calici “consigliati”: è preferibile degustare il Rosato in calici di media capacità a tulipano ampio, a una temperatura di 12-14°C, il Rosso in calici a ballon a 16-18°C., il Piedirosso in calici bordolesi alla temperatura di 16-18 gradi.
Infine la tipologia Falanghina Passito è un ottimo vino da fine pasto ottenuto dall’omonimo vitigno che si sposa magnificamente ai dolci che appartengono al cuore enogastronomico campano: babà, pastiera, sfogliatelle.

Solopaca D.O.C.
Questo vino si produce in dodici comuni, tutti della provincia di Benevento, nella zona viticola che da Cerreto Sannita si spinge verso sud sino a Solopaca e Melizzano. Da solo rappresenta il 25% della produzione a denominazione di origine della Campania. I vini sono i seguenti: Bianco, Rosso Rosato, Aglianico, Falanghina e Spumante. I vini bianchi godono del contributo di uve provenienti per la maggior parte dal vitigno Trebbiano toscano e Malvasia di Candia, mentre i rossi, indicati per piatti piccanti e da bere appena imbottigliati, derivano in gran parte dai vitigni Aglianico, Piedirosso e Sangiovese.
Il Bianco è prodotto per il 40-60% con uve del vitigno Trebbiano toscano e con quelle dei vitigni Falanghina, Coda di volpe, Malvasia toscana e Malvasia di Candia, per un valore massimo del 20%; possono concorrere anche altri vitigni a frutto bianco della zona. È un vino dal colore giallo paglierino, odore vinoso e gradevole, sapore asciutto e vellutato e gradazione minima di 11°C. Come il Falanghina (11°, derivato dal vitigno omonimo) può accompagnare zuppe di pesce, ostriche, impepata di cozze, crostacei, molluschi e formaggi a pasta filata. Entrambi questi bianchi possono essere serviti in calici di media capacità a tulipano ampio a una temperatura di 8-10°C.
Il Solopaca Rosso, dal colore rubino più o meno intenso, attenuato con l’invecchiamento, è vellutato e corposo e ha una gradazione alcolica di 11,5° (12,50° C per il Superiore, invecchiato in botte per un anno e mezzo). Stessa gradazione per il Rosato e l’Aglianico, rispettivamente dal colore rosa e rubino, asciutti, vivaci e dal sapore fragrante e intenso.
Rosso e Aglianico vanno serviti in calici bordolesi a 16-18 gradi di temperatura entro tre-quattro anni dalla vendemmia. Il primo può gustarsi insieme a capocollo campano, cervellatine, involtini e minestre regionali. Il secondo è invece un rosso che può essere servito per accompagnare piatti con ragù molto ricchi, salsiccia, capretto, selvaggina e pollame. Il Rosato invece si sposa bene con il caciocavallo, la provola, i peperoni imbottiti, le lasagne e altri primi piatti abbastanza strutturati, servito in calici di media capacità a tulipano ampio a 12-14°C.
Per finire lo Spumante (11,5°) ha colore paglierino chiaro, odore vinoso e caratteristico, sapore sapido e una spuma fine e persistente. È ottimo degustato in calici flûte insieme ad ostriche, crostacei in genere e zuppe di vongole.

Taburno D.O.C. 
Vino Bianco anche nella tipologia Spumante, Rosato, Rosso anche nella tipologia Novello, con indicazione del vitigno: Coda di Volpe (Bianco); Falanghina (Bianco); Greco (Bianco); Piedirosso (Rosso); prodotto nella provincia di Benevento

Vesuvio D.O.C.
La zona di produzione comprende solo 15 comuni in provincia di Napoli, localizzati sulle pendici del Vesuvio. “Sacro e antico vino - scriveva Curzio Malaparte - ha il colore misterioso del fuoco infernale, il sapore della lava, dei lapilli, della cenere che seppellirono Ercolano e Pompei”. I vitigni utilizzati sono tutti autoctoni, come il Caprettone, la Falanghina e il Greco per il tipo “Bianco”, e la Palummina e l’Aglianico per il “Rosso e Rosato”.
Le produzioni sono estremamente limitate, non potendo superare i 100 q.li/ha; la resa alla vinificazione non può eccedere il 65%.
I vini prodotti, se raggiungono i 12° possono denominarsi come “Lacryma Christi” e possono essere prodotti anche nella versione Spumante naturale. La denominazione Lacryma Christi del Vesuvio Bianco può essere anche utilizzata per i tipi Spumante e Liquoroso, adatti per il fine pasto; se invece la gradazione è inferiore dovranno recare in etichetta la sola denominazione di “Vesuvio”.
La tipologia Vesuvio Bianco si ottiene dalle uve provenienti dai vitigni Verdeca e Coda di Volpe per almeno l’80%; in questa percentuale, il vitigno Coda di Volpe deve essere presente per almeno il 35%; completa l’uvaggio l’eventuale aggiunta di uve Falanghina e Greco. Ha colore dal paglierino tenue al giallo paglierino, odore vinoso e gradevole e sapore secco leggermente acidulo; è perfetto con piatti di pesce, in particolare con l’impepata di cozze.
Per le varietà Rosso e Rosato si utilizzano invece le uve Piedirosso (localmente noto come Palombina) da solo o congiuntamente allo Sciascinoso (localmente noto come Olivella) per non meno dell'80%, con una presenza minima del Piedirosso non inferiore al 50% del totale. Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve del vitigno Aglianico fino a un massimo del 20% del totale
Questi due vini hanno un colore che varia dal rosso rubino al rosato più o meno intenso; odore gradevolmente vinoso e sapore secco, armonico e abbastanza equilibrato. Hanno gradazione minima di 10,5°C. Il rosso è ideale con il pollo ruspante alla cacciatora e spaghetti aglio e olio e va servito in calici bordolesi a una temperatura di 18-20°C; il Rosato accompagna i polipetti alla Luciana, con sugo di pomodorini del Vesuvio, la pizza Margherita, la minestra di legumi e patate, fritture di piccoli pesci di mare e pesci arrosto conditi con olio di oliva. Come il Bianco va servito in calici rispettivamente di media capacità a tulipano svasato e ampio a una temperatura di 8-10 e 12-14°C.

 

Registrazione newsletter

Iscriviti per ricevere la nostra newsletter