Chieti e dintorni
Un territorio da "Assaggiare"
Per avere un primo “assaggio” di questa terra e comprendere subito la sua natura, bisogna arrivare dal mare. Da lontano si scorgeranno tratti di costa sabbiosa che improvvisamente cedono il passo ad aspre scogliere, oppure calette solitarie e raccolte, che dopo brevi tratti vengono ricoperte da vegetazione selvaggia.
Avvicinandosi ancora un po’, in particolare nel tratto di costa che va da Francavilla a San Salvo, si cominceranno ad intravedere strane strutture emergere dalle acque, esili costruzioni in legno sospese sul mare. Ecco i “trabocchi”: una sorta di lunghe palafitte che arrivano sui fondali, realizzate artigianalmente dai pescatori teatini, che servivano un tempo per calare in mare le reti e ancora oggi vengono utilizzate da qualche pescatore per lo stesso scopo.
Vicinissimo alla costa, distante da essa non più di 20 km in linea d’aria, si erga in tutta la propria maestà il massiccio della Majella, la leggendaria “Montagna Madre”, che accoglie l’uomo nelle profonde valli accarezzate dalle miti brezze marine, ma altrove è scavata da gole e canyon, sale sino ad ampi ed aridi tavolati rocciosi e ridiscende con pendici ricoperte da boschi di pini e faggi, tra dirupi di pietra calcarea dove le grotte, aperte dal tempo, sono state rifugio di eremiti e pastori. E sono proprio i pastori le figure a cui è maggiormente legata la storia della montagna abruzzese, solcata dagli antichi “tratturi” della transumanza, i secolari sentieri che dalla pianura portavano uomini e animali ai verdi pascoli montani. Per conservare intatto questo ambiente di straordinaria ricchezza faunistica e floristica, oggi il territorio è tutelato dal Parco Nazionale della Majella, che comprende un’area di 70.000 ettari e 38 comuni, paesi incastonati fra monti e valli, dove la natura, le tradizioni, le usanze, i riti ancestrali sono radicati e profondamente custoditi dalle popolazioni.
Segno di tale cultura è anche una grande spiritualità, che si palesa in quegli eremi sperduti fra i monti e nelle bianche abbazie romaniche sparse sul territorio, fra le quali la più nota, di antiche origini monastiche, è l’Abbazia di San Giovanni in Venere, che si affaccia sull’Adriatico dall’alto di un promontorio punteggiato da ulivi e vigneti.
In questa terra, dove la natura e la tradizione si intrecciano senza sosta, sono disseminate moderne strutture turistiche e d’accoglienza, come le riserve naturali o le stazioni sciistiche, i numerosi hotel che si specchiano sul mare, i camping immersi nelle pinete o i rustici cascinali ristrutturati, dove apprezzare il soggiorno agrituristico. E poi i ristoranti, scrigni della tradizione gastronomica, dove i piatti tipici sono nati da una straordinaria ricchezza di prodotti unici (per una tra le tante ricette si consulti la finestra).
L’enologia, settore trainante dell’economia provinciale, è incentrata sul concetto di qualità, grazie ai suoi tre vini Doc Montepulciano d’Abruzzo, Montepulciano Cerasuolo e Trebbiano, ma si traduce in tavola anche in originali produzioni tipiche, quali il “mosto cotto” e il “vino cotto”.
Tra le produzioni tipiche spiccano poi i formaggi, soprattutto quelli di pecora, che grazie all’abbondanza di incontaminati pascoli montani, divengono prodotti dai sapori inconfondibili.
La pasta è una vera specialità: oltre alle famose paste industriali di Fara San Martino e all’originale pasta di farro, le ricette più note prevedono la “pasta alla chitarra”, così chiamata per il particolare attrezzo utilizzato per la sua preparazione; “lu rentròcele”, una pasta tradizionale condita con un elaborato ragù; l’antica “pasta alla molinara”, preparata in un unico lungo maccherone da tagliarsi al momento della cottura.
Ricchissimo e originale anche il panorama dei salumi, fra i quali troviamo salsicce di carne fresche o stagionate sott’olio o nello strutto, le salsicce di fegato, i “fegatazzi” piccanti, talvolta aromatizzati con scorze d’arancia, le salsicce di “panza”, fatte con gli stomaci di maiale, ma la più nota e prelibata è la “ventricina”. Tipica della zona di Vasto, è un salume artigianale preparato insaporendo la carne di maiale con peperone rosso, peperoncino, sale, pepe e, in alcune varianti, semi di finocchio.
Ottime le conserve, sia di pomodoro che di carciofini o altre verdure, rese così buone da prodotti già di per sé ricchi di gusto e conservati con il denso olio extravergine d’oliva “Gentile di Chieti”, dal sapore persistente e vellutato. Un cenno a parte merita la “cunzerve”, una salsa tradizionale preparata con peperoni rossi e, nella versione piccante, con peperoncino, cotta lentamente e lasciata evaporare al sole, in modo che un solo cucchiaio sia sufficiente a dare colore e gusto al sugo.
Fra i prodotti della terra bisogna ricordare poi i tartufi, sia lo Scorzone che il tartufo bianco, abbondanti nella provincia di Chieti e protagonisti di numerosi piatti. Sempre dalla terra, o meglio dai fiori, arriva il pregiatissimo miele delle zone pedemontane, che spicca in particolare nelle varietà millefiori, di Sulla e di ciliegio.
Nell’ambito della valorizzazione delle produzioni tipiche del teatino, la Provincia di Chieti è promotrice di svariate manifestazioni, fra le quali, da non perdere, “Profumi e Sapori della Provincia di Chieti”, un programma contenitore di diverse manifestazioni, che intende promuovere la produzione vinicola, oleicola e del miele della zona, tramite iniziative quali l’ampia esposizione, i mini corsi di degustazione, convegni, educational, work-shop, premi giornalistici, borse di studio, premi Sommelier, premi ONAV con il coinvolgimento di ristoranti per l’abbinamento dei vini ai piatti tipici e serate di cultura e spettacolo (estratto programma in finestra).
La manifestazione inizierà con la presentazione ufficiale il 12 dicembre a Villa Ormon di San Remo e si concluderà nell’ottobre 2000.
La costa dei "Trabocchi"
“Grande macchina pescatoria composta di tronchi scortecciati, di assi e di gomene, che biancheggiava singolarmente, simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano”, con queste parole circa un secolo fa il grande poeta abruzzese Gabriele D’Annunzio descriveva ed esaltava la drammatica bellezza dei Trabocchi, esili costruzioni in legno, sospese sull’acqua turchina, antica testimonianza di uno strano rapporto dell’uomo con il mare.
I trabocchi, realizzati artigianalmente dai pescatori abruzzesi, impreziosiscono il litorale conferendo un’immagine caratteristica al tratto di costa che va da Francavilla a San Salvo, ricco di queste strutture così particolari, ben conservate e diverse tra loro per forma e materiale.
E sempre diverso è il paesaggio costiero, che cambia repentinamente ed imprevedibilmente passando dalla spiaggia di sabbia fine e dorata alle rocce scoscese e alle calette, dall’arenaria alla brecciolina, dalla vegetazione selvaggia alla pineta.
Spiaggette immerse nel blu del mare e nel giallo delle bellissime e selvagge ginestre e sullo sfondo ci sono loro, i trabocchi, una specie di lunghe palafitte o grandi aragoste che si allungano sui fondali e che servivano per calare in mare le reti e da cui ancora oggi qualche vecchio pescatore cala e issa le sue reti.
Tutti i Paesi e le Città di questa particolarissima fascia costiera, così eterogenea, sono intrise di storia e di civiltà diverse, dovute alle popolazioni che l’hanno abitata, che si sono intrecciate nei secoli con la vita quotidiana e sembra quasi che anche la natura abbia voluto rispettare questa diversità assicurando scorci di grande fascino al visitatore.
Il Parco Nazionale della Majella
E’ questo un parco che deve il suo nome al massiccio montuoso che ne rappresenta cuore, corpo ed identità. La Majella è certamente un massiccio, ma per le sue caratteristiche geomorfologiche è più simile ad un’unica montagna solcata da valloni profondi e rocciosi, scavata da gole e canyon, macchiata da boschi di faggi e di pini, segnata da grotte, fenditure che il tempo ha aperto nella pietra calcarea, punteggiata da piccoli paesi addossati alla parete montuosa.
A rendere omogeneo il territorio del Parco, che si estende su un’area di circa 70.000 ettari e comprende 38 comuni, sono la specificità della sua natura e del suo ambiente e la singolarità di un’antichissima presenza umana che si fa risalire a 700.000 mila anni fa. Questa montagna, a differenza di altre, non divide ma unisce; all’uomo si è sempre presentata così, praticabile. E poi la straordinaria vicinanza al mare: nessun’altra montagna lo è, nessuna può sfruttarne meglio le capacità termoregolatrici: grazie al mare sulla Majella il freddo non è mai freddissimo e vivere è difficile ma non impossibile.
Accessibile ed accogliente, la Majella è stata identificata nel corso dei millenni come la “Montagna Madre”, protettrice e divina; il suo stesso nome è associato al simbolo della Madre secondo la leggenda della gigantesca guerriera Maja disperata per la morte del suo unico figlio e il cui lutto Giove volle onorare piantando sui monti un piccolo fiore giallo, noto oggi come maggiociondolo.
Mitologia e preistoria a parte, la storia della Majella è legata soprattutto alla presenza costante della pastorizia che si è intrecciata con il fenomeno dell’eremitismo. Il mondo dei pastori quindi ma anche degli eremiti e la relazione si è consolidata con l’uso comune delle grotte e dei ripari naturali e nonostante gli eremiti siano scomparsi non così gli eremi che continuano a segnare il paesaggio della Majella, spesso mimetizzati fra la pietra della montagna.
Ma la Majella offre al visitatore altre mete: decine di magnifici centri storici, incastonati fra monti e valli, piccoli paesi dall’aspetto di presepi. La bellezza di questa montagna è proprio nell’equilibrio tra una natura ancora dominante nel paesaggio e la presenza stratificata della cultura e della civiltà.
Visitare e conoscere il Parco della Majella significa immergersi in quel che rimane nel mondo dei pastori, sfruttarne i sentieri antichi per scoprire scenari sorprendenti.
Per gli amanti della fauna e della flora, la Majella offre un articolato sistema di riserve naturali (dieci) che hanno anticipato la costituzione del Parco Nazionale, e di aree faunistiche e orti botanici, dove animali e piante tipici dell’Appennino trovano protezione.
Una fitta rete di sentieri collega tutti i punti più importanti della montagna (eremi, grotte, capanne a tholos, chiese tratturali e monastiche) e borghi piccoli e grandi offrono buoni alloggi e una cucina tipica a prezzi contenuti.
“Corde di chiochie al sugo di papera muta”
Tipo di pasta fatta a mano ottenuta da una chitarra, "lu maccarunare", particolare e stretta. Il suo nome deriva dalla forma particolare che ricorda le stringhe delle "chiochie", cioè delle tipiche calzature di cuoio un tempo indossate dai contadini per lavorare nei campi
Ingredienti per quattro persone
Per la salsa: ½ anatra muta, un po' di sedano, 1 carota, ½ cipolla, 1 foglia di alloro, olio extra vergine di oliva, 1 dl. di vino Montepulciano d'Abruzzo, pomodoro e sale q.b.
Per la pasta: 2 uova intere, 150 gr. d’acqua, farina q.b.
Procedimento
In un tegame di terracotta soffriggere nell'olio d'oliva l'anatra fatta a pezzetti. Aggiungere gli odori tritati finemente, irrorare più volte con il vino e far evaporare, quindi aggiungere il pomodoro. Salare ed ultimare la cottura a fuoco basso.
Condire con questa salsa la pasta precedentemente preparata.