Vercelli
Vercelli, garbata riservatezza
In un paesaggio verde, fortemente caratterizzato dalla presenza delle risaie, la cosiddetta “terra d’acqua”, sorge Vercelli, non a caso il più importante centro economico per la lavorazione e la produzione del riso.
Operosa e vivace nelle attività legate ai suoi patrimoni naturali, Vercelli è una città tranquilla e riservata, giustamente ritenuta “a dimensione d’uomo”, priva della frenesia e del clamore delle grandi città, e ricca del gradevole fascino della discrezione.
Qui niente sembra essere accaduto. Perlomeno nulla di così altisonante o memorabile.
Eppure Tacito la ricordava come “municipio solidissimo” per la posizione strategica, Sant’Eusebio istituì qui la prima diocesi del Piemonte e i pellegrini medievali la scelsero quale prima tappa italiana in pianura lungo l’antica via Francigena. Avvenimenti rilevanti, come la fondazione dell’Università nel 1228, in perfetta armonia con il successivo sviluppo artistico e culturale.
In effetti, andando alla scoperta della città, lungo i viali alberati sorti in corrispondenza delle antiche mura medievali, al ritmo misurato dei suoi abitanti, insospettabili tesori si schiudono dinanzi agli occhi del visitatore, patrimonio di una città che si rivela bellissima, forse la più bella del Piemonte insieme a Torino.
Simbolo della città è la Basilica di Sant’Andrea, che presenta una stupenda facciata racchiusa tra due svettanti campanili, che colpisce lo sguardo per il contrasto cromatico tra il verde della pietra, il bianco delle loggette e il rosso dei mattoni, mirabile esempio di un felice connubio di stile romanico e gotico, con influenze normanne e provenzali. Da non perdere il chiostro e la Sala Capitolare, considerata una delle più belle d’Italia. Nei pressi merita una visita il Salone Dugentesco, che è quanto resta dell’ospedale destinato ai pellegrini fondato nel 1223.
In Piazza Sant’Eusebio, tra il verde degli ampi spazi e degli alberi secolari, si staglia la Cattedrale omonima, che venne eretta in tempi antichissimi probabilmente dallo stesso Sant’Eusebio, ricostruita come basilica paleocristiana tra il V e il VI secolo, e poi demolita nel 1570 (di essa si conserva solo il campanile). In seguito l’edificio sacro fu nuovamente ricostruito subendo rifacimenti e modifiche. L’interno a tre navate a croce latina conserva notevoli cimeli, tra cui spicca il Crocefisso in lamina d’argento, che è il più grande tra i crocefissi monumentali di età romanica conservati. Molto suggestive sono la regalità del volto di Cristo e la plasticità e la cura dei particolari delle altre parti del corpo. Altri motivi d’interesse sono la cappella del Beato Amadeo di Savoia che conserva l’urna con le sue spoglie, i dipinti di Pier Francesco Guala, le epigrafi del VI sec. d.C. e la Cappella di S. Eusebio. Da non perdere il Museo del Tesoro del Duomo, un nuovo spazio espositivo all’interno dell’Arcivescovado, che conserva una vasta collezione di vasi sacri, preziosi reliquari, urne di santi, oggetti di culto, evangeliari.
La Bibilioteca Capitolare rappresenta invece una delle più ricche e rilevanti raccolte di codici manoscritti, a testimonianza della profonda e radicata cultura ecclesiastica del vercellese. Tra essi spicca il “Vercelli Book”, uno dei manoscritti più famosi del mondo risalente al X secolo, forse portato da un pellegrino durante un suo viaggio a Roma o in Terra Santa. Questo testo ha un valore inestimabile, in quanto rappresentò per gli anglofoni il mezzo principale per lo studio della formazione ed evoluzione della lingua inglese moderna.
Lasciandosi alle spalle Piazza d’Angennes, ci si addentra nelle vie del centro storico, attraverso altri cinque secoli di storia, dal XIV al XIX secolo, incarnati da musei, chiese e palazzi nobiliari, in un tessuto urbano di assoluto rilievo che ha il suo cuore in Piazza Cavour. La Piazza, sobria ed elegante, presenta una pavimentazione in ciottoli e una serie di portici di epoche diverse, ed è dominata dalla Torre dell’Angelo.
Il Museo Camillo Leone, sito in via Verdi, ha sede in due splendidi palazzi, Casa Alciati e Palazzo Langosco, e conserva importanti reperti di storia italiana e vercellese, a partire dalla Preistoria, fino al Rinascimento. L’altro museo importante della città è il Francesco Borgogna, che può essere considerato la seconda pinacoteca del Piemonte dopo la Pinacoteca Sabauda di Torino, per la pregevole collezione di opere pittoriche e affreschi sia di scuola vercellese, che di rinomati artisti italiani (Gaudenzio Ferrari, Palma il Vecchio, Tiziano), nonché tedeschi, olandesi e fiamminghi.
E veniamo ad un altro edificio sacro molto importante della città: la Chiesa rinascimentale di S. Cristoforo, un edificio a tre navate definito la “Cappella Sistina di Vercelli”, per il grandissimo valore artistico dei dipinti cinquecenteschi custoditi, tra cui alcune delle opere più conosciute di Gaudenzio Ferrari, quali la pala d’altare raffigurante la Madonna degli Aranci e due cicli di affreschi sulle “Storie della vita della Vergine” e le “Storie della Vita di Santa Maria Maddalena”. Un miracolo sembra invece all’origine della fondazione della chiesa di S. Bernardo, sede del santuario diocesano: si narra che nel 1630 la Vergine intercedesse per liberare i vercellesi dalla peste, e da allora l’icona seicentesca è oggetto di venerazione durante la celebrazione della festa Maria Salute degli Infermi.
Un tuffo nel “profano” non può mancare al termine di questo coinvolgente itinerario: una passeggiata di shopping in Corso Libertà, l’elegante via di vetrine e negozi che percorre trasversalmente il centro storico, per poi sbucare in Piazza Pajetta, dove sorge il monumento a Vittorio Emanuele II.
Chi avesse ancora del tempo, può soffermarsi a visitare alcune delle numerose altre chiese, la Sinagoga, il Castello Visconteo, Palazzo Centoris e il Palazzo Arcivescovile.
LA VALSESIA
La Valsesia composta dalla Val Grande, la Val Sermenza o Val Piccola e la Val Mastallone, vive innanzitutto nei racconti e nelle leggende della gente del luogo. Si narra che in principio fosse popolata da gnomi e diavoli, che conducevano una vita parallela nei cunicoli sotterranei: chi non ci crede può recarsi sul Monte Ventolaro, sopra Scopello dove un grosso buco fu causato da una cornata del Diavolo, oppure cercare un masso dimenticato che doveva servirgli a distruggere una chiesetta nei paraggi. Eppure a guardarla non si direbbe. E’ la valle più verde d’Italia, il colore dei suoi sconfinati prati che d’inverno cede il passo al bianco della neve. Ma altri due colori brillano da queste parti, l’azzurro del fiume Sesia, regno degli appassionati di canoa, kayak, rafting, hydrospeed e torrentismo, e il rosa come il nome del Monte, il grande massiccio che regala emozioni a sportivi e sciatori. Il Parco Naturale Alta Valsesia è considerato il più alto d’Europa, e ospita colonie di stambecchi, camosci, marmotte, aquile reali. Grotte e insediamenti preistorici sono salvaguardati invece nel Parco Naturale del Monte Fenera, che testimonia quanto antica fu in queste zone la presenza umana.
Varallo Sesia
E’ il principale centro culturale e storico della valle, famoso per il santuario del Sacro Monte, sorto su un colle che domina la cittadina. Si tratta di una ideale città sacra, una sorta di “nuova Gerusalemme”, composta di cinquanta cappelle che, attraverso dipinti e statue a grandezza naturale, raccontano gli episodi della Passione e morte di Gesù Cristo. Ma la località presenta anche altre attrattive, tra cui la Collegiata di S. Gaudenzio e la Pinacoteca e il Museo di Scienze Naturali, visitabili all’interno del Palazzo dei Musei.
Un gioiello artistico da non perdere è poi la Parete Gaudenziana, che all’interno delle Chiesa di Santa Maria delle Grazie presenta un mirabile ciclo di affreschi sulla vita e Passione di Cristo, opera di Gaudenzio Ferrari.
Alagna Valsesia
Alagna è situata sul versante valsesiano del Monte Rosa e fa parte del Monterosaski, un comprensorio sciistico ricco di piste e impianti, dove è possibile però anche praticare lo sci fuori pista. Ma Alagna, insieme ad altre località e frazioni, quali Otro, Carcoforo, Rima e Rimella, rappresenta soprattutto un tipico esempio di insediamento Walser. Le tracce di questa mitica popolazione di origine tedesca giunta in queste valli durante il medioevo, sono ravvisabili nell’architettura delle case in legno e pietra, nella grafia dei toponimi, nel linguaggio e nelle tradizioni. I circa quindicimila discendenti, custodiscono gelosamente questa vivace eredità culturale, che ha trovato anche ulteriore protezione nei due musei di cultura Walser, sorti Pedemonte di Alagna, e a Rabernardo di Val Vogna.
Borgosesia
Si tratta del più grande centro industriale e commerciale della valle, rinomato nel settore tessile per la produzione del pregiato cashmere. I reperti rinvenuti tra gli insediamenti preistorici del Parco Naturale del Monte Fenera, possono essere ammirati presso il Museo Paleontologico di Borgosesia.
A TAVOLA NEL VERCELLESE
La cucina di questa provincia ha tutto il sapore e l’intensa fragranza dei prodotti tradizionali di queste valli, da cui nascono piatti poveri in ingredienti, ma ricchi dell’inventiva e dell’originalità della gente valsesiana, in grado di soddisfare anche i palati più esigenti.
In ogni accogliente ristorante si possono provare le “miacce”, fragranti crespelle di farina condite a piacere con salse, marmellate e miele. Tipiche anche le zuppe di riso e di pane, e il riso cucinato nei modi più fantasiosi.
Polenta, fontina, lardo, pane nero sono irresistibili richiami per sportivi e sciatori, così come la “toma”, caratteristico formaggio delle valli valsesiane prodotto negli alpeggi, e la “mocetta”, un saporito affettato locale.
Tra i secondi piatti, non si può perdere la “carbonade”, gustosa carne di bue rosolata e l’“uberlekke”, un tradizionale piatto walser a base di carne e verdure.
Da non dimenticare la grande risorsa costituita dal Sesia, che fornisce pregiate trote dalla carne fine e delicata, da cucinare “alla valsesiana”: piacevolmente dorate nella farina e condite con molto sale, pepe, salvia e rosmarino.
Tutte queste delizie devono essere assaporate con fresca acqua di montagna e un buon vino rosso, che costituisce il fiore all’occhiello di queste zone: il grande Nebbiolo, la Vespolina la Bonarda e la Croatina, senza però dimenticare l’ottimo bianco da uve Erbaluce. Tutto sembrerà infine più leggero, sorseggiando un buon digestivo a base di erbe alpine.