Sacro Monte di Orta
Sacro Monte di Orta
Il Sacro Monte di Orta e l'isola di San Giulio
In quel delizioso angolo di Piemonte dove il lago d’Orta fa da specchio a tutto ciò che lo circonda, si allunga sulla montagna il Sacro Monte di Orta, esperienza di cammino religioso che si inserisce ottimamente nel panorama vivace dei sacri monti dell’Italia del Nord.
Esso fu voluto come atto di culto dalla Comunità d’Orta, che aveva fatto un voto, e dedicato a san Francesco d’Assisi, il Santo che aiutava i poveri e parlava con gli animali.
La sua costruzione risale al 1583 circa, e il luogo dove esso sorge, ovvero il Monte di San Nicolao, fu scelto perché già vi si venerava da tempo una Madonna della Pietà.
Il progetto si rivelò estremamente articolato sin dal primo momento, e prevedeva, secondo Cleto da Castelletto Ticino, un cappuccino, numerose cappelle, trentasei per la precisione, che avrebbero avuto il fine di illustrare con dovizia di particolari la vita del santo di Assisi, in modo tale da mostrare come in lui vi fosse stata una piena aderenza all’esempio di Cristo, basandosi per l’articolazione del percorso, al più antico antecedente dei Sacri Monti, quello di Varallo, che in periodo di controriforma, quando cioè si prevedeva che l’arte sacra dovesse essere atta al coinvolgimento dello spettatore e del fedele attraverso l’emozione, era stato sotto l’egida illuminata di Carlo Bascapè, che era allora vescovo di Novara.
Bascapè si occupò anche del sacro Monte di Orta, curando che i disegni fossero conformi a quello spirito che animava la Controriforma. Era un fenomeno infatti molto frequente che fosse il clero ad indicare il programma delle immagini, essendo questo spesso complesso o denso di simbologie molto pregnanti.
Nella realizzazione intervennero sia scultori e decoratori che pittori come ad esempio i cosiddetti Fiammenghini, chiamati così poiché avevano un padre originario della zona delle Fiandre, Cristoforo Prestinari, in qualità di scultore, e uno splendido pittore Lombardo detto il Morazzone, mentre successivamente interverranno altri artisti di ambito schiettamente lombardo, come Giovanni D’Enrico e suo fratello Melchiorre, scultori, e nel seicento inoltrato anche i celebri fratelli Giuseppe e Carlo Nuvolone, per gli affreschi.
Detto questo, emerge chiaramente come il sacro monte di Orta sia davvero un programma complesso, che avuto nel tempo uno sviluppo costante, improntato su una devozione molto intensa.
La vita del Santo viene interpretata dagli artisti nelle varie cappelle secondo uno stile personal e animato dalla più grande partecipazione, dal momento della nascita del Santo tra sculture affascinanti ed affreschi, passando attraverso episodi quali la rinuncia di Francesco, che era figlio di un ricco mercante, a tutti i suoi beni, all’ indulgenza alla Porziuncola, le stigmate, la morte del Santo e i miracoli sulla sua tomba, terminando la narrazione con la ventesima cappella che ne illustra invece la canonizzazione.
Due Santi viaggiatori, un’isola, i serpenti e la pietra che muta colore.
Imperdibile anche un luogo davvero speciale, inserito in una natura splendida e quasi irreale, l’isola di San Giulio, nel lago d’Orta.
La piccola chiesa che si innalza sull’isola, emana un fascino mistico talmente profondo che lo si avverte già anche solo osservandola da lontano, con tutta quell’acqua a specchio che la circonda. Per aggiungerla è necessario prendere una imbarcazione, e solcare per un breve tratto quelle acque che si racconta, un giorno, un Santo che sapeva parlare con la voce dell’amore, solcò usando come imbarcazione il mantello che indossava.
La storia dell’isoletta è infatti strettamente legata alla vicenda del santo da cui deriva il nome. San Giulio e San Giuliano erano due fratelli fuggiti dalla loro terra natale per sfuggire alla persecuzione degli ariani, e vennero per convertire i pagani e per diffondere il Cristianesimo. Il loro viaggio fu lungo e non fu facile; li condusse, sempre insieme, dal lontano Oriente che sa di spezie e di profumi, al Lazio fino a quella zona che porta anche il nome di Cusio ma che è più genericamente nota come la zona del lago d’Orta, ove fondarono la novantanovesima chiesa dal momento in cui avevano intrapreso quel cammino di evangelizzazione.
Poi la leggenda narra che San Giulio alzò lo sguardo, e vide quella piccola isola in mezzo alle acque che riflettevano il colore plumbeo del cielo, un’isola che era infestata dai serpenti, che sempre sono simbolo del male, la aggiunse navigando sul suo mantello, scacciò per sempre i serpenti e vi fondò, simbolicamente, la centesima chiesa del suo cammino, la chiesa che fu dedicata ai dodici apostoli. San Giulio morì attorno alla fine del gennaio del 400 e il suo corpo trovò sepoltura nell’isola.
Oggi, l’attuale chiesa con serva soltanto le fondamenta dell’antico edificio fondato da San Giulio, come spesso accade, perché l’edificio è stato più volte ricostruito nei secoli successivi. Tuttavia quello che si avverte all’interno della Chiesa è davvero il senso di una spiritualità densa e coinvolgente, che affascina ed avvolge, attraverso gli affreschi, antichi e bellissimi che adornano le antiche pareti, e lo splendido ambone, cioè una sorta di piattaforma sopraelevata per la predicazione, detta ambone perché munita di due scale, una per salire ed una per scendere, di una pietra speciale, che a con tatto con l’aria muta il colore fino a sembrare bronzo, con tutti gli effetti della luce che batte sul bronzo, di serpentino grigio di Oira, località di cave. Qui, tra l’aquila, simbolo dell ‘Evangelista Giovanni, il quale del volatile aveva la vista acuta, essendo l’autore dell’Apocalisse, e Marco, il leone con le ali, se ne sta in piedi in posizione fiera una piccola figura solida, forse Guglielmo da Volpino, l’uomo che nel lontano anno mille, fece edificare il campanile che ancora oggi è uno dei simboli di quell’isola che, al centro del lago, sorride.