Lago d'Iseo
ISEO: il lago dei castelli, delle "fate" e della leggendaria "Sarneghera"
Nel
secolo XII l'Imperatore Federico Barbarossa scendeva dalla Svevia a
minacciare la libertà dei comuni guelfi della Lombardia, assaltando i
castelli posti a baluardo della via d'acqua costituita dal lago d'Iseo,
poderosi manieri cui Bergamo e Brescia affidavano la propria difesa.
Tracce di questa, e di un'altra storia ancora più antica, si ritrovano tutt'oggi splendidamente intatte sulle rive e nel territorio circostante il lago: dai resti dei villaggi palafitticoli dell'età della pietra, si passa attraverso le civiltà dei Reti, dei Camuni, dei Cenomani, per giungere alle testimonianze romane e arrivare poi alla fiorente età dei Comuni e delle Repubbliche autonome, che tanto ricche vestigia hanno lasciato con i loro palazzi e le magnifiche chiese.
A nord la Val Camonica, con il suo Parco Naturale posto a congiungere perfettamente quelli dello Stelvio e dell'Adamello, le sue famose Terme di Darfo-Boario e la tradizionale lavorazione del ferro; a sud il territorio della Franciacorta, le dolci colline moreniche ammantate di prestigiosi vigneti e le sue ville patrizie; ad oriente la signorilità di Brescia; ad ovest la suggestione dell'arte di Bergamo: ecco la carta d'identità del più piccolo, ma non certo meno affascinante, fra i laghi prealpini lombardi.
Infossato fra pendii ora scoscesi ora dolci di una stretta valle, il Lago d'Iseo riflette nelle proprie acque il verde delle prealpi che lo circondano e dell'isola che ne occupa il centro: Mont'Isola, la più grande isola lacuale d'Europa, verdeggiante di boschi e ricca di tesori architettonici d'epoca antica, come il Santuario della Madonna della Ceriola che svetta bianco sulla cima, la Rocca Martinengo del 1300, la Casa fortificata Oldofredi a Peschiera Maraglio.
Per godersi appieno il fascino selvaggio ed incontaminato di questa oasi di storia, dove la maggior parte degli abitanti vive ancora dell'antico mestiere del pescatore, dove i villaggi sulla costa hanno conservato le antiche strutture, con vicoli stretti, case addossate l'una all'altra, stradine che salgono a gradoni, non c'è cosa più semplice che imbarcarsi su uno dei frequenti traghetti in partenza da Sulzano o Sale Marasino, non senza aver prima lanciato uno sguardo a Villa Martinengo Villagana. Una volta provata l'emozionante esperienza di ammirare lo spettacolo del lago "dal di dentro", cioè solcando le sue acque, diviene scontato trovarsi quasi costretti a compiere una crociera completa, con il desiderio di toccare e vedere le cittadine rivierasche, tutte ricche di memorie del passato e di bellezze naturalistiche. Questo è sicuramente il modo migliore per conoscere il Sebino, (antico nome del lago d'Iseo).
Il punto di partenza potrebbe essere Lovere, in cima al lago dove, oltre alla Basilica di Santa Maria di Valvendra, merita senz'altro una visita Palazzo Tadini, (sede dell'Accademia omonima), che ospita una delle più importanti raccolte d'opere d'arte private di tutta la Lombardia: fra le altre, alcune dei fratelli Bellini, un Tiepolo e un Parmigianino.
Proseguendo poi in un itinerario che unisce sacro e profano, cultura e arte, splendidi paesaggi e percorsi religiosi, non si può evitare di soffermarsi a Marone, antico paesino di mezza montagna placidamente adagiato fra gli olivi ed i vigneti della sponda bresciana.
Da Marone si risale a Zone, ed ecco apparire improvvisamente fra i castagni una visione incantata: "le fate dei boschi", strano fenomeno naturale che continua a destare stupore e meraviglia. Le "Fate" sono piramidi di terra che il gioco della pioggia e del vento ha creato nel corso degli anni, guglie alte anche trenta metri, sormontate al vertice da un grande masso in bilico che funge da cappello. Scendendo nuovamente verso valle, per riguadagnare la riva del lago, sarebbe bene prima fermarsi a contemplare le chiesette di San Pietro in Vinculis (sec XV) e il Santuario della Madonna della Rota (sec. XVI), affrescato da Giovanni Marone. Queste immagini, quella delle piramidi di terra e quella delle deliziose cappelle di montagna, potranno essere conservate nella memoria fino ad Iseo, cittadina del Sebino inferiore dove nuove e differenti sorprese attendono il turista.
Iseo è una paese di antiche tradizioni e di moderne comodità, un tempo fiorente porto commerciale al centro di numerosi traffici verso la Pianura Padana: oggi, da visitare, la Pieve di Sant'Andrea, chiesa del XII secolo, e soprattutto il Castello Oldofredi del 1161, che, nonostante abbia perso parte del suo fiero aspetto fra il '500 e il '700 (periodo durante il quale fu convento di Cappuccini), non manca tuttora di sorprendere con l'imponenza delle sue torri.
Sotto Iseo, a meno di un chilometro dal lago, si giunge dunque al paradiso naturalistico delle Torbiere.
Una serie di specchi d'acqua separati da sottili lingue di terra e costellati di minuscole isole coperte di canneti palustri, ospita più di 150 specie di piante spontanee. A maggio sbocciano le prime ninfee. Poi, con il primo grande caldo, i fiori d'acqua si aprono sempre più numerosi finché gli specchi argentei formano un'unica distesa di petali bianchi e rosa. Numerosi uccelli acquatici nidificano indisturbati in questo piccolo paradiso terrestre.
Uno spettacolo indimenticabile e particolare, che sottolinea il carattere selvaggio, semplice e pittoresco, del Lago d'Iseo, che valorizza il suo già ampio e differenziato patrimonio naturale e manifesta la mitezza del clima di cui esso gode, che invita a gustarne gli aspetti più romantici accanto a quelli culturali e turistici.
Tracce di questa, e di un'altra storia ancora più antica, si ritrovano tutt'oggi splendidamente intatte sulle rive e nel territorio circostante il lago: dai resti dei villaggi palafitticoli dell'età della pietra, si passa attraverso le civiltà dei Reti, dei Camuni, dei Cenomani, per giungere alle testimonianze romane e arrivare poi alla fiorente età dei Comuni e delle Repubbliche autonome, che tanto ricche vestigia hanno lasciato con i loro palazzi e le magnifiche chiese.
A nord la Val Camonica, con il suo Parco Naturale posto a congiungere perfettamente quelli dello Stelvio e dell'Adamello, le sue famose Terme di Darfo-Boario e la tradizionale lavorazione del ferro; a sud il territorio della Franciacorta, le dolci colline moreniche ammantate di prestigiosi vigneti e le sue ville patrizie; ad oriente la signorilità di Brescia; ad ovest la suggestione dell'arte di Bergamo: ecco la carta d'identità del più piccolo, ma non certo meno affascinante, fra i laghi prealpini lombardi.
Infossato fra pendii ora scoscesi ora dolci di una stretta valle, il Lago d'Iseo riflette nelle proprie acque il verde delle prealpi che lo circondano e dell'isola che ne occupa il centro: Mont'Isola, la più grande isola lacuale d'Europa, verdeggiante di boschi e ricca di tesori architettonici d'epoca antica, come il Santuario della Madonna della Ceriola che svetta bianco sulla cima, la Rocca Martinengo del 1300, la Casa fortificata Oldofredi a Peschiera Maraglio.
Per godersi appieno il fascino selvaggio ed incontaminato di questa oasi di storia, dove la maggior parte degli abitanti vive ancora dell'antico mestiere del pescatore, dove i villaggi sulla costa hanno conservato le antiche strutture, con vicoli stretti, case addossate l'una all'altra, stradine che salgono a gradoni, non c'è cosa più semplice che imbarcarsi su uno dei frequenti traghetti in partenza da Sulzano o Sale Marasino, non senza aver prima lanciato uno sguardo a Villa Martinengo Villagana. Una volta provata l'emozionante esperienza di ammirare lo spettacolo del lago "dal di dentro", cioè solcando le sue acque, diviene scontato trovarsi quasi costretti a compiere una crociera completa, con il desiderio di toccare e vedere le cittadine rivierasche, tutte ricche di memorie del passato e di bellezze naturalistiche. Questo è sicuramente il modo migliore per conoscere il Sebino, (antico nome del lago d'Iseo).
Il punto di partenza potrebbe essere Lovere, in cima al lago dove, oltre alla Basilica di Santa Maria di Valvendra, merita senz'altro una visita Palazzo Tadini, (sede dell'Accademia omonima), che ospita una delle più importanti raccolte d'opere d'arte private di tutta la Lombardia: fra le altre, alcune dei fratelli Bellini, un Tiepolo e un Parmigianino.
Proseguendo poi in un itinerario che unisce sacro e profano, cultura e arte, splendidi paesaggi e percorsi religiosi, non si può evitare di soffermarsi a Marone, antico paesino di mezza montagna placidamente adagiato fra gli olivi ed i vigneti della sponda bresciana.
Da Marone si risale a Zone, ed ecco apparire improvvisamente fra i castagni una visione incantata: "le fate dei boschi", strano fenomeno naturale che continua a destare stupore e meraviglia. Le "Fate" sono piramidi di terra che il gioco della pioggia e del vento ha creato nel corso degli anni, guglie alte anche trenta metri, sormontate al vertice da un grande masso in bilico che funge da cappello. Scendendo nuovamente verso valle, per riguadagnare la riva del lago, sarebbe bene prima fermarsi a contemplare le chiesette di San Pietro in Vinculis (sec XV) e il Santuario della Madonna della Rota (sec. XVI), affrescato da Giovanni Marone. Queste immagini, quella delle piramidi di terra e quella delle deliziose cappelle di montagna, potranno essere conservate nella memoria fino ad Iseo, cittadina del Sebino inferiore dove nuove e differenti sorprese attendono il turista.
Iseo è una paese di antiche tradizioni e di moderne comodità, un tempo fiorente porto commerciale al centro di numerosi traffici verso la Pianura Padana: oggi, da visitare, la Pieve di Sant'Andrea, chiesa del XII secolo, e soprattutto il Castello Oldofredi del 1161, che, nonostante abbia perso parte del suo fiero aspetto fra il '500 e il '700 (periodo durante il quale fu convento di Cappuccini), non manca tuttora di sorprendere con l'imponenza delle sue torri.
Sotto Iseo, a meno di un chilometro dal lago, si giunge dunque al paradiso naturalistico delle Torbiere.
Una serie di specchi d'acqua separati da sottili lingue di terra e costellati di minuscole isole coperte di canneti palustri, ospita più di 150 specie di piante spontanee. A maggio sbocciano le prime ninfee. Poi, con il primo grande caldo, i fiori d'acqua si aprono sempre più numerosi finché gli specchi argentei formano un'unica distesa di petali bianchi e rosa. Numerosi uccelli acquatici nidificano indisturbati in questo piccolo paradiso terrestre.
Uno spettacolo indimenticabile e particolare, che sottolinea il carattere selvaggio, semplice e pittoresco, del Lago d'Iseo, che valorizza il suo già ampio e differenziato patrimonio naturale e manifesta la mitezza del clima di cui esso gode, che invita a gustarne gli aspetti più romantici accanto a quelli culturali e turistici.
LA LEGGENDA DELLA SARNEGHERA
(Da : Il Giornale di Iseo)
(Da : Il Giornale di Iseo)
...SARNEGHERA D'AMORE...
"Occhi penetranti, sguardo fiero, finissimi i capelli come le sete dei broccati che furon tessuti per tanti e tanti secoli".
Ecco come Luciano Imbriani, uno fra i più delicati narratori che hanno scritto del Lago d'Iseo, ha presentato le donne di Montisola. Ritenute "l'ornamento gentile" del luogo, le isolane da sempre raccolgono il favore di artisti e scrittori: da Silvestro Lega e Telemaco Signorini a Massimo D'Azeglio e Luciano Imbriani, appunto.
Le numerose le citazioni che riguardano il fascino discreto di queste donne del lago, forse prendono spunto dalle leggende che un tempo gli anziani raccontavano nelle lunghe sere d'inverno. Fra le tante ve n'è una che spiega l'origine della "Sarneghera", il violentissimo temporale che dai monti della bergamasca nel giro di pochi minuti giunge a Iseo accanendosi poi sui paesi della Franciacorta. Chi ha la "fortuna" di vederlo arrivare assiste ad uno spettacolo quasi apocalittico: prima si scatena il vento, selvaggio, che nel passato ha causato incidenti mortali, poi da Sarnico fanno capolino le nuvole che imbronciano il cielo, rendendo il lago tetro e minaccioso. Le acque si increspano diventando color della fuliggine e poi, quasi improvvisamente, la volta celeste sembra scaricare tutta la sua riserva di pioggia, come se stesse urlando a squarciagola. Pochi minuti bastano a devastare campi e strade, quando non a scoperchiare tetti e ad allagare le cittadine che si affacciano sulle sponde del Sebino.
Tutto ciò, secondo una leggenda, è dovuto alla bellezza e all'amore infelice di una giovane castellana di Montisola. Promessa in sposa ad un nobile della Franciacorta, tutti i giorni la fanciulla si recava a Sensole, in riva al lago, dove si specchiava a lungo piangendo la propria sfortuna. Un giorno, consumata dalle lacrime, cadde in acqua. Sarebbe annegata se in quel momento un pescatore di Sarnico, che tutti i giorni la rimirava incantato, non fosse intervenuto gettandosi tra i flutti per salvarla. Nacque un meraviglioso amore che durò sino a che il padre della ragazza lo scoprì e impose alla figlia di non vedere più l'innamorato, rinchiudendola nella torre del castello in cui vivevano, proprio sopra a Sensole. Al pescatore toccò sorte ben peggiore: il castellano, infatti, era un nobile molto potente che lo fece scaraventare in una grotta profonda nascosta fra i boschi del monte di Sarnico. Passarono molti mesi e inutilmente i due innamorati tentarono di fuggire, lacerati dal dolore. Poco prima del matrimonio della figlia, il signorotto diede comando di ucciderne l'innamorato. La reazione della giovane fu violentissima: per giorni si rifiutò di mangiare, piangendo senza sosta. Impietosito dalla disperazione della propria primogenita il nobile isolano ne contentò la richiesta di essere lasciata sola per l'ultima volta in riva al lago. Dopo aver mormorato una preghiera e salutato i dolci paesaggi in cui era cresciuta la fanciulla si gettò in acqua, per poter finalmente ricongiungersi al suo pescatore. La leggenda narra che quando la Sarneghera si scatena i due innamorati si stanno cercando e chiamando sul fondo del lago e che il cielo, da Sarnico, per vendetta si scaglia su Montisola e sulla Franciacorta.
"Occhi penetranti, sguardo fiero, finissimi i capelli come le sete dei broccati che furon tessuti per tanti e tanti secoli".
Ecco come Luciano Imbriani, uno fra i più delicati narratori che hanno scritto del Lago d'Iseo, ha presentato le donne di Montisola. Ritenute "l'ornamento gentile" del luogo, le isolane da sempre raccolgono il favore di artisti e scrittori: da Silvestro Lega e Telemaco Signorini a Massimo D'Azeglio e Luciano Imbriani, appunto.
Le numerose le citazioni che riguardano il fascino discreto di queste donne del lago, forse prendono spunto dalle leggende che un tempo gli anziani raccontavano nelle lunghe sere d'inverno. Fra le tante ve n'è una che spiega l'origine della "Sarneghera", il violentissimo temporale che dai monti della bergamasca nel giro di pochi minuti giunge a Iseo accanendosi poi sui paesi della Franciacorta. Chi ha la "fortuna" di vederlo arrivare assiste ad uno spettacolo quasi apocalittico: prima si scatena il vento, selvaggio, che nel passato ha causato incidenti mortali, poi da Sarnico fanno capolino le nuvole che imbronciano il cielo, rendendo il lago tetro e minaccioso. Le acque si increspano diventando color della fuliggine e poi, quasi improvvisamente, la volta celeste sembra scaricare tutta la sua riserva di pioggia, come se stesse urlando a squarciagola. Pochi minuti bastano a devastare campi e strade, quando non a scoperchiare tetti e ad allagare le cittadine che si affacciano sulle sponde del Sebino.
Tutto ciò, secondo una leggenda, è dovuto alla bellezza e all'amore infelice di una giovane castellana di Montisola. Promessa in sposa ad un nobile della Franciacorta, tutti i giorni la fanciulla si recava a Sensole, in riva al lago, dove si specchiava a lungo piangendo la propria sfortuna. Un giorno, consumata dalle lacrime, cadde in acqua. Sarebbe annegata se in quel momento un pescatore di Sarnico, che tutti i giorni la rimirava incantato, non fosse intervenuto gettandosi tra i flutti per salvarla. Nacque un meraviglioso amore che durò sino a che il padre della ragazza lo scoprì e impose alla figlia di non vedere più l'innamorato, rinchiudendola nella torre del castello in cui vivevano, proprio sopra a Sensole. Al pescatore toccò sorte ben peggiore: il castellano, infatti, era un nobile molto potente che lo fece scaraventare in una grotta profonda nascosta fra i boschi del monte di Sarnico. Passarono molti mesi e inutilmente i due innamorati tentarono di fuggire, lacerati dal dolore. Poco prima del matrimonio della figlia, il signorotto diede comando di ucciderne l'innamorato. La reazione della giovane fu violentissima: per giorni si rifiutò di mangiare, piangendo senza sosta. Impietosito dalla disperazione della propria primogenita il nobile isolano ne contentò la richiesta di essere lasciata sola per l'ultima volta in riva al lago. Dopo aver mormorato una preghiera e salutato i dolci paesaggi in cui era cresciuta la fanciulla si gettò in acqua, per poter finalmente ricongiungersi al suo pescatore. La leggenda narra che quando la Sarneghera si scatena i due innamorati si stanno cercando e chiamando sul fondo del lago e che il cielo, da Sarnico, per vendetta si scaglia su Montisola e sulla Franciacorta.
Farsi tentare dalla gastronomia sul Lago d'Iseo è cosa assai semplice: ci troviamo in una zona contesa fra due provincie, ognuna con una tradizione culinaria che affonda le proprie radici nel Medioevo e nel Rinascimento e che a tendenze principesche, affianca un'anima popolare fatta di piatti ricchi e gustosi.
Una pietanza semplice e deliziosa, famosa non solo sulle rive del Sebino, ma in tutto il Bresciano è il "Risotto con le tinche", piatto unico nel quale un riso insaporito da sedano, carote, aglio, cipolle e prezzemolo si sposa con tinca spezzettata e posta a rosolare rapidamente nel burro. Ottimo se accompagnato da un "San Martino della Battaglia Bianco Doc" dal profumo intenso, al palato asciutto e rotondo e con retrogusto amarognolo.
La tinca è il pesce base anche per un altro piatto tipico del lago, rinomato soprattutto nel comune di Sale Marasino: la "Tinca ripiena" cotta al forno, che esalta il suo sapore pieno e delicato se affiancato ad un "Terre di Franciacorta rosso Doc".
Per chi ha voglia di sapori forti e gusti del passato, non manca sul lago, e soprattutto a Mont'Isola, la possibilità di assaggiare il pesce secco: primi fra tutti la "Saracca" ed il "Baccalà", sempre accompagnati da una sostanziosa polenta e magari innaffiati da un rosso "Cellatica Doc" delle colline rocciose bresciane.
I sapori del lago non si esauriscono, però, con ricette a base di pescato d'acqua dolce, anzi, spaziano sino a fare propri i piatti tipici della tradizione delle montagne, peraltro molto vicine. Sulle tavole del Sebino si possono allora assaggiare salumi e formaggi tipici, come il "Bagòss" e le "Formaggelle" della Val Camonica, e ancora polenta con i funghi, polenta con le verdure, con gli uccellini, con il "coniglio in sguazzetto". Il tutto sempre abbinato ai prestigiosi vini di Franciacorta, oppure ad un "Lugana Doc", un "Botticino Doc", un "Capriano del Colle Doc".
Dalle tavole del popolo a quelle della nobiltà del Rinascimento: ed ecco il "Piccione farcito alla Bresciana" ripieno di mandorle, noci o nocciole, cotto al forno o al tegame in vino bianco o abbondante limone. Un piatto gustativamente complesso come questo richiede un vino perfettamente strutturato, corposo e di buona alcolicità, oppure un vino dall'intenso profumo erbaceo e dal ricordo di pepe e peperone, come il "Valcalepio Rosso Doc".
Per chi proprio non riesce a terminare un pranzo senza dessert, niente di meglio che assaggiare una "Bossola", ciambella casalinga della tradizione bresciana, in cui ingredienti genuini si mescolano in un impasto di lunga lievitazione, che conferisce a questo dolce particolari morbidezza e gusto. Ideale se abbinata ad un bianco dolce o liquoroso.