Il Palazzo Tolomei

Sono piccoli piedi a misurare silenziosamente le grandi sale del Palazzo dove ogni suono risuona con un ‘eco che a volte la fa sobbalzare, spaventare dei suoi stessi respiri.
A volte dalla finestra li vede, i pellegrini che percorrono la via Francigena, ed è tutto un vociare tranquillo che passa sotto le belle finestre a bifora.
Certe volte chiude gli occhi. Allora le basta un attimo a presagire un destino crudele, poi non ci pensa più, e basta una finestra che sbatte a spazzare le insicurezze, le ombre della sera che si fa strada.

Come sia andata veramente, è difficile sapere. Pia de’ Tolomei resta un soffio tra le pagine più commoventi di Dante Alighieri, sommo poeta, che la ricorda nella Divina Commedia con toni commossi, simbolo di un sogno d’amore infranto, che sia tradimento o soltanto crudeltà.
Certo è che prima di finire in sposa al signore del castello della Pietra ove fu rinchiusa, visse a Siena, nel Palazzo che dalla sua famiglia prende il nome.
Era frequente infatti all’epoca che le famiglie più nobili o facoltose si facessero edificare dimore suntuose che indicassero il loro status sociale. Così fecero i Tolomei, con i loro ricchi e geniali commerci, spezie, metalli e stoffe dai colori rutilanti, giungendo ad ottenere nel 200 lo splendido palazzo, la cui costruzione fu travagliata anche per vicende storiche ed invidie accese che suscitarono. Facciata ed ingresso furono realizzate su via dei Termini,mentre altra zona era riservata agli ingrassi di servizio o della servitù, che anche ai tempi era numerosa nelle dimore delle grandi famiglie.
Oggi l’imponenza della facciata è specchio di uno splendore che si manifesta con forza ed eleganza, massiccia mole imponente i cui occhi luminosi sono le finestre lavorate ed orientaleggianti dette bifore, alleggerite da colonnine sottili ed eleganti, tanto che ancora oggi lo sguardo dei passanti resta catturato, come da un guizzo di luce improvviso, là dove la storia e il mistero non sono altro che una cosa sola.