Arezzo
Arezzo, orgoglio Ghibellino
Chi non penserebbe a Dante, nominando Arezzo? Chi non correrebbe col pensiero a quella galleria di personaggi aretini da lui “collocati” nella Divina Commedia, secondo la sua personalissima visione? Chi non richiamerebbe alla mente la guelfa Firenze, l’illustre città che sul finire del Medioevo contese alla ghibellina Arezzo il predominio sulla Toscana? La storia è nota e tutti ricordano la cruenta battaglia di Campaldino del 1289, che suggellò la fine delle contese secolari tra guelfi e ghibellini, ma anche la sconfitta e l’inevitabile decadenza della Repubblica di Arezzo. Essa cessò di esistere nel 1384 e subì l’umiliazione di venire annessa al territorio dell’invisa Repubblica Fiorentina, entrando così a far parte del granducato mediceo.
Quell’Arezzo “ad similitudinem navis”, simile a una nave, con riferimento al profilo delle mura duecentesche che parevano avere la forma di un vascello con la prora orientata verso Firenze, è oggi una città luminosa e vivace situata su una collina del versante orientale della Toscana. La parte alta della città conserva un impianto medievale ed è quella architettonicamente ed artisticamente più ricca.
Qui si staglia la Cattedrale che, oltre a risplendere delle bellissime vetrate istoriate di Guglielmo di Marcilat, ci introduce subito al grande genio pittorico, orgoglio e vanto di Arezzo: Piero della Francesca. Qui è infatti custodita l’opera della “Madonna”, che è la prima di una lunga serie di capolavori dell’artista, per chi volesse seguirne le orme su questo territorio. Fortezza Medicea e Palazzo del Comune completano la parte “somma” ed elevata del centro urbano, da cui si diramano le vie principali che scendono a ventaglio verso la pianura.
Proseguendo per un breve tratto, si raggiunge un altro luogo molto interessante, che rivela quanto questo territorio sia stato una culla per quasi tutte le arti, anche per la letteratura. In via dell’Orto, si incontra la Casa che la tradizione indica come quella natale del poeta del Canzoniere, ricostruita i primi del Cinquecento e oggi sede dell’Accademia di Lettere Arti e Scienze, Francesco Petrarca.
A poca distanza, si trova la più grande e bella chiesa romanica dell’Aretino, la Pieve di Santa Maria. Il suo elemento più caratteristico è il campanile che per il suo essere “traforato” da numerose bifore abbinate è stato chiamato “dalle cento buche” e rappresenta uno dei simboli più evocativi della città.
La tribuna della Pieve si staglia sulla Piazza Grande, un altro luogo assai speciale di Arezzo per la sua evidente asimmetria, irregolarità e inclinazione, che concorrono a renderla ariosa e particolarmente scenografica. Un ulteriore elemento di fascino è dato dal fatto che la piazza rappresenta una sorta di sintesi o di antologia di stili, incarnati dagli edifici che vi si affacciano, tra cui il Palazzo delle Logge, quello del Vasari, il Palazzo del Tribunale e quello della Fraternita dei Laici. Qui si tengono due importanti appuntamenti: la Fiera Antiquaria, ogni prima domenica del mese, e la Giostra del Saracino, a giugno e a settembre, una sorta di rievocazione cavalleresca di quella che fu la stagione più splendente della storia cittadina, l’epoca comunale.
A questo punto il percorso può toccare l’edificio sacro che conserva il tesoro più prezioso e rappresentativo della città: la Chiesa di San Francesco. All’interno è infatti custodito un ciclo di affreschi articolato in dieci riquadri che rappresenta uno dei momenti più alti nella storia della pittura di tutti i tempi: la Leggenda della Vera Croce, opera di Piero della Francesca, in cui l’artista riversò tutto il suo studio stilistico e la sua concezione moderna in fatto di prospettiva e potere della narrazione. Il soggetto del ciclo era stato commissionato da una famiglia borghese aretina, ma fu sorprendente la grande autonomia con cui il pittore affrontò l’incarico ottenendo un mirabile capolavoro di armonia e simmetria, dai colori preziosi e sorprendenti.
Queste le tappe imperdibili di una visita ad Arezzo. Ma chi disponesse di un po’ più di tempo, potrà scoprire altri angoli e luoghi della città assai suggestivi. Oltre a Piero della Francesca, la terra aretina diede infatti i natali ad altre illustri personalità, quali Michelangelo, Masaccio, Paolo Uccello, Luca Signorelli, Giorgio Vasari. Di quest’ultima eclettica figura, che fu pittore, architetto nonché autore della celeberrima opera “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori”, è possibile visitare la Casa, uno splendido esempio di “casa d’artista” da lui personalmente arredata e decorata secondo i canoni del manierismo toscano, e l’annesso Museo Vasariano. E’ molto curioso che il primo pittore citato dal Vasari nelle sue “Vite” sia proprio il Cimabue, perché a poca distanza dall’abitazione dell’autore, sorge la chiesa di S. Domenico che vanta al suo interno un Crocifisso, capolavoro giovanile del grande artista.
Restando nei paraggi, è d’obbligo una visita al Museo d’Arte medievale e moderna, che, oltre ad essere ospitato da uno dei più rilevanti palazzi privati della città, Il Palazzo Bruni-Chiocchio della Dogana, conserva una collezione di maioliche fra le più importanti in Italia.
Dopo un passeggiata in Corso Italia, la via principale della città ricca di palazzi storici e bellissimi negozi, si può scendere verso la parte meridionale del borgo medievale, in cerca di vestigia più antiche, e visitare l’Anfiteatro Romano di forma ellittica e con due ordini di gradinate, e il Museo Archeologico, che custodisce preziose raccolte di vasi greci ed etruschi, tra cui alcuni esempi di vasi corallini, un’arte fiorita tra il tardo periodo repubblicano e il primo periodo imperiale romano, monete, bronzi.
Ma la privilegiata posizione di Arezzo, invita a non fermarsi e a inventarsi sempre nuovi itinerari alla scoperta dei dintorni, partendo da quella Val Tiberina così descritta in una lettera a Domizio Apollinare di Plinio il Giovane, che la amò tanto da farsi costruire una famosa villa in questi luoghi: “Proveresti un grande intelletto se guardassi questa regione dall’alto dei colli: ti parrebbe di scorgere non delle terre, ma un quadro dipinto con incredibile maestria; da tante varietà, da così felice posizione gli occhi traggono diletto ovunque si posino”.
Cortona
Su un colle immerso in un tipico paesaggio toscano a viti, olivi e cipressi, sorge Cortona, da cui si gode una meravigliosa vista su tutta la Val di Chiana. Da qui secondo il mito partì Dardano, il capostipite della dinastia reale di Troia sull’Ellesponto. Luogo di partenza, dunque, ma anche di arrivo, dato che a Cortona sembra essere terminato anche il lungo girovagare di Ulisse. Virgilio la chiamò Corythum, Polibio Curtonion, Tito Livio Cortona, tanti nomi diversi per un’unica città, simbolo dell’incontro tra culture pelasgiche, etrusche, elleniche e romane. Vestigia, tratti di mura ciclopiche, tombe a ipogeo possono essere ammirate, risalenti al glorioso periodo in cui Cortona fece parte della confederazione etrusca. Nel Museo dell’Accademia Etrusca, si conservano molti reperti, tra cui il famoso lampadario in bronzo, detto appunto di Cortona, mentre il Museo Diocesano custodisce “l’Annunciazione” del Beato Angelico, oltre ad opere di Luca Signorelli, l’illustre pittore rinascimentale nativo di Cortona.
La città presenta fondamentalmente un aspetto medievale negli edifici, i vicoli, e le stradine strette e ripide. Da visitare le chiese medievali di San Francesco e di San Domenico, e quelle rinascimentali di Santa Maria Nuova e di San Niccolò. Un luogo davvero suggestivo si trova a monte, ed è il Convento delle Celle, fondato da San Francesco.
Anghiari
Eccoci in una località che sembra più un castello che una cittadina, arroccata com’è tutt’oggi all’interno dei suoi bastioni. Anghiari si trova al centro di quel mitico territorio solcato da due fiumi col passato glorioso, il Tevere e l’Arno. Il toponimo, che deriva forse dalla parola “angolare” o forse da “in glarea” che significa “tra la ghiaia”, richiama subito alla mente un celeberrimo affresco di Leonardo, quello della Battaglia di Anghiari, combattuta nel 1440 nella quale si ristabilì l’egemonia di Firenze sulla Toscana.
La struttura urbanistica della città è molto particolare e raccolta intorno alla “Ruga”, una strada panoramica ripidissima che attraversa tutto il paese. Anghiari è davvero un luogo ricco di fascino, non solo per la sua splendida posizione su uno sperone sovrastante l’Alta Valle del Tevere, ma anche per l’atmosfera medievale che la pervade tra stretti vicoli e piazzette fiancheggiate da caratteristiche case in pietra. Da visitare la romanica Chiesa di Badia, la Medievale Chiesa di S. Agostino e il Palazzo medievale, tutte ricche di pregevoli opere d’arte.
San Giovanni Valdarno
La cittadina ebbe chiare origini militari, e venne eretta nel XIII secolo, dai Fiorentini secondo il modello degli accampamenti romani, per difendersi dagli assalti della rivale Repubblica Aretina. Qui operò il famoso architetto Arnolfo di Cambio, già probabile autore di Palazzo Vecchio a Firenze, che realizzò il Palazzo del Podestà, ancora oggi sede del comune. Merita una visita anche la quattrocentesca Basilica di Santa Maria delle Grazie che conserva numerose opere d’arte, tra le quali una suggestiva Annunciazione del Beato Angelico.
Pieve Santo Stefano
Le origini della città risalgono ai Romani, quando essa si chiamava Sulpitia, in quanto principale “fornitrice” del legname destinato a Roma. Il cambiamento del nome in Pieve Santo Stefano è avvolto in un alone di leggenda. Si narra che un abitante di Sulpitia chiamato Stefano, rischiando di annegare nelle acque impetuose del fiume Tevere dove era inavvertitamente caduto, invocò Santo Stefano e venne salvato. Gli abitanti decisero così di intitolare al santo il centro abitato.
La cittadina è un incantevole borgo medievale, purtroppo gravemente danneggiato e segnato dalle ferite belliche. Si possono però ancora ammirare bellissimi edifici con stemmi in pietra o di bottega robbiana e un importante santuario cinquecentesco della Madonna dei Lumi. Uscendo dal paese, si trova la Chiesa di Colledestro, un piccolo tempio a pianta ottagonale che rappresenta un rifacimento di un edificio intitolato alle ninfe del fiume. Ma Pieve Santo Stefano riserva un’ultima sorpresa: essa è stata definita la “Città del diario”, in quanto sede dell’unico archivio al mondo che cataloga e conserva le memorie della gente comune, l’“Archivio Diaristico Nazionale”, dove, se non si troveranno le cronache della storia, si potranno consultare i racconti intimi ed emozionanti di tante persone sconosciute, ma tanto vicine a noi.
Montevarchi
Situata nella Valdarno, laddove il fiume inverte il suo corso fluendo verso nord, in un paesaggio verde di oliveti e vigne, Montevarchi colpisce con la sua pianta urbanistica a ellisse, una delle più particolari del Medioevo. Molte pregevoli opere d’arte sono conservate nella Collegiata del XVI secolo, mentre nell’Accademia Valdarnese si trova un importante Museo Paleontologico con i resti fossili del periodo pliocenico rinvenuti in questo punto della Valle.
Poppi
Località rinomata per il suo Castello dei Conti Guidi in Casentino, un edificio medievale molto ben conservato nella sua struttura con i successivi ampliamenti ad opera del grande architetto Arnolfo di Cambio. Da visitare il cortile con la sua scalinata molto particolare, i Salone, gli affreschi della Cappella, i pregevoli manoscritti e incunaboli custoditi nella Biblioteca.
Sansepolcro
Narra la leggenda che due pellegrini di ritorno dalla Palestina, chiamati Egidio e Arcano, si fermarono in questi luoghi per costruire un “sacello” dove conservare le sacre reliquie portate dalla Terra Santa. Qui si sarebbe formato il primo nucleo urbano e da qui il riferimento del toponimo al Santo Sepolcro. Questo almeno si tramanda da secoli, dato che le testimonianze certe sulla fondazione del borgo andarono probabilmente perse in un terribile incendio del 1513. E qualcosa di sacro Sansepolcro lo conserva tutt’oggi, essendo la città natale di Piero della Francesca e custode, nel Museo Civico, di opere pregevoli dell’autore, quali la Resurrezione, il Polittico della Madonna della Misericordia, il S. Giuliano, il S. Ludovico.
Ma Sansepolcro è comunque depositario di un naturale incanto, che gli deriva dalla sua posizione invidiabile nel cuore della Valtiberina, nel punto in cui l’ultimo tratto dell’Appennino toscano forma un ampio e suggestivo anfiteatro.
Architettura medievale e rinascimentale si contendono poi la bellezza del centro storico, con le torri, la cinta muraria, i numerosi palazzi, la fortezza medicea di Giuliano da Sangallo, la casa di Piero della Francesca, la Cattedrale romanica, la chiesa gotica di S. Francesco e quella di S. Lorenzo, con all’interno innumerevoli capolavori.
La Valtiberina è però anche pervasa da un profondo senso di spiritualità francescana grazie alla figura del santo che sempre la attraversava per dirigersi da Assisi alla Verna. Monte Casale fu uno dei luoghi più amati da Francesco, che qui costruì un eremo che dal 1537 in avanti avrebbe ospitato l’ordine dei Cappuccini. Partendo dall’eremo e percorrendo un erto sentiero, si raggiunge il Sasso Spicco, dove si racconta che San Francesco venisse a meditare.
LA CUCINA DELLA TERRA ARETINA
La città di Arezzo e le valli circostanti costituiscono una terra ricca di piatti semplici e saporiti, che pur rispecchiando in generale le ricette e la cucina tradizionale toscana, hanno una loro “tipicità” di gusto, preparazione e presentazione. Re della tavola resta comunque l’olio extra-vergine di oliva, di qualità eccelsa come è facile supporre richiamando alla mente i verdi uliveti che punteggiano le colline di questo territorio.
Tra gli antipasti, specialmente in Valtiberina, sono tipici i crostini neri, quelli al tartufo, quelli rossi o quelli bianchi conditi con olive e capperi, magari accompagnati dagli affettati locali quali la soppressata, il prosciutto crudo o i sambudelli.
D’estate su ogni tavola trionfa la panzanella, preparata a piacere e generalmente a base di pan bagnato, pomodori freschi affettati, cipolla, basilico e olio, o ancora il “brustichino” condito con olio, la versione toscana della bruschetta.
Tra i primi piatti, sono diffuse le minestre, come la “ribollita”, un minestrone di verdure a base di cavolo nero e pane raffermo, o la “centopelli”, così chiamata dal nome della pancetta utilizzata come ingrediente principale. Piatti a base di pasta sono invece gli agnolotti alla toscana, o, tipici della zona di Sansepolcro, la tagliatelle all’uovo fatte a mano e condite con sugo, panna e funghi o tartufo, o i ravioli di ricotta e di erbe.
Parlando di secondi piatti, è fondamentale ricordare che la carne bovina denominata “Chianina”, prodotta da una delle razze più antiche e pregiate allevata originariamente in Valdichiana, è oggi celebre in tutto il mondo, non solo perché questo tipo di carne è considerata la migliore per preparare la mitica "bistecca alla fiorentina”, ma anche per le altre numerose ricette tipiche di questo territorio, quali la Zuppa di Chianina, un piatto di antica tradizione preparato con tanti pezzi di carne e verdure di stagione, la trippa all’Aretina, i grifi di Chianina all’Aretina, lo stufato di manzo chianino, o sughi di carne per condire le più svariate pietanze.
A base di pesce si può invece assaggiare il baccalà all’Aretina, mentre figli della tradizione contadina sono alcuni piatti della Valtiberina, come i “fagioli all’uccelletta”, il piccione arrosto, la polenta servita con carne e funghi.
Tra i dolci consigliamo di assaggiare le ciambelle, le creme, le castagnole a Carnevale, la ciaramiglia e lo zuccherino (ciambella secca e larga al gusto d’anice) a Pasqua. Solo a Sansepolcro, ci si può deliziare invece con la “ciaccia”, una pasta di pane lievitata, che si può trovare in versione fritta e salata, come focaccia al rosmarino o spolverata di zucchero.
E per finire i vini. Pare che la vite attecchì in Toscana nei lontani secoli VII e VIII. Furono però gli Etruschi ad avere il vero merito della sua coltura. I vini più famosi di questa terra sono il Chianti e il Brunello di Montalcino. Ma vi sono molti altri ottimi vini D.O.C., tra cui il Bianco Vergine Valdichiana, col suo odore delicato e il suo sapore secco e sapido, con un lieve sentore di mandorla.