Ancona e il Conero

Da Ancona al Conero: un percorso tutto da assaporare

Passeggiando tra storia, natura e buona tavola

Per chi non conosce le Marche, sarà grande la sorpresa nell’apprezzare quanti volti diversi possano offrire al visitatore. Patria di grandi musicisti quali Rossini e Pergolesi, grandi pit-tori e scrittori, ma anche terra, identificata, non a caso, sin dal Medio Evo come “Marca”, ovvero terra di confine dell’Impero di Carlo Magno.
Un viaggio ad Ancona e nelle sue terre riserva aspetti che possono soddisfare qualsiasi tipo di viaggiatore: dall’amante della cultura, al naturalista, all’enologo ed al gastronomo oppure semplicemente al bagnante.
Ancona, il cui nome deriva dal greco “Ankon”-gomito- per la forma della sua insenatura, è il capoluogo delle Marche ed estende la sua provincia dall’Appennino umbro marchigiano fino alle spiagge dell’Adriatico e più in basso fino al maestoso massiccio del Monte Conero che si affaccia a strapiombo sul mare. Ancona rappresenta oggi come in passato, una terra d’incontro tra il nord ed il sud, la campagna ed il mare.
Una passeggiata ad Ancona non può prescindere dal conoscerne le origini ed i momenti sa-lienti della sua storia.
 La città ha, infatti, origini preistoriche risalenti al II millennio avanti Cristo e alla civiltà picena dell’età del ferro (IX-III A.).
 Il toponimo greco le fu dato dai primi naviganti di lingua greca che frequentarono il porto naturale che si estende alle pendici dell’attuale città, mentre la sua fondazione si deve ai Si-racusani di stirpe dorica, che la dotarono, nel IV secolo avanti Cristo, di mura in blocchi d’arenaria e monumenti quali il tempio di Venere.
Alleata dei Romani nella battaglia del Sentino (295 a.C.) contro Sanniti, Etruschi e Galli, entra nell’orbita di Roma, pur conservando la sua “grecità”.
Nel II secolo dopo Cristo l’Imperatore Traiano ne potenzia il porto in funzione delle sue campagne “daciche”, e in suo onore viene eretto sul molo l’arco attribuito ad Apollodoro di Damasco (115 d.C.), oggi chiamato di Traiano.
Distrutta dai Saraceni nell’839 si organizza attorno all’XI secolo in libero Comune, svilup-pando i commerci marittimi con l’Oriente ed entrando in competizione con Venezia.
Nel 1167 e 1173 sostiene gli assalti di Federico Barbarossa e Cristiano di Magonza.
Dal XVI al XVII secolo avanti Cristo attraversa il periodo più prospero della sua storia, arricchendo il tessuto urbano di numerosi monumenti.
Città importante dello Stato Pontificio subisce un notevole declino economico e demogra-fico tra la metà del ‘600 e il ‘700, risorgendo decisamente con l’istituzione del porto franco per opera di Papa Clemente XII.
Nel 1860, dopo la battaglia di Castelfidardo, entra a far parte del Regno d’Italia.
L’attuale Ancona, pur avendo subito gravi danni e trasformazioni dopo le due grandi guer-re, conserva ancora la sua caratteristica di porta verso l’Oriente.
Il porto è dominato dall’imponente Cattedrale di San Ciriaco, eretta sui resti di una Chie-sa paleo cristiana del V secolo e la cui caratteristica architettonica principale è il bellissimo soffitto a carena di nave. Nella Cattedrale è custodita la salma del martire Ciriaco, Santo protettore della città; nell’adiacente Episcopio Vecchio, sede del Museo Diocesano, vi sono capolavori d’arte sacra tra cui alcuni antichi arazzi su cartone disegnati da I Rubens. Il piazzale di San Ciriaco è sicuramente   uno dei punti più suggestivi per avere, nelle terse giornate invernali,
uno spettacolare sguardo d’insieme della città, del suo “gomito”, del Lazzaretto Vanvi-telliano a pianta pentagonale e della spiaggia rosa di Senigallia.
Discendendo verso il centro della città si giunge in Piazza del Plebiscito, centro nevralgico della vita civile e religiosa della città. Qui sorgono, oltre alla statua di Clemente XII, antichi palazzotti nobiliari: Palazzo Ferretti, sede della biblioteca comunale; il Palazzo del Governo e la grande scalinata che racchiude l’ingresso all’antico ospedale. Domina la piazza, la settecentesca Chiesa di San Domenico, al cui interno sono custodite due impor-tanti tele: “Il crocefisso con la Vergine, San Giovanni Evangelista e San Domenico” di Ti-ziano (1558) e un’‘Annunciazione’ del Guercino. Verso il porto s’incontra Santa Maria della Piazza, Chiesa costruita alla fine del 1100 sui resti di un tempio paleocristiano del IV secolo. Tra le arcatelle di marmo della facciata vi è un’icona del secolo proveniente da Co-stantinopoli.
Nel centro di Ancona si attraversa Piazza Roma e piazza Cavour e dal viale della Vittoria, si raggiunge il Passetto, scenica passeggiata lungomare da cui la vista può spaziare sino alla Riviera del Conero, a sud di Ancona.

La Riviera del Conero: un’immersione nella natura
La Riviera del Conero, dove incontriamo Portonovo, Sirolo e Numana è l’unica zona co-stiera tra il Carso triestino ed il Gargano dove si interrompono le kilometriche spiagge dell’Adriatico per lasciare il posto ad una costa scoscesa, incontaminata, formata da baie e calette ai piedi del Monte Conero.
Il Monte Conero, nome ancora una volta derivato dal greco, che significa corbezzolo, è ri-coperto da una caratteristica macchia mediterranea che arriva fino alla spiaggia di piccoli sassi bianchi.
 La stagione sicuramente più spettacolare per apprezzare al meglio questa zona incontami-nata e protetta come parco naturale, è sicuramente la primavera, periodo in cui il rosso del corbezzolo viene inglobato dal giallo profumato della ginestra che ricopre completamente il monte.
Il parco del Conero è il luogo ideale per gli amanti della natura e per il bird watching: nel suo cielo volano il Falco Pellegrino e la Poiana, i laghetti di acqua dolce e salata sono fre-quentati dalla gallinella d’acqua, dal Tuffetto e dal Martin Pescatore.
La macchia mediterranea rappresenta l’aspetto più rilevante della vegetazione del Parco, con boschi misti di screrofille sempre verdi e caducifoglie sul versante nordorientale ed elementi termofili a sud e nelle pendici più soleggiate.
Dal monte scendendo verso la spiaggia di Portonovo, nei pressi del Fortino Napoleonico, oggi albergo affacciato sul mare, troviamo la Chiesa di Santa Maria di Portonovo, co-struita attorno all’anno mille assieme ad un monastero, che nel 1320 cadde in rovina. La Chiesa è ancora oggi un importante luogo di culto e meta di pellegrinaggi; del monastero rimane solo il pozzo, in cui San Gaudenzio operò il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino.
A Portonovo nei pressi del mare incontriamo gli unici esempi di stagni salmastri retrodunali della costa marchigiana.
Dalla strada panoramica si arriva a Sirolo, antico castello bizantino trasformato in piccolo borgo con una piazzetta belvedere affacciata sulle insenature e sugli scogli delle Due Sorel-le.
All’ingresso del paese sorge la Chiesa di San Niccolò da Bari, la cui torre in origine era il punto di avvistamento della cittadina. All’interno è conservato un crocifisso ligneo del 500, una copia della “Madonna col bambino” di Rubens ed una copia del “San Domenico”di Maratti.
 Nel comune di Sirolo vale la pena di visitare la Chiesa di san Pietro al Conero, costruita in pietra del Conero, terminata all’inizio del Duecento e poi parzialmente ricostruita nel 1651. La cripta risale probabilmente al XII secolo, caratteristiche sono le colonne, con capi-telli scolpiti in calcare rosso d’Istria.
Costeggiando le mura di Sirolo verso il mare, si giunge a Numana, la cui parte storica ag-grappata al monte conserva reperti storici importanti, mentre la sua frazione di Marcelli è ormai contagiata dal turismo di massa. Nel Santuario del Santissimo Crocifisso, al centro del paese, è conservato un crocifisso ligneo, la cui realizzazione è vagamente collocata tra l’VII ed il XII secolo. Varie sono le leggende sulla sua origine: secondo una di queste ven-ne intagliato a Gerusalemme da San Luca, poi donato a Carlo Magno e da questi a Numana; un’altra afferma che fosse destinato ai cristiani di Polonia, ma da loro rifiutato; ed un’ultima sostiene che giunse sulla spiaggia direttamente dal mare.

Dalla bellezza della natura alla cultura del palato…
Lasciarsi condurre dai prodotti tipici delle Marche vorrebbe dire parlare di quasi tutti i prodotti consumati sulle nostre tavole. La cucina marchigiana utilizza, infatti, tanto i pro-dotti della terra- funghi, tartufi, pecorini, affettati, olio di oliva- provenienti maggiormente dalle zone interne e più a nord della regione, quanto i prodotti ittici lungo le coste.
I centri del litorale marchigiano hanno dato origine ad una delle specialità classiche della gastronomia italiana “il brodetto alla marchigiana”, zuppa di varie specie di pesce. Da Ancona a Porto Recanati due sono le correnti di pensiero sulla preparazione del brodetto.
Spartiacque il Monte Conero: da qui un ramo sale a Nord verso Gabicce Mare, l’altro scende fino in Abruzzo. La ricetta che però rimane considerata come la più antica ed origi-nale è quella del brodetto all’Anconitana, che deve essere preparato rigorosamente con tredici varietà di pesce tutte tipiche dell’Adriatico.
Altra ricetta tipica anconetana è lo stoccafisso, le cui origini risalgono alla tradizione mari-nara della città.
A parte queste due piatti “classici”, la gastronomia marchigiana costiera conta su numero-sissime altre specialità marinare alla base delle quali vi sono molte varietà di specie ittiche insaporite da erbe aromatiche ed olio d’oliva.

La strada del Rosso Conero
Nel parco del Conero per le passeggiate, il bird watching e le escursioni in riva al mare, ma anche per un buon bicchiere di vino e soprattutto per ammirare la coltivazione dei vigneti di uve rosse.
Il microclima di questa zona, continuamente ravvivato da brezze marine e terreno calcareo, permette al vitigno di Montepulciano di produrre l’ottimo Rosso del Conero.
Il Rosso del Conero, nasce per l’85% da uve Montepulciano e per il restante da Sangiovese, nei vigneti di sette comuni che circondano la montagna del Conero. E’ un vino destinato ai piatti di carne rossa, selvaggina e formaggi stagionati, ma da giovane e a temperatura di cantina, viene servito anche con il succulento stoccafisso all’Anconetana.
Da accompagnare ai piatti di pesce, potrà invece essere gustato un buon Verdicchio dei Castelli di Jesi, prodotto sulla dorsale preappenninica della provincia di Ancona. Questo vino D.O.C. è stato giudicato dai Francesi come il miglior vino da pesce d’Europa.


Due ricette all’Anconitana per stuzzicare l’appetito

Brodetto all’Anconitana
Utilizzare pesce assortito con sgombri, passere, rombi, cefali, seppie, calamari, scorfani, pannocchie, seppie, calamari, merluzzi, sogliole. Pulire e lavare il pesce, spolverizzandolo leggermente di sale fino.
In una casseruola con un bicchiere d’olio far imbiondire una cipolla e due spicchi d’aglio schiacciati; aggiungere mezzo bicchiere di aceto. Evaporato l’aceto, unire un trito di prez-zemolo, del passato di pomodoro ed un po’ di conserva allungata con acqua leggermente salata.
Raggiunto il bollore mettere le seppie che devono cuocere a fuoco dolce e tegame coperto, per un quarto d’ora abbondante.Quando il sugo comincia a restringersi, si aggiunge il resto del pesce. Cuocere per non più di un quarto d’ora a fuoco moderato, dopodiché lasciare la casseruola allontanata dal fuoco coperta ancora qualche minto.Servire con fette di pane ca-sereccio non abbrustolito.

Stoccafisso all’Anconitana

Preparare un soffritto con olio extra vergine di oliva marchigiano, aggiungere filetti di po-modoro ben sodo. In un largo tegame di cotto porre delle canne stagionate (si possono usare dei rametti di rosmarino senza foglie) con origano, maggiorana, rosmarino, timo e poco sugo di fondo. Lo stoccafisso ben stratificato, condito con il restante sugo va irrorato di Verdicchio classico Castelli di Iesi o Matelica. La teglia va posta coperta a fuoco vivo per circa tre ore e poi un’ora in forno.
Le patate gialle possono messe a stufare insieme a pomodori rossi freschi ed alternate   agli strati di stoccafisso. Al sugo si possono aggiungere olive nere e verdi e acciughe.

 

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