Lazio
Regione Lazio
IL LAZIO E LE SUE PROVINCE
Lazio, patria dell’Impero Romano, le cui tracce sono disseminate nel mondo, a ricordare l’arte e la cultura che questo popolo ha saputo diffondere. Storia e tradizioni che si ritrovano percorrendo questa stupenda regione da nord a sud, e scoprire splendide località d’arte, dove la storia ti avvolge e ti proietta, spettatore inconsapevole, in un turbinio d’emozioni che durano millenni.
Iniziamo dalla “Tuscia”, il cui paesaggio è dominato dalla natura, dove le cime più alte sono incorniciate dai faggi e i colli sono rivestiti dai boschi di querce e castagni, dove il verde è squarciato dalla grande conca azzurra del Lago di Bolsena, limpide acque dalla bellezza infinita. Siamo nella provincia di Viterbo: culla della civiltà etrusca, ricca di vestigia romane, disseminata di rocche e centri medievali, adornata di ville e palazzi rinascimentali e barocchi.
Cuore della Tuscia è Viterbo, la sua città più grande, racchiusa come uno scrigno entro una cinta muraria ben conservata, risalente agli inizi dell’anno Mille. Le mura si aprono con la Porta Fiorentina e Viterbo si annuncia subito con la poderosa Rocca Albornoz, sede del Museo Archeologico, con la chiesa gotica di San Francesco, all’interno della quale spiccano i mausolei di Adriano V e Clemente IV, e con una delle numerose e caratteristiche fontane a tazze sovrapposte. Il cammino, da effettuare rigorosamente a piedi per non lasciarsi sfuggire alla raffinata eleganza degli svariati palazzi aristocratici, prosegue verso Piazza del Plebiscito, dove campeggia il Palazzo dei Priori, la cui Sala Regia ospita una bella serie di affreschi cinquecenteschi. Dirigendosi verso il raccolto quartiere medievale di San Pellegrino, dove il tempo sembra essersi fermato tra gli archi e le torri di pietra, si incontra in tutta la sua maestà il Palazzo dei Papi, sede dello storico conclave del XIII secolo, quando i viterbesi chiusero nel palazzo i cardinali affinché fosse accelerata la scelta del pontefice. Dal punto di vista prettamente artistico, Viterbo esprime le proprie bellezze sia nelle austere chiese alto-medievali, come Santa Maria Nuova, San Sisto e San Giovanni in Zoccoli, che nel notevole Museo Civico, suddiviso nella sezione archeologia e pinacoteca, dove spicca in particolare modo la “Pietà” di Sebastiano del Piombo.
Nei dintorni di Viterbo, invece, è da ammirare innanzi tutto il raffinato Santuario rinascimentale della Madonna della Quercia, mentre un altro capolavoro del Rinascimento è costituito dalla Villa Lante, a Bagnaia, circondata da uno splendido giardino con vasche e fontane zampillanti. Scendendo poco più a sud il felice incontro è con San Martino al Cimino, alle porte della Riserva Naturale del Lago di Vico: definito un “paese-modello” per il suo impianto seicentesco, questa rarità del barocco romano è dominata dal Palazzo Doria Pamphili e dall’imponente chiesa abbaziale risalente ai Cistercensi di Pontigny.
Molte sono ancora le gemme della Tuscia, a partire dai centri storici ed archeologici, sui quali Tarquinia primeggia grazie alla vasta necropoli etrusca, famosa per gli affreschi alle pareti risalenti al VI-III sec. a.C., che raffigurano scene di vita del defunto, caccia, banchetti, danze, giochi, animali, demoni ed altro ancora. L’antichissima aria della Tuscia si può respirare anche a Tuscania, ammirando i sarcofagi dei Curunas del IV-II sec. a.C. (la città possiede anche mirabili chiese romaniche, capolavori dell’arte paleocristiana), a Vulci con bronzi e buccheri ad impasto nero, a Ferento con i ruderi del teatro romano, a Faleri Novii con le mura ciclopiche dell’antico abitato e nei centri di Blera, Barbarano Romano, Norchia e Castel d’Asso, dove si possono scoprire le necropoli rupestri scavate nel tufo e avvolte da una fitta vegetazione.
Attraversando la provincia di Viterbo, poi, sarà facile stupirsi di fronte agli innumerevoli paesini medievali, ma nulla è più caratteristico di Civita di Bagnoregio, nota come “il paese che muore”, poiché le sue case, in gran parte disabitate, sono aggrappate ad un costone di tufo che poggia su una melma di argille franose. Questo antico borgo di una cinquantina di abitanti si raggiunge percorrendo, esclusivamente a piedi, uno spettacolare ponte sospeso sopra la Valle dei Calanchi, e una volta in centro saranno il silenzio ed il fruscìo del vento ad avvolgervi, poiché il flebile chiaccherio che fuoriesce dalle case si smorza dietro il primo angolo.
Infine, non si può davvero lasciare la terra di Tuscia senza essersi immersi nel paradiso del Lago di Bolsena, circondato dai Colli Vulsini, ammantati dai vigneti e uliveti e affiancato dalla vecchia strada consolare Cassia, la famosa Via Francigena che nel corso dei secoli ha portato milioni di pellegrini a Roma. Si tratta del lago vulcanico più grande d’Italia ed i suoi 114 Kmq di estensione racchiudono acque limpidissime e pescose, tra le quali emergono le due isole di Martana e Bisentina, dolci oasi di verde chiazzate da agavi giganti, lecci secolari e profumati roseti selvatici. Da non perdere anche i tre centri che si affacciano sulle sponde del lago: Bolsena, Capodimonte e Marta. Quest’ultima è un pittoresco paese di pescatori, mentre Capodimonte, dominata dal Palazzo Farnese, offre panorami di rara bellezza, Bolsena, “Volsinii” per i Romani, ha una lunga storia da raccontare: a partire dagli Etruschi, passando per le catacombe romane di Santa Cristina, la monumentale collegiata dove nel 1263 ci fu un famoso miracolo del Corpus Domini, sino allo svettante Castello Monaldeschi, che parla di medioevo.
Scendendo verso sud–est si incontra l’Antica capitale della Sabina, Rieti "l'ombelico storico d'Italia" è un territorio straordinariamente ricco dal punto di vista storico ed ambientale. Questa stupenda città racchiude straordinari tesori naturali ed un patrimonio ancora inesplorato di tradizioni e di cultura. Con le numerose memorie romane e le mura di cinta medievali, con un'architettura rinascimentale e barocca, Rieti è una città dal fascino particolare.
Da visitare è la Chiesa Cattedrale romanica, di notevole valore per le cappelle del Crocifisso e di Santa Barbara e per la cripta romanica, divisa in nove piccole navate da sedici colonne.
Nell'attiguo Palazzo Vescovile è notevole il Salone dei Papi, adorno di tele di varie epoche, con una loggia cui, in basso, corrispondono simmetricamente le gotiche Volte del Vescovado, scandite da due ordini di sei piloni quadrangolari.
Numerosi i palazzi gentilizi, tra cui il Palazzo Vincentini, attuale sede della prefettura e Palazzo Vecchiarelli, monumento nazionale dal 1908, disegnato dall'architetto Carlo Maderno.
Particolarmente degno di nota è il Teatro Flavio Vespasiano, progettato nel 1854 e inaugurato nel 1893, vero gioiello architettonico di Rieti, apprezzato per la straordinaria acustica e per l'eleganza delle linee.
Non molto lontano da Rieti si trova il Santuario francescano di Santa Maria della Foresta, dove San Francesco compì il Miracolo dell'Uva e dove, secondo opinioni diffuse, compose il Cantico delle Creature. Dopo un breve tratto si arriva al Santuario Francescano di Fontecolombo, a Contigliano, detto il Sinai francescano perché qui il Santo ricevette da Dio la conferma definitiva della Regola dell'Ordine.
Poco distante è il Santuario Francescano di Greccio, chiamato la Betlemme d'Occidente perché qui Francesco nel 1223 vi rappresentò il primo Presepe vivente. Ogni anno la rappresentazione è riproposta, sempre con quadri viventi, assumendo una dimensione internazionale, ripresa da tutte le televisioni del mondo.
Meritevole di visita anche la monumentale Chiesa di San Francesco a Leonessa, che conserva un prezioso Presepe in terracotta policroma. La città di Leonessa è ricca di proposte culinarie tra cui quelle del tartufo, per questo è stata insignita del titolo di Città del Tartufo.
Infine, il convento di Sant'Antonio del Monte, famoso per il suo belvedere da cui si gode una splendida vista di tutta Rieti.
Il percorso si snoda ora verso la “Ciociaria”, nella provincia di Frosinone, disseminata di possenti mura megalitiche o ciclopiche e di resti archeologici soprattutto di epoca romana. Gli infiniti castelli e le fortificazioni medioevali, gli impianti urbanistici dei tanti paesi arroccati sulle colline, le chiese, i monumenti sono come tante pagine di un grande libro che racconta le vicende storiche di molti secoli. Città come Alatri, Anagni, Arpino, Atina, Alvito, Boville Ernica, Cassino, Ferentino, Sora, Veroli ed i resti dell’antica città di Fregellae di recente scoperta e destinati ad assumere un grandissimo rilievo, sono le testimonianze visive dell’arte e della cultura che impreziosiscono la provincia.
Fu certamente la presenza del monachesimo benedettino prima e cistercense poi a caratterizzare l’immagine storico artistica e culturale della Ciociaria. Da qui la presenza delle importanti testimonianze architettoniche con le splendide abbazie, Casamari, San Domenico, la Certosa di Trisulti e, fra tutte, la famosa abbazia di Montecassino, divenuta nei secoli la luce delle coscienze offuscate, l’asilo dei derelitti, il centro di irradiazione della pace e della riconciliazione, la scuola di generazioni di santi, studiosi, artisti, scienziati, la comunità da cui furono eletti ben tre papi, ventotto cardinali, quaranta tra vescovi e arcivescovi. Tra queste mura bianchissime e tra queste stanze, fu redatta la Regula Benedicti (“ora et labora”), in 73 capitoli, quale strumento normativo di ogni aspetto della vita monastica e fonte di più ampie indicazioni di carattere religioso. La Regola è stata guida, illuminazione e punto di riferimento per i popoli di tutta Europa, nonché il testo più commentato dopo la Bibbia.
La Ciociaria è anche la terra degli Ernici, degli Equi, dei Volsci e dei Sanniti. Questi popoli si sovrapposero alle genti primitive e poi, dopo aspre lotte, dovettero cedere alla crescente potenza di Roma fino ad amalgamarsi con questa. Notevole fu il rinnovamento artistico verificatosi a Roma proprio intorno al 1300, grazie ai maestri e alle loro opere, alcune delle quali presenti in Ciociaria come il mosaico dell’angelo di Giotto a Boville Ernica, un dipinto attribuito al Cavallini nella cripta di Anagni, la statua di Bonifacio VIII di Arnolfo di Cambio.
Proseguendo verso sud s’incontra la “Riviera d’Ulisse”, mitica terra e teatro indiscusso delle gesta raccontate da Omero. Dalle peripezie di Ulisse, che ormeggiò le sue navi nell’odierno Golfo di Gaeta, e fu poi trattenuto e ammaliato per anni da Circe, la maga incantatrice, il cui figlio Antèios diede nome all’attuale città di Anzio. Ai diversi personaggi della guerra di Troia, che si fermarono in questa terra di rara bellezza: da Enea, che sostò a Gaeta prima di raggiungere Lavinio; a Corace d’Argo o Dardano, che avrebbe fondato la città di Cori.
La Riviera di Ulisse, decine di chilometri di costa affacciata sul mar Tirreno: bassa e piatta, nella parte settentrionale, alta e movimentata da piccole baie e calette, nella parte meridionale. Un insieme di bellezze naturali contornate da altrettanti splendori artistici e archeologici da togliere il fiato. Il mite clima mediterraneo, l’azzurro mare sono lo scenario in cui sono rappresentate le “Isole Pontine”.
Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene, Santo Stefano, l’isolotto di Gavi e lo scoglio solitario della Botte formano uno dei gruppi di isole più straordinari del Mar Tirreno per la varietà delle coste, dei colori delle rocce, per i deliziosi paesi e porticcioli tipicamente mediterranei. L’arcipelago, in provincia di Latina, è assai vicino sia alle coste laziali che a quelle campane, ma l’ambiente che le caratterizza è incontaminato e capace di donare profonde emozioni sia in superficie che negli straordinari fondali. D’origine vulcanica (con la sola eccezione di Zannone), esso è ricco di lave riolitiche, di rocce tufacee, di vulcaniti dai colori splendidi, che conferiscono a queste isole un fascino particolare e una sorprendente bellezza. Alla magia dell’architettura naturale, caratterizzata dalla molteplicità di piccole cale, baie ed insenature, così come da fondali alti e trasparenti, s’aggiunge l’originalità dell’architettura delle abitazioni, dalle forme semplici e classiche, dipinte con tenui colori pastellati. Le costruzioni pubbliche, poi, recano l’impronta del Settecento, quando le isole furono ripopolate dai Borboni dopo secoli di abbandono. Tuttavia, grazie alla dolcezza del clima e alle meraviglie naturalistiche, questa manciata di rocce vulcaniche è stata tenuta in massima considerazione fin dall’antichità, come testimoniano i resti di numerose opere romane. In realtà la storia dell’arcipelago ha radici nella preistoria e si svolge fra alterne vicende che vedono la presenza dei Greci, dei Romani, dei Farnese, dei Borboni, degli Inglesi, ma è stata profondamente segnata anche dalle scorrerie piratesche e saracene.
Quello che ora suggeriamo è un suggestivo itinerario alla scoperta di pittoresche località incastonate nella splendida area paesaggistica dei Colli Albani e Tuscolani delimitata dai due laghi vulcanici di Albano e di Nemi.
La zona –già sede nell’antichità di splendide ville patrizie romane- è, come già detto, meglio conosciuta col nome di “Castelli Romani” ed annovera, per tradizione, 14 paesi: Albano, Aricia, Castel Gandolfo, Colonna, Frascati, Genzano, Grottaferrata, Lanuvio, Marino, Montecompatri, Monteporzio Catone, Nemi, Rocca di Papa e Rocca di Priora.
In quanto al termine “Castelli” con il quale vengono complessivamente indicati, il nome deriva dalle tante dimore fortificate erette nel Medioevo dalle potenti famiglie romane per il controllo dei loro possedimenti nel territorio. Intorno a questi castelli sorsero, poi, dei piccoli borghi che si svilupparono e si popolarono soprattutto nei secoli bui della storia di Roma quando i pontefici trasferirono la sede papale ad Avignone abbandonando la città in preda alla povertà, alla carestia e alle malattie. Di conseguenza, molti Romani si trasferirono nei piccoli centri dei Colli Albani e Tuscolani; centri che, nel tempo, si trasformarono in luoghi prediletti per la villeggiatura dalla nobiltà romana. Progettati e costruiti, tra il Cinquecento e il Settecento, dai più famosi architetti di quel periodo, sorsero così bellissimi edifici sacri e splendidi palazzi ricchi di storia e di notevoli opre d’arte: Chiesa di santa Maria della Rotonda ad Albano; Palazzo Chigi e Chiesa di S.Maria Assunta ad Ariccia; Villa Pontificia e Villa Barberini a Castel Gandolfo; Chiesa di S.Rocco a Colonna; Villa Aldobrandini, Villa Falconieri e Villa Tuscolana a Frascati; Palazzo Sforza Cesarini a Genzano; Abbazia di Santa Maria e Villa Grazioli a Grottaferrata; Palazzo Baronale a Lanuvio; Palazzo Colonna, Baisilica di S.Barnaba e Chiesa della Madonna del Rosario a Marino; Chiesa di San Silvestro a Montecompatri; Eremo dei Camaldolesi, Villa Borghese e Villa Mondragone a Monteporzio Catone; Castello, Duomo e Romitorio di San Michele Arcangelo a Nemi; Duomo e Santuario della Madonna del Tufo Caduto a Rocca di Papa; Castello Savelli e Chiesa della Madonna della Neve a Rocca Priora…
Frequentati da principi e letterati, da artisti, cardinali e papi, i Castelli sono sempre stati anche una delle mete preferite del popolo romano che, soprattutto nelle belle giornate, “sale” volentieri ai Castelli per una breve gita “fuori Porta” che prevede, immancabilmente”, fra la vista ad una chiesa ed un giro in un palazzo, una tappa in uno dei tanti ristoranti che s’incontrano lungo la strada.
Gastronomia e prodotti tipici per tutti i gusti
Per capire e gustare la gastronomia ed i prodotti tipici di una certa località, bisogna prima di tutto conoscere la storia del popolo che ci vive. Tradizioni, cultura, necessità dettate da mille motivi e amore per il cibo, insieme alla voglia di conoscere e confrontarsi con usi e costumi di altri popoli, sono alla base di una cucina dai molteplici sapori. Sapori genuini, schietti che hanno saputo miscelare l'antico con il moderno, regalandoci infinite ricette gustose.
Lazio, patria dell’Impero Romano. Un Impero le cui tracce sono disseminate nel mondo, a ricordare l’arte e la cultura che questo popolo ha saputo diffondere, e che ritroviamo nelle sue cinque province: Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, ciascuna con le proprie caratteristiche, accomunate da un glorioso passato che ha forgiato ogni aspetto della vita quotidiana, compreso quello delle produzioni agroalimentari e della gastronomia tipica, la cui marcata impronta popolare è la testimonianza di secolari tradizioni.
Le prelibatezze di Roma e della sua provincia
La provincia di Roma offre a pochi chilometri dalla capitale una varietà di aspetti storici, culturali e artistici che coprono quasi l’intero arco della civilizzazione della penisola. Infatti si passa dalle testimonianze delle popolazioni italiche pre-romane alle vestigia della Roma repubblicana o imperiale; ai borghi medievali arroccati sulle colline per difendersi dalle scorrerie barbariche, agli eremi e centri monastici ancora oggi luoghi di quiete; dai castelli, spesso fortezze minacciose, alle ville di vacanza. Ma l’aspetto particolare è che tutto ciò è ancora oggi immerso in un contesto paesaggistico e naturale particolarmente integro e suggestivo.
Intatto come i piatti della cucina locale, ricca dei profumi delle erbe aromatiche, si possono citare le fettuccine condite con funghi prataioli, le fave con la pancetta, l’acquacotta (pane raffermo condito con vari sughi e soprattutto con i broccoletti), la zuppa di crescione e abbacchio. Nelle trattorie e nei ristoranti locali si mangiano le fettuccine, i cannelloni e i ravioli fatti in casa; le sagne di farina al farro; gli gnocchi di castrato.
Ma questa terra è famosa per l’olio extravergine di oliva, riconosciuto anche in sede europea, poiché sono stati concessi alla regione due D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta), agli oli extra vergini d’oliva “Canino” e “Sabina”, mentre sono in attesa di riconoscimento le denominazioni “Castelli Romani” e “Colli di Tivoli”, entrambe originarie della provincia di Roma.
Storici sono anche i vini laziali, si ricordano negli scritti dei poeti latini, che confermano la loro notevole importanza nel panorama vitivinicolo nazionale ed internazionale. La zona di produzione più importante è rappresentata dai Castelli Romani, dove la qualità dei vini è dovuta in gran parte ai terreni vulcanici a sud di Roma. Da questa zona proviene il 70% dei vini D.O.C. della regione, tra i quali spiccano nomi famosi quali il “Frascati”, il “Marino”, il “Colli Albani”, il “Colli Lanuvini”, o altri meno noti ma ugualmente pregiati, come il “Montecompatri-Colonna” e lo “Zagarolo”. Fra le altre zone D.O.C. della provincia di Roma spicca la D.O.C. Velletri, contigua ai Castelli Romani, mentre a nord di Roma vi sono la Cerveteri, la Tarquinia e la Capena; a sud, in un’altra area vulcanica, si trovano le D.O.C. Cesanese di Olevano Romano, Cesanese di Affile e Genazzano.
La terra di Frosinone
Il territorio di Frosinone offre molte attrattive per gli appassionati della natura che assieme alle tradizioni, al folclore e all’indole ospitale degli abitanti fanno della provincia una delle più caratteristiche zone italiane.
Territorio colmo di resti archeologici, soprattutto di epoca romana, castelli e fortificazioni medioevali, impianti urbanistici dei tanti paesi arroccati sulle colline, le chiese ed i monumenti, sono come tante pagine di un grande libro che racconta le vicende storiche di molti secoli.
E’ la terra degli Ernici, degli Equi, dei Volsci e dei Sanniti. Questi popoli si sovrapposero alle genti primitive e poi, dopo aspre lotte, dovettero cedere alla crescente potenza di Roma fino ad amalgamarsi con essa. Caduto l’impero romano, vennero i Bizantini, i Longobardi, i Normanni, il Papato e gli Svevi. Tanti popoli che diedero il loro apporto alle tradizioni gastronomiche.
Iniziamo dagli eccellenti vini: il "Cesanese del Piglio DOC", ambito da Papi e Re, che si distingue per la sua colorazione rosso brillante, con la stagionatura tendente al granato, per l’odore delicato leggermente tannico e per un retrogusto amaro; le ottime produzione di “Vini da Tavola” bianco, proveniente da uva Passerina, Malvasia e Bombino; rosso proveniente da uva Cesanese, Montepulciano, Barbera e Sangiovese; il “Dolce del Piglio”, vino rosso il cui sapore zuccherino proviene genuinamente da uve di superiore maturazione; il “Rosato” è invece il vino da tavola delicato e gradevolmente fiorito e va servito naturalmente fresco.
Termina la carrellata dei vini la “Passerina”, bianco da tavola proveniente da uva Passerina, Malvasia puntinata e il “Bellone”, di colore brillante intensamente paglierino, secco, neutro ma rotondo che si esalta nelle pietanze a base di pesce.
Per finire due Spumanti di qualità, la “Passerina Dry”, Spumante di produzione limitata con il 100% di primofiore di Passerina e l’ “Ebbrezza Brut”, Spumante rosso vinificato bianco, ottimo come aperitivo, da servire anche negli antipasti.
Parliamo ora dell’"oro verde di Cervaro", un olio extravergine di qualità.
Con circa 250 mila piante, regna in quest’area (tra Cervaro e Sant’Elia) la coltura dell’olivo, una dedizione particolare, che inizia fin dalla concimazione, perché gli olivi di Cervaro hanno il privilegio di essere arricchiti da materiale organico, cioè naturale. Le piantagioni si estendono quasi tutte su terrazzamenti, antico metodo di coltura che garantisce agli olivi la “buona salute”, in quanto i banchi di pietra a ridosso delle piante le preservano dalle intemperie e dal gelo, quasi una protezione naturale che le ripara anche dal vento.
La raccolta rigorosamente manuale, inizia ai primi freddi, tra ottobre e novembre e si protrae sino a gennaio. In questa stagione i frantoi sono movimentati da un via vai di agricoltori che si affrettano di giorno in giorno a provvedere alla “monita”, la spremitura delle olive, che viene effettuata entro 48 ore dalla loro raccolta, per garantire un olio extravergine d'oliva di bassa acidità e di grandi proprietà organolettiche.
La ricca terra di Latina
Il territorio che si estende nella parte meridionale del Lazio e costituisce la provincia di Latina, è una terra “ricca”, con una natura particolarmente prodiga che ha creato scenari meravigliosi; con testimonianze storiche che sconfinano nel mito e nella leggenda; con un’ospitalità che ha origine nelle antiche culture dei popoli che qui hanno vissuto.
Le popolazioni micenee, greche e fenicie passarono per queste terre creando una fitta rete di empori commerciali. E la conoscenza di questa costa doveva essere profonda, come dimostra il racconto omerico del viaggio del mitico Ulisse.
Dopo la caduta dell’impero romano seguirono le invasioni dei popoli barbari, (da ricordare i Longobardi che introdussero il culto di San Michele Arcangelo, ma soprattutto l’allevamento del bufalo) e le scorrerie dei Saraceni. A nord, la pianura pontina e le sue paludi (pessima era la sua fama, basti ricordare la leggenda della maga Circe e dei suoi incantesimi sugli uomini). Poi, nel 1930 fu attuato un progetto globale con canalizzazioni, disboscamenti, creazioni di borghi rurali e nuove città.
La gastronomia della provincia di Latina presenta caratteri diversi, derivanti dalle culture di cui questa terra si compone. L’elemento in comune è dato dall’impronta popolare e paesana con ingredienti semplici e sapori naturali.
Il carattere marino trova espressione nelle zuppe di pesce, nei risotti ai frutti di mare, negli spaghetti alle vongole o alle cozze, nelle varie qualità di pesce, come orate, spigole, mazzancolle ecc., cucinate in molti modi. A Gaeta, per esempio, si prepara la “Tiella”, gustosa e antica pizza ripiena di verdure, alici, o polipetti e altri frutti di mare, arricchita con le piccole e saporite olive nere.
Il più tradizionale carattere collinare sa di pasta all’uovo come le fettuccine (tagliolini conditi con sugo di rigaglie di pollo o abbacchio), di sughi, minestre, paste e fagioli, e vive dell’agricoltura locale con minestre con “erbe pazze” (miscuglio di erbe che nascono spontanee), o gustose frittate con verdure selvatiche. Ricette tipiche sono: le “Ciammotte” (lumache in salsa piccante), i “Granunchi” (ranocchi al forno o arrosto), la “Cianfotta di Gaeta” (zuppa di melanzane, peperoni, patate, cipolle, pomodori zucchine) o la “Jotta” (zuppa con carciofi e piselli).
Nella pianura troviamo un miscuglio di varie cucine regionali, fatte di mozzarelle, pecorini, caciotte o da prodotti tipici come le salsicce piccanti o il prosciutto, fino ai prodotti dei campi quali carciofi, agrumi di Fondi, olive nere di Itri.
Il vino che accompagna il cibo pontino ha antiche origini come il Cecubo, dal colore rosso rubino adatto per arrosti, e prodotto nei territori di Formia, Fondi, Gaeta e Sperlonga; o il Falernum, dal colore giallo paglierino con riflessi verdi prodotto nel territorio di Formia fino alla regione campana. Da ricordare anche i vini DOC di Aprilia (Trebbiano, Sangiovese e Merlot), i vini del Circeo, o il Moscato di Terracina.
La tipica gastronomia di Rieti
Antica capitale della Sabina, Rieti "l'ombelico storico d'Italia" è un territorio straordinariamente ricco dal punto di vista storico ed ambientale.
Quasi sconosciuta e dunque poco frequentata, questa stupenda città racchiude straordinari tesori naturali ed un patrimonio ancora inesplorato di tradizioni e di cultura.
Con numerose memorie romane e con mura di cinta medievali insieme ad un'architettura rinascimentale e barocca, Rieti è una città dal fascino particolare, che sa tentare il turista anche con i profumi delle antiche ricette.
La cucina di Rieti, pur nella sua varietà, si presenta con una marcata impronta popolare, con la preferenza per gli ingredienti semplici e per i sapori naturali. Una cucina povera e casereccia, che usa tutto ciò che l'animale offre e che, purtroppo, non si utilizza più: frattaglie, pelle, coda, trippa. Deliziose ricette che la gastronomia reatina ha saputo creare nei secoli, e che la pongono ai primi posti fra le tipicità regionali italiane più richieste. Gli elementi essenziali della cucina tipica reatina sono la pasta ed il formaggio.
La pasta con i famosi spaghetti e bucatini “all'amatriciana”: piatto celebre in tutto il mondo e oggetto di vero e proprio culto da parte degli amanti della buona tavola. Diverse sono le scuole di pensiero sul modo di prepararli: c'è chi sostiene che la vera Amatriciana sia in bianco con pancetta, chi invece aggiunge il pomodoro o la cipolla, chi senza.
Altri piatti tipici sono le “fregnacce alla sabina”: pasta fatta in casa, tagliata a rombi e condita con spezie, aglio olio e pomodoro. Gli “jaccoli” o “maccheroni a fezze”: pasta all'uovo manipolata in maccheroncini a forma di funicelle, condita con sugo di carne e formaggio. La “bruschetta”: fette di pane abbrustolite, condite con olio e strofinate d'aglio. Gli “stracci di Antrodoco”: pizzette ripiegate in due a mezzaluna, ripiene di carne, verdura tritata, formaggio e cotte al forno.
Tra i formaggi tipici troviamo il pecorino di Amatrice: prodotto esclusivamente con latte di pecora intero, proveniente dagli allevamenti delle zone di origine. È a pasta dura, compatta e leggermente occhiata, con un colore giallo opaco. Ha un sapore caratteristico, non molto piccante e gradevole soprattutto nei condimenti dei primi piatti.
La caciotta amatriciana è in genere di latte misto, di pecora pastorizzato più latte di mucca. È un formaggio appetitoso e piccante, di forma tonda, tipico della zona laziale.
Il fascino della Tuscia viterbese
“Tuscia”, un nome che evoca antiche suggestioni, culture che si perdono nei secoli, borghi e castelli dove sono le pietre a parlare. Un paesaggio dominato dalla natura, dove le cime più alte sono incorniciate dai faggi ed i colli sono rivestiti dai boschi di querce e castagni, dove il verde è squarciato dalla grande conca azzurra del Lago di Bolsena, limpide acque dalla bellezza infinita. Un territorio che dalla costa tirrenica, sabbiosa e punteggiata dalla tipica vegetazione mediterranea, si inoltra nella vasta distesa della Maremma laziale, con campi dorati, oliveti e vigneti, scala i dolci rilievi dei colli sino a giungere ai mille metri del Monte Cimino e quindi ridiscendere nella Valle del Tevere.
E’ la provincia di Viterbo, che si allarga tra Roma, la Toscana, il Mar Tirreno e l’Umbria: culla della civiltà etrusca, ricca di vestigia romane, disseminata di rocche e centri medievali, adornata di ville e palazzi rinascimentali e barocchi. Un patrimonio storico, artistico e naturale discosto dai più frequentati circuiti turistici, calato in una terra dove l’agricoltura rappresenta ancora l’aspetto più rilevante della civiltà locale e dove i più genuini prodotti dei campi, insieme a quelli del mare e dei laghi, fanno in modo che la gastronomia sia un’altra grande ricchezza da offrire al visitatore.
La semplicità della cucina viterbese è basata essenzialmente su prodotti genuini, come l’olio extravergine d’oliva, gli ortaggi, i legumi e i cereali, che hanno dato vita ad una gastronomia ricca di profumi e sapori.
Ci si può deliziare con una grande varietà di bruschette, crostini e frittelle, o con dei succulenti piatti unici, come l’”acquacotta” (una sostanziosa zuppa di cicoria, patate, pomodori, cipolla, mentuccia e peperoncino, a cui si aggiungono baccalà e uovo), la “sbroscia” (zuppa di pesce di lago), la “scafata” (zuppa di fave fresche e pancetta), la “pezzata” (zuppa con carne di pecora), la “pignattaccia” (stufato con ritagli di carni e verdure).
Fra i primi piatti un posto d’onore spetta alle pastasciutte tipiche: le fettuccine ai funghi ferlenghi, i “lombrichelli” (pasta fatta con acqua e farina), le papardelle alla lepre, i rigatoni con la “pagliata” (trippa), gli gnocchi con le patate e il tradizionale “fieno” (pasta finissima) di Canepina. Sempre tra i primi si annoverano le tradizionali zuppe di verdure e legumi, particolarmente apprezzate nella gastronomia viterbese: pasta e fagioli, pasta e ceci, pasta e patate, ceci e castagne, pasta e broccoli, riso e lenticchie.
I secondi piatti si fanno onore soprattutto con la carne, alla griglia con “agnello a scottadito”, spiedini di maiale e bistecche maremmane, e in ricchi piatti come il pollo al pomodoro, il coniglio e l’”abbacchio” (agnello) arrosto a “alla cacciatora”, il fritto misto di cervello, fegato, carciofi e funghi, il cinghiale “al bujone”, la porchetta di maiale e la trippa al sugo.
Da non trascurare, comunque, le specialità a base di pesce, cucinato in tutte le sue varianti lungo la costa, mentre sul Lago di Bolsena vantano nobili tradizioni le anguille, il coregone e i lattarini.
Si conclude degnamente con gli ottimi vini del territorio, fra i quali spicca senza dubbio un bianco secco dal leggendario nome ”Est! Est! Est!” di Montefiascone, ma si possono apprezzare, tra rossi e bianchi, il Colli Etruschi, il Colli Cimini, il Valle del Tevere, mentre fra quelli dolci abbiamo il Cannaiola di Marta e l’Aleatico di Gradoli, che ben accompagnano la tipica pasticceria casereccia, dove le nocciole e le castagne sono protagoniste.
Formaggi del Lazio
Un discorso a parte meritano i formaggi, perché il Lazio è una delle regioni italiane in cui la produzione di caseari è più forte e le sue cinque province sono tutte grandi produttrici di formaggi tipici, come il “canestrato”, la mozzarella, il provolone, la caciotta e il pecorino.
Il canestrato deve il suo nome al fatto di essere passato dentro un canestro di vimini, il cui intreccio darà la forma al cacio. Formaggio di latte pecorino intero, può essere adoperato in vari modi, ma viene usato soprattutto come condimento e come ripieno.
La mozzarella un tempo era prodotta solo con latte di bufala, oggi si fa sempre più spesso con latte vaccino. Tipica dell'Italia centromeridionale è anche la mozzarella affumicata, vale a dire una mozzarella sottoposta ad affumicatura e maggiormente durevole.
Il provolone è un formaggio prodotto con latte vaccino intero, a pasta filata e dura, che può avere qualche leggera occhiatura. Il colore della pasta varia dal bianco al giallo paglierino e la forma può essere a cono, a pera, rotonda o a cilindro.
Sono formaggi di gande gusto, prodotti con metodi tradizionali e con tecnologie moderne che garantiscono la loro qualità ed igienicità.