La crisi della sanità pubblica e il fallimento del "modello lombardo"
Boom della spesa sanitaria privata a carico delle famiglie, quasi 4,5 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici. Come si è arrivati fin qui e come uscirne. Il punto di vista del CNCA Lombardia
Milano, 22 ottobre 2024 - La tenuta del Servizio sanitario nazionale è a un punto di non ritorno, ha confermato anche l'ultimo rapporto della Fondazione Gimbe. Il divario della spesa sanitaria pubblica pro capite rispetto alla media dei Paesi Ocse membri dell’Unione europea sfiora i 900 euro. Una parte sempre più rilevante del personale abbandona il SSN. Esplode la spesa a carico delle famiglie e nel 2023 hanno rinunciato alle cure quasi 4,5 milioni di persone, di cui 2,5 milioni per motivi economici.
"Siamo all'esasperazione, all'accelerazione di una grande crisi che ci portiamo dietro da almeno vent'anni. È come una valanga", riflette Giovanni Gaiera, medico infettivologo e voce nel campo della salute del Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti (CNCA) della Lombardia.
Il Covid-19 è stata la cartina al tornasole, che ha fatto emergere la debolezza di un sistema che è stato volutamente portato a questa situazione di sofferenza. Il modello formigoniano della libera scelta, dell’apertura ai privati, della competizione, dell'aziendalizzazione della sanità territoriale e ospedaliera, era inserito integralmente nella logica che la sanità è un business. Che con la sanità si fanno i soldi. Ed ecco dove ci ritroviamo.
La sanità intesa come prestazioni erogate ci ha portato al punto di non ritorno. "I dipartimenti di prevenzione sono espressioni geografiche, o poco più, e la medicina di base continua ad essere massacrata: non si è imparato proprio nulla dalla terribile lezione della pandemia da Covid-19, che qui in Lombardia ha infierito più che altrove in Italia", continua Gaiera. La politica in atto è infatti quella di non rimettere a bando i posti di Medico di Medicina Generale divenuti vacanti per i tanti pensionamenti, ma di caricare i pazienti sugli altri medici rimasti. "E se non ci stanno, arrangiatevi", sintetizza Gaiera, che tocca un punto drammatico nella vita quotidiana dei cittadini lombardi.
"Tantissime persone in Lombardia sono senza Medico di Base o lo sono state per parecchio tempo. Ma il Medico di Base è l'accesso a tutto il sistema di cure, e non certo le Case di Comunità, che così come sono state troppo rapidamente organizzate quanto meno in Lombardia sono spesso una foglia di fico: sono i vecchi poliambulatori a cui si è cambiato solo la targa all’esterno e che si è lasciati con pochissimo personale".
Gaiera fa un altro esempio di come in Lombardia si lavori per rendere difficile l'accesso alle cure nel sistema pubblico. "Pensiamo alle liste d'attesa che sono esplose e continuano a esserlo. Anche il Servizio Pubblico ha ridotto gli spazi per le prestazioni erogate con il Sistema Sanitario Regionale: perché avendo ricevuto dalla Regione meno risorse, a parità di personale e di strutture, anche la Sanità Pubblica deve trovare da altre parti la possibilità di finanziarsi".
A peggiorare la situazione è arrivata il primo ottobre dello scorso anno la decisione sempre regionale di ridurre da 12 a 6 mesi la validità delle ricette per visite e prestazioni: "Tenendo conto delle liste d'attesa - riprende Gaiera - questo porta al boom delle visite private. È plateale e vergognoso che questa iniziativa di Regione Lombardia vada chiaramente nella direzione di favorire la prestazione privata. Sia del privato e sia paradossalmente del pubblico. Per fare uno dei tanti esempi concreti che vediamo ormai da anni e ancora più dall’ottobre del 2023, è il caso una Visita Oculistica prescritta ad una mia paziente, che oggi in Lombardia potrebbe fare in regime privato in pochi giorni e che nel sistema pubblico, con l'impegnativa regionale, è riuscita a prenotare solo per l’inizio del 2026. E intanto la sua vista peggiora."
Ecco perché il CNCA Lombardia torna a invocare un cambio di rotta, che si fondi sull’investimento nella prevenzione e nella sanità territoriale, abbandonando quella logica mercantile per la quale investire in prevenzione non rende, ma rende la cura e soprattutto quella specialistica centrata sugli ospedali.
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