Nutrizione e Prevenzione
NUTRIZIONE e PREVENZIONE
Intervento Federico Bertuzzi
Diabetologo presso ospedale Niguarda e Presidente regionale della Società Italiana Diabetologi
Questo è un tema di grande importanza: sensibilizzare la popolazione e le istituzioni sul diabete è fondamentale, perché si tratta di una malattia che può essere prevenuta attraverso l’adozione di corretti stili di vita.
In Lombardia ci sono circa 500.000 persone affette da diabete mellito, una patologia in costante crescita. L’OMS parla infatti di una vera e propria pandemia del diabete, con un incremento del 60% dei casi negli ultimi vent’anni a livello mondiale. E il trend continua a salire. Oltre ai pazienti diagnosticati, esiste una quota significativa di persone che hanno il diabete ma non sanno di averlo: in Italia si stima siano circa un milione. Ecco perché è fondamentale promuovere campagne di sensibilizzazione e programmi di diagnosi precoce.
Il quadro nazionale presenta notevoli differenze regionali. Un’indagine condotta nel 2023 dall’Istituto Superiore di Sanità sui bambini della scuola primaria ha rilevato una prevalenza media del 20% di sovrappeso e del 10% di obesità. Alcune regioni si distinguono per risultati migliori, come la Lombardia e la Valle d’Aosta, rispettivamente con circa il 5% e il 15%, mentre in altre aree del Sud, come Campania, Molise e Calabria, si arriva fino al 25% di sovrappeso e al 15% di obesità.
L’obesità e il sovrappeso rappresentano un importante fattore di rischio per il diabete: si stima che il 60% dei casi sia correlato a queste condizioni. Inoltre, il consumo abituale di cibo spazzatura o di bevande zuccherate, anche solo una lattina al giorno, può aumentare del 25% il rischio di sviluppare il diabete. Da qui l’importanza di uno stile di vita sano, non solo per prevenire, ma anche per controllare la malattia, che se non gestita correttamente può portare a gravi complicanze croniche. In Italia, i costi del diabete sono stimati in circa 19 miliardi di euro l’anno per le spese dirette, a cui si aggiungono altri 10 miliardi di costi indiretti, legati alla gestione delle complicanze e delle terapie. Il diabete è la principale causa di cecità non traumatica e di amputazioni degli arti inferiori non traumatiche, ed è responsabile di circa il 40% dei casi di eventi vascolari. Il suo impatto clinico e sociale è dunque molto significativo, motivo per cui è essenziale investire nella prevenzione.
Gli strumenti principali sono una corretta alimentazione, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, e un’adeguata attività fisica. È stato dimostrato che seguendo una dieta equilibrata e praticando almeno 150 minuti di attività fisica a settimana si può ridurre del 58% il rischio di sviluppare diabete. L’attività fisica raccomandata è quella aerobica strutturata: almeno 20 minuti al giorno, con una fase di riscaldamento, una di esercizio muscolare più intenso e una finale di defaticamento.
La Società Italiana di Dietologia sottolinea inoltre l’importanza di ridurre gli zuccheri semplici, limitare i grassi di origine animale e aumentare l’apporto di fibre, che aiutano a mantenere stabile la glicemia e riducono le oscillazioni glicemiche post-prandiali, un aspetto particolarmente rilevante per la prevenzione delle complicanze vascolari e oculari.
Formare e sensibilizzare la popolazione su corretti stili di vita è quindi essenziale. L’educazione alimentare e la promozione dell’attività fisica devono essere parte integrante della prevenzione.
Le società scientifiche svolgono un ruolo importante in questo senso, anche attraverso iniziative pubbliche: in occasione delle Olimpiadi Milano-Cortina, ad esempio, sono previsti eventi dedicati alla promozione del benessere e della salute.
Camminare 10.000 passi al giorno riduce in modo significativo il rischio di malattie croniche. È utile ricordare che, se una persona si muove per soli 20 minuti al giorno, per le restanti 23 ore e 40 minuti è praticamente sedentaria. Ecco perché è fondamentale incoraggiare la popolazione a muoversi di più, mangiare meglio e ridurre tutti i fattori di rischio modificabili.
Numerosi studi hanno dimostrato che l’adozione di uno stile di vita sano può ridurre fino all’80% il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. In conclusione: corretta alimentazione e attività fisica regolare restano le chiavi fondamentali per la prevenzione e la gestione del diabete.
Intervento Laura Boldrini
Medico oncologo presso IEO Milano
La prevenzione passa sicuramente per uno stile di vita corretto, come dicevano anche i precedenti relatori, e la qualità delle materie primarie. Non è lo zucchero in sé il problema, ma è proprio tutto il metabolismo, per esempio, glucidico che sicuramente può impattare sull'incidenza delle patologie croniche, ma anche sulle patologie tumorali.
In questa occasione vi presento un po' di elementi e di evidenze che ci possono aiutare nella scelta di un'alimentazione un po' più sana e corretta di prevenzione.
Questi sono gli argomenti, le 5 principali tematiche che tratterò.
Velocemente le patologie neoplastiche sono una vera e propria sfida a livello globale dal punto di vista sanitario ed economico. Queste sono le statistiche più aggiornate, che comunque risalgono al 2022, del Global Cancer Observatory , in cui vediamo che sono stati registrati circa 20 milioni di nuovi casi di patologie oncologiche, quindi anche questi hanno un impatto molto importante dal punto di vista della società ed economico. E sono stati registrati circa 9,7 milioni di decessi correlati alle patologie oncologiche.
Sono diversi, però le più incidenti a livello globale, quindi anche cumulativi in entrambi i sessi, sono le incidenze al tumore al polmone, seguite dal tumore alla mammella, poi abbiamo il tumore del colon retto, della prostata e dello stomaco. E per quanto riguarda invece proprio la letalità, quindi la mortalità che si lega a queste patologie, il tumore più letale è proprio il tumore al polmone, seguito poi dal tumore al colon retto.
C'è un contesto molto differente, perché le patologie oncologiche differiscono per il sito d'origine, ma anche per il loro comportamento, l'andamento clinico e la prognosi, però hanno alla base questo processo di calcinazione che si chiama per fasi. Una prima fase in cui la cellula acquisisce delle mutazioni a livello DNA, la chiamano fase di iniziazione.
Una seconda fase di promozione, in cui le cellule tumorali proliferano in maniera coronale. E poi, nella terza fase, acquisiscono questa capacità di angiogenesi, mutazione, quindi metastatizzazione e si sviluppa la patologia oncologica. Ad ogni step di questo processo intervengono fattori, sia intrinsechi all’ organismo, ma anche esterni, che possono favorire questo processo o rallentarlo un po’.
Quello che sappiamo è che ci sono dei fattori di rischio, diciamo dei fattori di rischio chiamati non modificabili, su cui purtroppo possiamo fare poco che sono, appunto, la propria base genetica, le mutazioni ereditarie, l'età del soggetto, il genere perché c'è una diversa esposizione dei tumori tra il genere maschile e il genere femminile, e anche una storia personale, l’aver avuto un tumore predispone all'insorgenza di nuovi tumori.
Nella seconda parte della slide vedete, invece, tutti quei fattori modificabili, su cui possiamo effettivamente agire con campagne, politiche anche educazionali, perché l'alimentazione e lo stile di vita sono, praticamente, la parte più corposa, quindi prima di tutto il tabacco che influisce sul tumore al polmone, ma anche sul tumore alla vescica e poi, subito seguito dal consumo di alcol, e c'è anche una vita di scarsa qualità, che può comunque intervenire come fattore di rischio modificabile.
In generale sappiamo che gli alimenti possono contenere all'interno delle sostanze un potenziale cancerogeno, quindi dipende molto da come li lavoriamo e da come li trattiamo questi alimenti quindi, dalla materia prima, per esempio, un cibo molto ricco in carboidrati o in acidi grassi, in proteine, può generare, se sottoposto a delle cotture aggressive, quindi la griglia, la frittura, può generare dei carboni policiclici aromatici o dall'eccessiva doratura degli amidi si crea l'acrilammide. Quindi, diciamo, sicuramente il consiglio è prediligere delle cotture un po' meno aggressive, quindi a vapore o in umido, e poi dall'altro lato vediamo la classificazione diffusa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità delle sostanze classificate come potenziali oncogeni. Ovviamente non è un rischio assoluto, ma dipende dalla modalità di distribuzione, dose e frequenza.
Vediamo che nel gruppo 1 tra le sostanze con una sicura azione cancerogena per l’uomo è stata inserita tutta quanta la carne processata e lavorata.
Nel gruppo 2A le sostanze probabilmente cancerogene per l'uomo, è stata inserita la carne rossa.
Qui, diciamo, vi presento un po' quelle che sono le evidenze scientifiche, diciamo, ad oggi, per guidarci un po' nell'alimentazione. Questo è un documento pubblicato nel 2018 dal World Cancer Research Fund, ove le tabelle sono, diciamo, di semplice lettura, perché nella tabella verde, nelle colonne verde centrali, ci sono tutte le associazioni che potenzialmente, diciamo, riducono e ci proteggono dal rischio di sviluppare un tumore, mentre nelle colonne rosse abbiamo le associazioni, diciamo in negativo, tra dei pattern alimentari e lo sviluppo di tumori. Per esempio emerge come i cereali integrali o comunque una dieta ricca in fibre sia potenzialmente con un'evidenza forte e protettiva per lo sviluppo del tumore al colon retto. Invece, in alto, troviamo l'esposizione all'acqua tossina, che è una tossina generata da una muffa che è strettamente correlata all'insorgenza del tumore al fegato, quindi anche la modalità di conservazione degli alimenti è molto importante. Stessa cosa vediamo come dei pattern, diciamo, a ridotto introito di vegetali non amidacei o comunque anche a ridotto introito di frutta, li troviamo come fattori potenzialmente predisponenti allo sviluppo di tumori, per esempio al colon retto e allo stomaco. Per quanto riguarda l'alcol, il messaggio ad oggi della prevenzione oncologica è chiaro, non c'è una dose che possiamo ritenere sicura da assumere, quindi le evidenze sono molto forti nell'associare il consumo e l'esposizione alle bevande alcoliche con lo sviluppo di tumori a livello del caporale, della faringe e della laringe, ma anche altri siti tumorali, come il fegato, il colon retto, il tumore della mamma, quindi il ruolo protettivo dell'alcol ad oggi non viene considerato nella prevenzione oncologica.
Qui vediamo invece come un consumo di ridotto introito è chiaro caseari, quindi è associato a un fattore protettivo nei confronti del colon retto, il pesce con il tumore del fegato nel colon retto, e anche di nuovo i fattori prodotti caseari con il tumore alla mammella.
D'altro tanto confermiamo come l'esposizione alla carne processata sia un fattore di rischio per tumore del colon retto anche la carne rossa, e in generale tutte le diete che in ferro eme, quindi prodotti di origine animale, sembrano essere correlate all'aumento di tumori in varie serie di linee del nostro organismo. Questa invece è una tabella che riassume il peso corporeo e l'aumento proprio del grasso all'interno del nostro organismo nell'età adulta, anche qui prevale però tutta la parte rossa della tabella, quindi un aumento ponderato in eccesso di grasso, di tessuto adiposo, sembra essere associato a una maggiore frequenza di tumori a livello di molte serie di linee, esofago, pancreas, fegato, colon retto e anche la mammella e il tratto gastrointestinale in generale.
Qui solamente per parlarvi brevemente della prevenzione secondaria, cioè una volta che abbiamo avuto un tumore siamo potenzialmente guariti, anche qui possiamo agire in prevenzione. Per esempio questa è un'analisi da uno studio che ha dimostrato che i pazienti operati per il tumore alla mammella in terapia precauzionale ormonale, comunque si è visto che le pazienti che avevano un limite di massa corporea che cadeva nel range del sovrappeso dell'obesità, rispondevano meno bene alle terapie precauzionali probabilmente perché il tessuto adiposo produce l'aromatasi, che è un enzima che crea un residuo di estrogeni maggiore e inibisce un pochino l'azione dei farmaci inibitori dall'aromatasi che appunto vengono utilizzati precauzionalmente in queste pazienti.
Un altro aggiornamento sui dati disponibili per la prevenzione secondaria, questo è un recente studio su pazienti operati e poi trattati con piano terapia precauzionale per tumore al colon, vediamo che i pazienti che dopo i trattamenti oncologici sono stati seguiti proprio dai personal trainers per un programma di esercizio fisico, schedulato e regolare, avevano degli out come in termini di minore recidività, minore mortalità rispetto al braccio di controllo che faceva un'attività fisica libera.
Concludo con l'ultimo aggiornamento della piramide alimentare della dieta mediterranea, cosa ci propone questo aggiornamento del 2025, alla base vediamo come ci sia effettivamente una predominanza di alimenti vegetali, l'oliva è alla base, la novità che viene introdotta è anche il consumo quotidiano suggerito per il latte e i yogurt, quindi lo troviamo subito sopra e sono stati separati i formaggi freschi da quelli stagionati, quindi anche quello che si fa per il consumo, ovviamente si suggerisce dei prodotti freschi, ma soprattutto al secondo gradino rimangono poi tutti i prodotti delle farine insieme anche ai legumi, quindi dei preziosi alleati da consumare insieme. Salendo verso l'alto vediamo come la carne rossa è stata messa proprio nel vertice della piramide, quindi un consumo occasionale insieme anche alle carni processate e voglio farvi notare che anche l'alcool è stato messo fuori, quindi non c'è appunto questo valore protettivo riconosciuto. Quindi appunto come dicevamo inizialmente il messaggio conclusivo è quello di abituarsi un po' a pensare in pattern alimentari, prediligendo proprio l'origine vegetale, i cereali e la combinazione con i legumi, la qualità della materia prima e poi la lavorazione successiva per mantenere un'alimentazione bilanciata con tutte queste linee guida che abbiamo scorso un po' velocemente.
Intervento di Patrizia Gnagnarella
Dietista, Presidente regionale SINU Lombardia e Ricercatrice presso IEO
Ho illustrato il meccanismo che sta alla base del diabete, una condizione caratterizzata da un difetto nell’azione dell’insulina o da una sua produzione alterata a livello pancreatico. Il problema principale, però, è rappresentato dai numeri: questi dati si riferiscono alla popolazione adulta, ma le previsioni indicano un ulteriore aumento del numero di persone affette da diabete. Si tratta di una patologia in forte crescita, che rappresenta la principale causa di malattie cardiovascolari. L’iperglicemia, infatti, danneggia i vasi sanguigni e può provocare una serie di disturbi che influenzano in modo significativo la qualità e lo stile di vita.
La letteratura scientifica ci indica che esistono diversi fattori di rischio associati a queste patologie. Alcuni non sono modificabili, come la predisposizione genetica, l’età, il sesso o l’ambiente in cui viviamo, mentre altri dipendono dalle nostre abitudini quotidiane. Tra questi ultimi rientrano il fumo di sigaretta, il consumo eccessivo di alcol, l’inattività fisica, il sovrappeso e le scelte alimentari. Tutti elementi che, come dimostrano i dati, incidono fortemente sullo sviluppo delle malattie croniche.
Negli ultimi settant’anni il nostro stile di vita è cambiato profondamente: ci muoviamo meno, sia durante il lavoro sia nel tempo libero, e questo ha determinato un maggiore rischio di squilibrio energetico e aumento di peso. I dati del sistema di sorveglianza PASSI, promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, mostrano una differenza significativa tra le regioni italiane: nel Sud e nel Centro Italia si registrano percentuali più alte di adulti in sovrappeso o obesi, mentre al Nord l’attività fisica è più diffusa. Lo stesso vale per l’alimentazione: poche regioni, come Sicilia, Sardegna, Toscana, Liguria e Veneto, raggiungono il consumo quotidiano raccomandato di cinque porzioni di frutta e verdura. Al contrario, nel Nord Italia si osserva un consumo più elevato di bevande alcoliche a rischio.
Le linee guida per una sana alimentazione ci aiutano a orientare le scelte quotidiane, suggerendo non solo cosa mettere nel piatto, ma anche come bilanciare qualità e quantità degli alimenti. Queste raccomandazioni ruotano intorno a fattori di rischio intermedi come la glicemia, la dislipidemia e la pressione arteriosa, che riflettono in parte le nostre abitudini alimentari e comportamentali.
Un concetto utile per comprendere meglio l’impatto degli alimenti sulla glicemia è l’indice glicemico (IG), introdotto circa quarant’anni fa dal dottor Jenkins, ricercatore canadese.
L’indice glicemico misura, in vivo, la risposta glicemica che un alimento contenente carboidrati induce rispetto a un alimento di riferimento (generalmente glucosio o pane bianco). Tuttavia, poiché nella vita reale le porzioni variano, si utilizza anche il carico glicemico (CG), che tiene conto della quantità effettiva di carboidrati consumata.
L’IG consente di distinguere la qualità dei carboidrati, classificando gli alimenti in tre categorie: alto, medio e basso indice glicemico. Ad esempio, pane bianco, riso bianco e patate hanno un impatto maggiore sulla glicemia rispetto a legumi e cereali integrali, che invece presentano un IG più basso.
Va però ricordato che molti fattori influenzano l’indice glicemico: il tipo di amido, la presenza di fibra, grassi e proteine, il metodo di cottura e la lavorazione dell’alimento. Per questo motivo, l’IG è una misura utile, ma va interpretata con attenzione.
Un’interessante risorsa online è il database dell’Università di Sydney, che raccoglie gli indici glicemici e i carichi glicemici di migliaia di alimenti, consultabile anche per paese di provenienza.
Diversi studi, tra cui una meta-analisi che ha incluso oltre 100.000 partecipanti, mostrano come una dieta ad alto indice glicemico aumenti il rischio di diabete del 27% circa, oltre a essere associata a un rischio maggiore di malattie cardiovascolari, tumori e mortalità complessiva.
Questo conferma l’importanza di seguire un’alimentazione a basso indice glicemico.
La piramide alimentare, pubblicata su riviste scientifiche già nel 2011, ribadisce concetti ormai consolidati: alla base si trovano gli alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, legumi, cereali integrali), mentre all’apice ci sono i prodotti di origine animale, ricchi di grassi saturi, e i dolci, che dovrebbero essere consumati con moderazione.
Il messaggio chiave non è “diventare vegetariani”, ma dare priorità ai prodotti vegetali nella dieta quotidiana. Questi alimenti sono ricchi di antiossidanti, fitocomposti e fibra, sostanze che favoriscono il benessere del sistema immunitario e del microbiota intestinale. È inoltre fondamentale mantenersi fisicamente attivi ogni giorno.
Infine, occorre limitare il consumo di alimenti ultraprocessati, che contengono elevate quantità di grassi, zuccheri, amidi e sale. Questi prodotti favoriscono l’aumento di peso, uno dei principali fattori di rischio per molte patologie croniche, e possono contenere sostanze potenzialmente dannose, come nel caso delle carni rosse e trasformate o delle bevande zuccherate e alcoliche.
Ricordiamo che anche l’alcol è considerato un cancerogeno e deve essere consumato con estrema moderazione.
In conclusione, intervenire sullo stile di vita è il modo più efficace per prevenire le principali malattie croniche e migliorare la qualità della vita. Una dieta varia, equilibrata e basata su alimenti a basso indice glicemico, associata a una regolare attività fisica, è la chiave per garantirci un futuro in salute.
Intervento di Clelia Iacoviello
Farmacista e Consulente Nutrizionale Nutraceutico
La farina innovativa è un prodotto di cui mi sono letteralmente innamorata: è una farina bianca con un’elevata palatabilità e straordinarie proprietà nutraceutiche. Una vera novità.
Perché la definiamo innovativa? Perché, pur essendo bianca, contiene una quota di fibra solubile. Questo le consente di avere un impatto glicemico ridotto del 50% rispetto alla farina bianca raffinata. Gli studi condotti hanno infatti rilevato che un panino da 100 grammi ottenuto con questa farina presenta un indice glicemico di 41.8, quindi basso. Farina Intera nasce da una passione familiare del dottor Varvello: il desiderio di riportare sulla tavola pane e pasta come alimenti sani, com’erano un tempo. L’obiettivo è entrare nell’alimentazione quotidiana delle famiglie, dove ogni membro ha esigenze diverse, anche legate a patologie o trattamenti farmacologici. Farina Intera è una farina capace di riunire tutti a tavola, perché è digeribile, versatile e compatibile anche con regimi alimentari particolari. La sua fibra solubile, infatti, non interferisce con l’assorbimento di farmaci e nutrienti, un aspetto molto importante.
Ma come si ottiene Farina Intera? Tutto parte dal chicco di grano, che contiene tre componenti: germe, endosperma e crusca. Dalla parte esterna della crusca vengono estratti gli arabinoxilani, che rappresentano la nostra fibra solubile. Nella crusca, questa fibra è legata a lignina e cellulosa: grazie a una lavorazione brevettata, detta “lavorazione fedele”, si utilizzano speciali enzimi, vere e proprie “forbici molecolari”, per liberare l’arabinoxilano, che viene poi reintrodotto nella farina. In pratica, si elimina la parte insolubile e si conserva quella solubile, ricca di benefici.
I vantaggi di Farina Intera sono molteplici: altissima palatabilità, buon senso di sazietà e ottima digeribilità.
Durante le sperimentazioni, anche nelle scuole, abbiamo riscontrato risultati molto positivi, soprattutto tra i bambini, che l’hanno trovata gradevole e leggera.
Vorrei, infine, sottolineare alcune differenze tra Farina Intera e Farina Integrale. La palatabilità è nettamente superiore con Farina Intera; i prodotti integrali, come sappiamo, risultano spesso più ruvidi o amari. Il senso di sazietà è simile per entrambe, grazie alla fibra presente. Il carico glicemico è ottimo con Farina Intera, buono con quella integrale. Il potere irritante sulla mucosa intestinale è assente nella Farina Intera, mentre nella farina integrale può essere presente.
Questo perché l’arabinoxilano è una fibra solubile e prebiotica, con un’azione “gentile” sull’intestino e positiva sul microbiota. Inoltre, consente un corretto assorbimento dei nutrienti. Ecco perché credo che Farina Intera rappresenti davvero un nuovo modo di riportare il pane e la pasta sulla tavola di tutti, con gusto, salute e leggerezza.
In generale, abbiamo cercato di portare nelle scuole la sensibilità verso una sana alimentazione, come già accennato, mostrando ai bambini le piramidi alimentari e sottolineando l’importanza di partire dal movimento e dall’idratazione, come nell’ultima piramide che ci è stata illustrata, per stimolare consapevolezza nei più piccoli. I bambini si sono dimostrati molto attenti e, in certi casi, persino più consapevoli di noi adulti.
A me piace sempre mostrare una slide sul contenuto di zucchero delle bevande, una slide ormai molto conosciuta, in cui si evidenzia che una lattina di Coca-Cola o di succo contiene praticamente solo zucchero. Con alcune scuole abbiamo fatto una piccola prova dimostrativa: abbiamo chiesto ai bambini se riuscissero a mangiare un sacchetto di zucchero equivalente a quello presente in una lattina di Coca-Cola. La loro reazione è stata immediata: “Ma no!”. Questo semplice esperimento ha contribuito a sensibilizzarli e, in molti casi, il messaggio è stato riportato a casa: i genitori ci hanno raccontato che i bambini dicevano ai loro genitori di non mangiare certe cose perché fanno male, pur essendo abituati a farlo.
Abbiamo anche cercato di far riflettere sulle tradizioni familiari, che spesso influenzano lo stile di vita: ciò che è tradizione tende a essere percepito come buono e sano, ma non sempre è così. Per questo abbiamo mostrato come sia possibile reinterpretare ricette della tradizione usando farine integrali.
In alcuni laboratori “mani in pasta”, i bambini hanno preparato panini, focaccine, muffin natalizi e biscotti, sperimentando direttamente il processo di preparazione e assaggiando i risultati. L’obiettivo era far comprendere che il cibo richiede tempo e cura: oggi siamo abituati al “tutto e subito”, ma osservare la lievitazione e capire quanto tempo ci vuole per fare un pane aiuta a sviluppare consapevolezza.
Abbiamo anche utilizzato farine integrali per preparare piccoli panini, poi serviti come riferimento per l’indice glicemico, permettendo ai bambini di provare un panino sano durante la merenda. Il riscontro è stato molto positivo: i bambini hanno apprezzato la palatabilità e, sorprendentemente, a pranzo non avevano la stessa fame che avevano dopo aver consumato merendine o altri snack. Alcuni, addirittura, tornavano a casa quasi sazi, aprendo spunti di riflessione su come un cibo possa essere sano, gustoso e soddisfacente, dimostrando che un approccio consapevole al pasto è fondamentale.
Infine, abbiamo lavorato con vari chef della cucina italiana, rivisitando molte ricette tradizionali in chiave salutare.
Intervento di Filippo Varvello
Ceo di Farine Varvello
Quando parliamo di sogni e progetti imprenditoriali, spesso si sentono tante belle parole, ma il vero valore sta nel tradurre tutto questo in risultati concreti e tangibili. Il sogno dell’imprenditore è, in fin dei conti, legato al risultato finale. Tutto ciò che facciamo fa parte di un percorso che, in questo caso, ha un significato molto speciale: il mese della prevenzione.
In questo mese devolviamo una quota specifica, 5 centesimi per ogni kg di Farina Intera Varvello acquistata nei punti vendita aderenti, alla ricerca sul cancro, attraverso la Fondazione Umberto Veronesi, con cui collaboriamo dal 2016. Loro hanno riconosciuto nel nostro prodotto un valore concreto per una dieta preventiva, particolarmente utile nella prevenzione delle malattie oncologiche.
Questa è una delle tante iniziative che portiamo avanti. La sfida più grande, però, è trasformare le nostre idee e prodotti innovativi in risultati tangibili. Il consumatore, infatti, non si aspetta che un pane che appare identico agli altri sullo scaffale abbia caratteristiche uniche e salutari. Trasferire questa conoscenza è fondamentale.
Abbiamo fatto una scelta strategica: lavorare nel mondo artigiano, con fornai, pizzaioli e pasticceri. Questo comporta sfide importanti, dalla diffidenza iniziale degli artigiani allo scetticismo dei consumatori, che spesso si chiedono se ci sia qualcosa di “chimico”. La risposta è no: il nostro prodotto è ottenuto tramite un processo enzimatico naturale, con enzimi di origine vegetale. La comunicazione di questi aspetti è quindi essenziale.
Un’altra sfida è quella della cultura del consumatore. Il nostro prodotto ha un costo più alto rispetto a quello standard, dal 20% fino anche al 100% in più, e il venditore deve essere preparato per trasferire questo valore. Nel mondo della pizzeria e della pasticceria, spesso il venditore ha a che fare con migliaia di prodotti e non ha il tempo o la competenza per spiegare le caratteristiche di ogni singolo articolo. Per questo stiamo costruendo una rete di vendita diretta, con agenti formati e competenti, un investimento impegnativo ma necessario.
Il vantaggio competitivo del nostro prodotto è che è buono. Il pane è più leggero e digeribile, la pizza più gustosa e, nella pasticceria, la sfoglia è più soffice. Questo è un elemento fondamentale: coniugare bontà e benessere è ciò che permette di fare la differenza e conquistare il consumatore.
Inoltre, il prodotto è semplice da lavorare per chiunque, dal fornaio alla massaia: un altro importante plus. Tutto questo richiede un grande impegno in formazione e cultura, perché non esiste una soluzione “girovagante”: bisogna lavorare sul campo, passo dopo passo.
Il nostro percorso include anche iniziative di comunicazione, come la campagna su Radio Montecarlo, per far conoscere il prodotto e le sue caratteristiche. Il prodotto nasce nel 2015 e ha affrontato diverse difficoltà, tra cui la pandemia e l’inflazione, che hanno aumentato i costi della materia prima e reso più complessa l’adozione da parte dei pizzaioli.
Oggi, nonostante il contesto generale ancora complesso, siamo pronti a continuare il nostro percorso: formare, comunicare e portare avanti la cultura del prodotto, garantendo bontà e benessere. Questo mese della prevenzione rappresenta uno strumento in più per aiutare i nostri clienti a trasmettere questi valori e farli conoscere a tutti.