Report MED

“Il Mediterraneo, culla della Dieta più salutistica, è sempre più obeso”

Quello che qualche decennio fa sarebbe stato considerato un paradosso, oggi è diventato realtà. Le popolazioni del Mediterraneo, ovvero dell’area unanimemente considerata la culla del più sano regime dietetico possibile, la dieta conosciuta in tutto il mondo proprio come ‘Mediterranea’,  sono caratterizzate, purtroppo, dalla forte presenza di adulti sovrappeso e obesi. Fra il 20 e il 30 per cento dei cittadini dell’area, infatti, si trova in tale condizione (l’Italia è al quinto posto nel bacino con il 21%). 
Va sottolineato che tale condizione convive, nei paesi della costa sud ed est, con il 5% di sottonutriti, in linea con quella coesistenza di obesità e sottonutrizione sempre più spesso rilevabile nei Paesi meno sviluppati.

Lo evidenzia il Report MED 2017 sull’attuazione dell’Agenda 2030 nel Mediterraneo, predisposto da SDSN Med, think tank coordinato dal professore Angelo Riccaboni dell’Università di Siena, che riunisce oltre 50 tra centri di ricerca ed università. L’analisi è stata condotta declinando per l’area del Mediterraneo, per la prima volta, i risultati del SDG Index Report 2017 inerente all’attuazione dell’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile, approvata dai Paesi delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015. 

L'ex rettore e attuale docente dell'Università di Siena Angelo Riccaboni da pochi mesi è stato nominato presidente della Fondazione, con sede a Barcellona, incaricata di attuare PRIMA (Partnership on Research and Innovation in the Mediterranean Area). PRIMA è un programma euro-mediterraneo di ricerca e innovazione sui temi delle risorse idriche e dei sistemi agro-alimentari che nei prossimi dieci anni prevede l'investimento di 500 milioni di euro.
Tra le risorse messe a disposizione per l'attuazione del programma, 220 milioni arriveranno dalla Commissione europea nell'ambito del programma quadro per la ricerca Horizon 2020, 300 milioni dai 19 Paesi partecipanti, che attualmente sono 11 Paesi dell'Unione europea (Cipro, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia e Spagna) e 8 Paesi non Ue (Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Tunisia, Turchia).

Dallo studio emerge, innanzitutto, come, in generale, i Paesi dell’Europa mediterranea presentino una situazione sensibilmente peggiore in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale rispetto ai Paesi del Nord Europa, che peraltro riportano i migliori risultati a livello mondiale (con 8 Paesi ai primi 8 posti). 

“L’indagine – spiega il professor Riccaboni - pone particolare riguardo ai sistemi agro-alimentari, nella consapevolezza della loro centralità  ai fini della promozione di condizioni ambientali, sociali ed economiche migliori, in ragione delle loro conseguenze sull’ambiente e sulla salute dei singoli e delle comunità nonché dell’ampia occupazione che inducono”. 
Per quanto concerne tali sistemi nel Mediterraneo, i dati della ricerca SDSN evidenziano che i Paesi dell’area condividono situazioni assai simili in termini di carenza di acqua, aumento delle zone aride e desertiche, perdita di biodiversità, ricorso a pratiche agricole non sostenibili dal punto di vista ambientale, sfruttamento del suolo, diffusione dell’obesità e (con pochissime eccezioni) insufficienti investimenti in ricerca e sviluppo. 
I dati relativi all’inquinamento da pesticidi, allo spreco di cibo e alla diffusione dell’obesità, specialmente presso le fasce marginali della popolazione (per la prima volta il numero degli obesi nel mondo supera quello di chi soffre la fame), dimostrano, dunque, che occorre fare molto di più di quello che si sta facendo adesso. 

“Gli indicatori relativi ai Paesi del Mediterraneo – puntualizza Riccaboni - evidenziano che le nostre società hanno bisogno non tanto di maggiori produzioni, anche se il tema non va trascurato, quanto di sistemi alimentari in grado di produrre cibo di qualità, nutriente e sicuro, utilizzando meglio le scarse risorse naturali disponibili, suolo e acqua prima di tutto”.

 “A tal fine  - spiega sempre il professore - due fattori si rivelano indispensabili: la concreta applicazione di innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali in grado di indurre pratiche agricole e produttive più sostenibili, in termini di utilizzo delle risorse naturali e di efficiente uso dell’acqua, e l’adozione, da parte dei consumatori, di scelte dietetiche sostenibili, anche sulla base di idonee politiche educative. La ricerca scientifica dimostra con chiarezza, infatti, che un’agricoltura più sostenibile e scelte alimentari corrette portano impatti positivi sull’ambiente, la salute, la società e l’economia”. 
Piuttosto che produrre in maggior quantità, la risposta più efficace per molte delle questioni che assillano le nostre società è, dunque, quella di mangiare meglio, e in tal modo influenzare in senso sostenibile le scelte dei produttori.

“Nel corso del Festival – conclude Angelo Riccaboni - saranno presentate soluzioni concrete a tali questioni, nella consapevolezza che la ricerca e l’innovazione, sempre più globali, sono in grado di fornire risposte alle questioni delle nostre comunità e società. Su questi stessi temi verranno lanciati, a partire dalla primavera 2018, i bandi della Fondazione PRIMA”.

 

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